Tra ottobre e dicembre, i mesi in cui il deficit di produzione nucleare francese è stato finora più acuto, le centrali termoelettriche italiane hanno lavorato molto più che negli anni passati, grazie alle minori importazioni da compensare e alle maggiori esportazioni. E nei prossimi anni il parco nucleare della Francia non andrà certo ringiovanendo. Per questo molti si sono domandati se il caso francese non costringa a riconsiderare la condizione di sovraccapacità del sistema elettrico italiano e le misure approntate per fronteggiarla.
I dati sono chiari: a ottobre i consumi di gas termoelettrici sono aumentati di oltre il 33,1% sul 2015, in novembre del 30,4%, nei primi dodici giorni di dicembre di quasi il 20% nonostante la domenica in più. La quota di mercato degli impianti a gas sul totale delle vendite delle centrali italiane è nel frattempo risalita a oltre il 50% mentre lo scorso anno era a meno del 40%.
Rimesse in moto per fronteggiare il minor import nucleare e per approfittare dei picchi di prezzo oltre confine, le centrali a metano italiane stanno vivendo una fase di relativa effervescenza, dopo anni di sottoutilizzo causato dalla crisi dei consumi e dal boom delle rinnovabili. Fattori che hanno portato molte di esse alla fermata sine die (conservazione) e in certi casi al rischio di chiusura per impossibilità di ripagare i propri costi.
Nei giorni scorsi l’associazione dei produttori Assoelettrica ha evidenziato come, per rispondere alla situazione francese, il gestore di rete italiano abbia fatto ricorso a misure straordinarie come la richiesta di rinviare manutenzioni e il richiamo di gruppi in conservazione. Interventi che secondo l'associazione “ridimensionano la comune affermazione che vede il sistema italiano in overcapacity, testimoniando l'esigenza di dover ricorrere, in particolari scenari, ad azioni di massimizzazione dell'intera capacità esistente”.
Insomma, l’offerta italiana non è poi così sovrabbondante? Una prima cosa da domandarsi è quanto il segnale che viene dalla Francia sia da considerarsi strutturale.
Attualmente la forte flessione della produzione è l’effetto combinato di manutenzioni normali su un certo numero di reattori (attualmente tre) e test di sicurezza su altri dodici impianti. Il 12 dicembre Edf ha anticipato di dieci giorni il riavvio previsto di tre reattori e ha stimato per metà gennaio un sostanziale ritorno alla normalità. Resta il fatto però che il parco atomico transalpino è in progressivo invecchiamento e problemi di revisione, manutenzione, test e da ultimo chiusure diverranno un fatto progressivamente più frequente in un futuro non lontano.
Ref-e ha stimato che in caso di chiusura prolungata dei citati dodici impianti sotto osservazione dell’authority nucleare, pari a 12 GW di potenza fuori servizio, ciò si tradurrebbe in minori esportazioni dalla Francia per 50 TWh. Un volume tale da modificare in certa misura gli equilibri di domanda e offerta europei creando nel contempo uno spazio di mercato contendibile aggiuntivo per le centrali italiane pari a 15 TWh all'anno.
Un’opportunità importante per il parco termoelettrico (insieme ai possibili maggiori spazi di esportazione) ma che però, secondo gli stessi esperti, non sarebbe sufficiente a riequilibrare l'overcapacity italiana.
Quanto sta accadendo oltralpe ha intanto inevitabili ricadute anche per i meccanismi regolatori che il sistema italiano ha messo a punto in questi anni come risposta ai disequilibri che hanno colpito il mercato. Tra questi il mercato della capacità, schema competitivo per la remunerazione della capacità elaborato dall’Italia per garantire l’adeguatezza dell’offerta nel lungo periodo, integrando gli attuali mercati energy only laddove questi non riescano a fornire segnali di prezzo adeguati a mantenerla.
Negli ultimi anni il capacity market si era andato profilando come strumento per gestire in modo ordinato la situazione di overcapacity, dando indicazioni sulla capacità da chiudere e su quella invece necessaria almeno nel medio-lungo termine, anche se oggi sottoutilizzata. Ora il meccanismo dovrà tenere conto anche dei nuovi segnali di scarsità che vengono/verranno da oltreconfine e delle opportunità di mercato che ne derivano.