Come sarà il futuro energetico fra venti o trent’anni? In molti altri campi diversi dall’energia, una domanda simile sembrerebbe troppo pretenziosa e chi si azzardasse a rispondere una persona poco seria. Nel settore energetico invece gli scenari a venti, trenta o più anni sono la norma per una duplice ragione. Anzitutto il settore energetico presenta una forte inerzia e quindi occorrono decine di anni perché si registrino cambiamenti significativi nel peso delle diverse fonti. In secondo luogo, poiché gli investimenti energetici hanno di solito vita utile di molte decine di anni, gli investitori hanno bisogno di esplorare anche il futuro lontano per prendere le loro decisioni. Questo non vuol dire che nel campo dell’energia non vi siano cambiamenti e in qualche caso modifiche di paradigma anche rapidi e rilevanti. Chi guarda lontano deve quindi cercare di individuare i trend e i fattori che li sorreggono. Tra i drivers che spiegano l’evoluzione dell’impiego delle diverse fonti ve ne sono quattro fondamentali: l’abbondanza fisica e le dinamiche tecnologiche, infrastrutturali e politiche.
Quanto sopra vale ovviamente anche per il gas naturale di cui si continua a pronosticare un futuro piuttosto roseo, almeno per alcuni decenni, malgrado appartenga alla categoria dei “combustibili fossili”, quelli che la transizione energetica dovrebbe mettere fuori gioco. La prima a indicare solennemente le magnifiche sorti e progressive del gas è stata forse l’Agenzia Internazionale dell’Energia con la pubblicazione del 2011: “Are we entering the golden age of gas?”, ma praticamente tutti i rapporti periodici di previsione sul mercato energetico concordano quantomeno sul fatto che il gas, tra tutti i combustibili fossili, è quello con le migliori prospettive. Tuttavia l’entusiasmo di qualche anno fa sembra un po’ attenuato per diverse ragioni che è utile esaminare facendo riferimento ai quattro drivers sopra accennati.
Anzitutto la base di risorse naturali di gas è molto ampia e geograficamente diffusa. Il rapporto R/P (riserve su produzione attuale) è di almeno 60 anni, ma se consideriamo le risorse e non le riserve il rapporto è almeno doppio anche limitandosi alle risorse convenzionali. Geograficamente poi le riserve di gas sono ben distribuite e nuove aree produttive (ad esempio in Africa) dovrebbero presto essere sviluppate.
Anche le infrastrutture per il commercio di gas si stanno sviluppando, in particolare per quanto riguarda il GNL. Attualmente il commercio internazionale di gas è fatto per due terzi attraverso gasdotti e un terzo via metaniere, ma la capacità di liquefazione salirà del 30% in pochi anni e questo non mancherà di favorire la crescita del mercato del gas, anche se parallelamente dovranno essere fatti grandi investimenti per le infrastrutture interne di trasporto e distribuzione in paesi come la Cina e l’India che sono quelli più promettenti per lo sviluppo della domanda di gas.
Il fattore politico è spesso indicato come l’elemento più importante per lo sviluppo dell’uso del gas, ma in effetti la realtà è un po’ meno chiara. Da un lato è indubbio che la lotta ai cambiamenti climatici, che non può che essere decisa a livello politico, favorisce il combustibile fossile meno “carbon intensive”, cioè che emette meno CO2 per unità di energia sprigionata durante la combustione. Dall’altro però il gas, tra carbone e petrolio, dovrebbe guadagnare spazio soprattutto nei confronti del carbone nella produzione di elettricità e su questo punto la politica finora è stata di modesto aiuto e bisogna vedere se lo sarà di più in futuro. Uno dei rari paesi ad aver introdotto un prezzo fisso per l’emissione di CO2 (la cd “carbon tax”) è stata l’Australia, ma questa misura è entrata in vigore nel 2012 ed è stata abolita nel 2014. L’Unione Europea ha scelto la strada dell’ETS (Emission Trading System) che però finora ha espresso un prezzo dei permessi di emissione totalmente insufficiente per spingere a sostituire la produzione elettrica da carbone con quella da gas. Infatti, dato il differenziale di prezzo dei due combustibili in Europa, il prezzo dei permessi dovrebbe essere di 40-50 euro per tonnellata di CO2 mentre continua a rimanere largamente al di sotto di 10 euro. Negli Stati Uniti, il presidente Obama nell’agosto 2015 ha varato il Clean Power Plan che comporta una serie articolata di strumenti mirati a favorire la sostituzione del carbone con il gas e con le fonti rinnovabili. Bisognerà però vedere il supporto che il provvedimento, sottoposto anche all’esame della Corte suprema, riceverà dopo l’elezione del nuovo presidente Trump che in campagna elettorale ha fatto numerose affermazioni avverse. In sintesi, malgrado le numerose affermazioni pro-ambiente, la politica non ha finora realmente spalancato al gas in quello che rimane il suo maggiore spazio potenziale di crescita, cioè la sostituzione del carbone nella produzione elettrica. Senza contare che lo spazio del gas è insidiato, almeno in parte, dalla crescita delle fonti rinnovabili che invece sono state ampiamente sostenute dalle politiche pubbliche. Meno contrastato appare lo spazio del gas nel settore industriale nei paesi emergenti dove si prevede il grosso della crescita nei prossimi decenni.
Rimane il driver dell’innovazione tecnologica che sta certamente aiutando lo sviluppo del gas, soprattutto dal lato dell’offerta. Il perfezionamento delle tecniche della perforazione orizzontale e della fratturazione idraulica hanno permesso di rendere competitiva la produzione di shale gas negli Stati Uniti che stanno passando da importatori a esportatori netti di gas. Dato il notevole impatto ambientale di questa tecnica non è detto che essa possa essere applicata facilmente anche altrove, ma sicuramente in alcuni paesi ciò potrà accadere (si pensa che il prossimo paese potrebbe essere l’Argentina). Comunque lo shale gas ha contribuito a rendere più abbondanti le risorse mondiali di gas e, almeno negli USA, a mantenere il prezzo del gas a livelli decisamente bassi anche quando il prezzo del petrolio superava i 100 dollari al barile favorendo perciò la sua penetrazione.
Dove la tecnologia sembra che non abbia molto da contribuire è nel settore dell’uso del gas per trasporto. Questo non vuol dire che non ci siano stati importanti progressi nello sviluppo di mezzi di trasporto di tutti i tipi (bus, camion, auto, navi…) che possono utilizzare il gas. Tuttavia l’uso del gas nei mezzi di trasporto è già stato realizzato da almeno cinquant’anni senza che questo combustibile abbia saputo scalfire se non marginalmente il regno del petrolio. Una gamma piuttosto limitata, limiti di spazio, maggiore costo iniziale e la mancanza di infrastrutture di rifornimento pongono ostacoli a una massiccia diffusione dei veicoli a gas naturale. Pertanto tutti gli scenari sui consumi futuri di gas assegnano al settore trasporti un aumento rilevante in termini percentuali, ma sempre molto modesto in termini di valore assoluto.