Il 2 settembre, Gazprom ha annunciato la chiusura a tempo indeterminato del gasdotto Nord Stream. Già da qualche mese, i funzionari europei dell'energia si stanno preparando ad affrontare lo scenario peggiore, ovvero quello di un taglio totale del gas russo, e quel momento è quasi arrivato. La Germania ha commesso anni di errori politici che l'hanno resa eccessivamente dipendente dalla Russia e ora il governo si sta affrettando a gestire i consumi di gas e trovare forniture alternative. Ma non c'è modo per le imprese, i cittadini e l’economia tedesca di evitare un inverno difficile. Quali sono le misure messe in atto?
La ricostituzione delle scorte di gas. Al 1° settembre, i siti di stoccaggio erano pieni per l’85% della capacità, non molto al di sotto dell'obiettivo del 95% fissato per il 1° novembre (l'obiettivo a livello dell'Unione europea è dell'80%). In un anno normale, la situazione sarebbe sotto controllo ma con la chiusura di Nord Stream il paese è estremamente vulnerabile. Infatti, secondo la Federal Network Agency, un'agenzia di regolamentazione che si occupa di gas ed elettricità, stoccaggi completamente pieni (245 TWh) possono coprire solo tre mesi della normale domanda invernale. Troppo poco per affrontare l’emergenza.
Pertanto, diventa essenziale ridurre la domanda di gas e ci sono due modi per raggiungere questo obiettivo: attraverso le forze di mercato e gli interventi governativi. Sul primo fronte, le dinamiche sono già in atto: l'aumento dei prezzi del gas ha creato costi insopportabili per le industrie ad alta intensità energetica come quelle chimiche, dell'acciaio, del vetro e della carta. A luglio la domanda industriale di gas è diminuita del 21% rispetto alla media 2018-2021 e per i prossimi mesi non sono esclusi cali più marcati in ragione della riduzione della produzione delle fabbriche. Come il resto d'Europa, anche la Germania soffre degli elevati prezzi dell'elettricità poiché il gas naturale è la fonte di approvvigionamento marginale per il settore energetico. Nel corso di un anno, i prezzi dell'elettricità in Germania sono aumentati vertiginosamente fino a superare, alla fine di agosto, la soglia di oltre 1.000 €/MWh. Si tratta di un livello senza precedenti che ha rafforzato le richieste all'Europa di imporre un tetto massimo al prezzo del gas naturale o di disaccoppiare i prezzi di gas ed elettricità. Di per sé, prezzi così elevati potrebbero ridurre la domanda del 20% questo inverno. Naturalmente, un simile risultato non è certo motivo di festa.
Sul fronte politico, invece, la Germania ha stabilito delle linee guida per ridurre il consumo di gas. Diversi anni fa, Berlino, anche in ottemperanza alla normativa europea, aveva elaborato un piano di emergenza del gas che prevedeva 3 diversi livelli. A giugno ha attivato il secondo "livello di allerta" e ora sembra inevitabile un passaggio al terzo stadio denominato "livello di emergenza". Ciò avrebbe implicazioni significative: dichiarare lo stato di emergenza significa che la Federal Network Agency interverrà sul mercato per allocare gas ed elettricità; ciò potrebbe richiedere alle aziende di far ricorso alle scorte o sostituire il gas con altri combustibili, o ancora ridurre la produzione di energia elettrica a gas. L'agenzia potrebbe anche limitare il consumo di gas per i grandi consumatori industriali o interrompere il commercio transfrontaliero.
Sul fronte della riduzione della domanda, la Germania ha già adottato alcune misure minori. Il governo ha imposto restrizioni sulle insegne luminose e vietato l'illuminazione notturna per monumenti ed edifici pubblici. Ha, inoltre, limitato i livelli di riscaldamento degli edifici pubblici a 19 gradi (con eccezioni per ospedali e altre strutture). A partire da ottobre, poi, il governo richiederà misure di risparmio energetico più rigorose. Rispetto ad altri stati dell'UE, in vista del difficile inverno che verrà, la Germania ha probabilmente svolto un lavoro migliore e più precoce nell'adozione di misure proattive e nell’attività di informazione dell’opinione pubblica.
Tuttavia, non si può negare che gli errori del passato, che hanno portato la Germania a dipendere dalla Russia per oltre la metà della sua domanda di gas, peseranno come un macigno. A luglio, con un pacchetto di salvataggio da 15 miliardi di euro, il governo ha salvato Uniper – il gigante tedesco del gas – acquisendo il 30% del capitale societario. E non sono esclusi possibili ulteriori salvataggi di società statali in difficoltà. La Germania spenderà enormi somme per costruire nuove infrastrutture del gas, inclusi nuovi rigassificatori di GNL, con il primo terminale galleggiante che arriverà entro la fine dell'inverno. Dovrà, inoltre, bruciare più carbone: una misura che va completamente contro gli obiettivi climatici che il paese si è posto. E mentre il dibattito di lunga data sull'energia nucleare in Germania non è ancora risolto, i Verdi potrebbero finalmente piegarsi alle pressioni dell'opinione pubblica e votare per prolungare la vita di tre impianti che dovrebbero chiudere alla fine dell'anno.
Come il resto d'Europa, la Germania sta sperimentando la terapia d'urto, mentre il continente interrompe le sue relazioni energetiche con la Russia. Tuttavia, da questa crisi, è scaturito un elemento positivo: i responsabili politici non hanno altra scelta che ridisegnare le loro strategie energetiche e rafforzare la resilienza. La gestione della crisi da parte della Germania può essere giudicata positiva; tuttavia, le prospettive per questo inverno, e forse per diversi inverni a venire, rimangono comunque cupe.
Ben Cahill è senior fellow all’interno dell’ Energy Security and Climate Change Program al Center for Strategic and International Studies (CSIS) di Washington, D.C.