Nella percezione comune, il Covid-19 ha scavato un abisso tra il 2020 e il 2019, come se i mesi precedenti alla pandemia appartenessero ad un’epoca diversa. Il 2021 dei mercati energetici è figlio delle necessarie decisioni prese nel 2020, nonostante appaia così difforme. PUN ai massimi storici (oggi, baseload a 237,31 €/MWh) a causa dell’impennata nei prezzi del gas; una spesa annuale in crescita del 30% per l’elettricità e del 15% per il gas rispetto al 2020 per la famiglia tipo (stime ARERA); un incremento di 1 milione di tonnellate nell’estrazione di carbone in Cina tra settembre e ottobre 2021, con l’aggravio di ulteriori scoperte di petrolio da scisti; costi crescenti per materie prime essenziali nella filiera delle rinnovabili. Un quadro di squilibri, comprensibile strascico dell’emergenza sanitaria; una dinamica che rende ancora più urgente la transizione sostenibile, ma allo stesso tempo la minaccia, esibendone la fragilità ed esponendola a dirottamenti di risorse pubbliche per l’immediato sostegno dei consumi colpiti dal caro-bollette.

Nel maggio 2021, quando il prezzo internazionale del gas era in un regime stazionario, l’AIE ha pubblicato un Net Zero Emissions by 2050 Scenario (NZE), per definire un sentiero in grado di stabilizzare le temperature globali intorno al target di 1,5 °C di incremento rispetto ai livelli pre-industriali, e di realizzare altri obiettivi di sviluppo sostenibile di rilievo per il settore energetico. In attesa di verificare la durata della crisi energetica in corso e gli sviluppi della quarta ondata di Covid, è più che mai importante capire quanto il mondo sia lontano dalla neutralità climatica delineata in quello scenario.

Qualche risposta è fornita dal World Energy Outolook 2021 (WEO 2021) preparato dall’IEA in vista della COP26 di Glasgow. Il rapporto confronta lo scenario NZE con altri due scenari. Lo Stated Policies Scenario (STEPS) è fondato su una dettagliata ricognizione, settore per settore, di tutte le politiche messe in atto dai governi o in fase di implementazione. Lo Announced Pledges Scenario (APS) invece incorpora gli impegni assunti dai diversi Paesi in preparazione della riunione COP26, per es. il target di zero emissioni fissato da più di 50 Paesi, compresa l’Unione Europea con la sua 2050 long-term strategy. Gli scenari sono simulati sugli orizzonti temporali 2030 e 2050. Si assume una crescita economica globale del 3% medio annuo fino al 2050, e una popolazione in crescita fino a 9,7 miliardi nello stesso periodo (+25% in 30 anni). Il confronto tra le proiezioni degli scenari APS e STEPS fornisce informazioni sui miglioramenti in corso nelle prestazioni climatiche, ma per capire la reale efficacia degli impegni assunti occorre il confronto APS-NZE. Ed è qui, nel tentativo di misurare quanto siamo distanti dalla stabilizzazione delle emissioni, che troviamo le dolenti note del rapporto. 

Nel dettaglio, lo scenario NZE indica la necessità di comprimere la domanda di petrolio da 100 mb/d a 24 mb/d (-76%) e la domanda di gas naturale da 5.100 bcm a 1.750 bcm (-66%) entro il 2050. La domanda di carbone dovrà invece diminuire del 90%. Le proiezioni sulla domanda di combustibili fossili al 2050 nello scenario APS sono: 77 mb/d (petrolio, -23%), 3.850 bcm (gas naturale, -24%), mentre la domanda di carbone sarà metà del livello raggiunto nel 2020. Ne consegue che gli impegni assunti sono fuori bersaglio: sono necessari ulteriori sforzi per abbattere la domanda di carbone, petrolio e gas rispettivamente del 40%, 53% e 42% rispetto ai livelli iniziali considerati. Similmente, la diffusione di nuovi vettori energetici come l’idrogeno, per quanto apprezzabile nelle proiezioni APS (+100 miliardi di dollari USA di scambi entro il 2050, maggiore dell’attuale commercio di carbone) è solo un terzo di quanto mostrato nello scenario NZE (300 miliardi di dollari USA). L’insufficiente rapidità della transizione comporterà una crescita delle temperature medie globali nel 2050 di 2,1°C nello scenario APS, contro un incremento di 1,5°C nello scenario NZE. Per contenere le temperature entro questo limite, secondo il WEO 2021, servono 4 trilioni di dollari USA su scala globale entro il 2030, da investire nell’elettrificazione pulita, nell’efficienza energetica, nel taglio delle emissioni di metano, nell’innovazione verde.

Cosa impedisce di accelerare e di raggiungere la neutralità climatica? Tra le spiegazioni avanzate dal WEO 2021, rivestono particolare importanza la concorrenza tra impieghi della spesa pubblica (sanità contro sostegno alla transizione), aggravata dall’emergenza Covid-19 soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, e la divergenza tra Paesi nei sentieri di transizione intrapresi. Entrambi gli aspetti sono in ultima analisi riconducibili alle difficoltà nel trasferimento delle tecnologie, insite nella natura tacita e idiosincratica delle conoscenze tecnologiche. Da un lato, mancano nei Paesi in via di sviluppo le tecnologie necessarie ad una produzione autonoma dei vaccini e dei dispositivi che consentirebbero di uscire dall’emergenza sanitaria e di liberare risorse pubbliche per gli obiettivi climatici. Il 70% del fabbisogno di investimenti segnalato nel WEO 2021 per realizzare lo scenario NZE occorre specificamente nelle economie in via di sviluppo ed emergenti.

D’altro canto, l’adozione di diverse strategie e di diversi ritmi nella transizione sostenibile è connessa ai diversi ruoli che le economie assumeranno nelle catene globali del valore post-decarbonizzazione. La centralità della Cina nelle catene globali delle batterie elettriche, dei pannelli fotovoltaici e delle turbine eoliche, specialmente nelle fasi di processing dei minerali (rame, nickel, litio, cobalto, terre rare) è ben evidenziata nel rapporto The Role of Critical Minerals in Clean Energy Transitions dell’IEA (maggio 2021). Si comprende per quale motivo la Cina, mentre accelera lo sfruttamento del carbone nel brevissimo termine, annuncia di non voler più finanziare centrali a carbone all’estero (con conseguente riduzione dell’uso del carbone nella produzione di elettricità per 190 GW nello scenario APS).

L’incipiente trasformazione degli equilibri nelle catene globali del valore è utile ad interpretare le dinamiche di distruzione dei posti di lavoro connesse alla transizione, su cui il WEO 2021 esprime preoccupazioni. In un Paese come l’Italia, occorrono politiche industriali che accompagnino in maniera morbida il passaggio da una dipendenza da importazioni (combustibili fossili) all’altra (tecnologie per l’energia rinnovabile). Le resistenze al cambiamento sono comprensibili soltanto ignorando le gravi conseguenze di un intensificarsi dei danni economici connessi al riscaldamento globale.

Come tutte le proiezioni, anche quelle del WEO 2021 potrebbero rivelarsi, come speriamo, troppo pessimistiche. Sicuramente rappresentano un importante stimolo per la cooperazione climatica internazionale, ma rischiano di riporre troppa fiducia sia nelle tecnologie cruciali per lo scenario NZE (come carbon capture & storage), sia nell’efficacia degli impegni climatici su cui si fonda lo scenario APS, recentemente criticati da Net Zero Tracker.