Il consueto appuntamento con il World Energy Outlook (WEO) dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE) quest’anno ha coinciso con la seconda ondata del Covid-19. Come è evidente a tutti, questa pandemia ha avuto e sta avendo un impatto enorme sulle condizioni di vita di miliardi di persone e su tantissime variabili a cominciare dal Pil che, secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, dovrebbe calare quest’anno del 4,4%. Il settore energetico non fa eccezione. In base alle valutazioni dell’AIE, nel 2020 la domanda energetica mondiale diminuirà del 5%, le emissioni di CO2 del 7% e gli investimenti energetici del 18%.

Per dare un’idea dell’eccezionalità della situazione attuale basti pensare che, negli ultimi trent’anni, solo nel 2009, un anno di grave crisi economica mondiale, la domanda energetica mondiale è diminuita, ma la riduzione era stata dell’1,5% e le emissioni di CO2 erano scese dell’1,7%. Non solo, mentre durante la crisi finanziaria del 2008-2009 non vi erano dubbi che, una volta passata la tempesta, il modello di sviluppo avrebbe ripreso la strada di prima, nella situazione attuale non è chiaro né quanto potranno durare le conseguenze della pandemia né se la ripresa avverrà ricalcando le modalità produttive e gli stili di vita precedenti o se invece vi saranno significativi cambiamenti.

Oltre che dal Covid-19, il periodo più recente è stato segnato da un forte incremento della sensibilità ai temi ambientali e in particolare al problema dei cambiamenti climatici da molti definito un rischio ben maggiore di quello della stessa pandemia. L’Unione Europea, ad esempio, con l’insediamento della nuova Commissione, ha rafforzato i suoi piani di riduzione delle emissioni facendo diventare il raggiungimento della “neutralità carbonica” nel 2050 il faro-guida anche dei piani di recupero dalla pandemia. Ha addirittura alzato l’asticella del target di contenimento delle emissioni, che secondo i nuovi obiettivi dovranno ridursi di almeno il 55% al 2030 rispetto al 40% come promesso nel 2015 alla firma dell’Accordo di Parigi. Nello scorso mese di settembre poi, anche la Cina ha dichiarato di voler diventare “carbon neutral” per il 2060.

Il compito dell’AIE nell’esplorare l’evoluzione del settore energetico quest’anno era dunque più difficile del solito. La scelta è stata quella di abbandonare la pubblicazione del tradizionale scenario inerziale denominato Current Policies e di affiancarne altri due rispetto a quelli dell’ultima edizione - Stated Policy Scenario (STEPS) e Sustainable Development Scenario (SDS). Si tratta del Delayed Recovery Scenario (DRS) e il Net Zero Emissions al 2050 (NZE2050).

- Lo scenario STEPS può essere considerato quello di riferimento e corrisponde all’ipotesi che il Covid-19 sia messo sotto controllo grazie al vaccino entro il 2021 e che da lì in poi si attuino le politiche clima-energia promesse dai Governi.

- Lo scenario di recupero ritardato (DRS) si basa sull’ipotesi che l’impatto del coronavirus duri più a lungo e solo alla fine del 2023 si ritorni alle condizioni del 2019 per seguire poi un percorso simile a quello STEPS.

- Lo scenario SDS è costruito, come lo scorso anno, in modo che venga raggiunto l’obiettivo dell’Accordo di Parigi (riduzione delle emissioni in modo che l’incremento della temperatura non superi i due gradi), ma allo stesso tempo si tenga conto anche degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU e in particolare quello della lotta alla povertà garantendo a tutti l’accesso all’energia.

- Lo scenario di zero emissioni nette al 2050 è costruito in modo tale da indicare che cosa sarebbe necessario fare già in questo decennio, specie nello sviluppo di nuove tecnologie, per mettere il sistema energetico-climatico nelle condizioni di raggiungere emissioni nette pari a zero nel 2050 come indicato in alcuni piani nazionali.

Va anche segnalato che il WEO di quest’anno si concentra in modo particolare su quanto potrebbe o dovrebbe accadere fino al 2030. Pertanto, anche qui, nel commentare le indicazioni dell’Outlook per quanto riguarda l’impatto della pandemia e le sfide poste dagli scenari dominati dalle preoccupazioni ambientali, ci si limiterà ad esaminare quanto previsto per il decennio in corso.

L’impatto del Covid-19 su consumi energetici ed emissioni nel 2020, come abbiamo già detto, non ha precedenti nelle ultime tre decadi, ma non è affatto destinato ad esaurirsi in un anno. Le conseguenze della pandemia, nell’ipotesi di un rapido recupero si possono ricavare confrontando le previsioni degli scenari STEPS del 2019 e del 2020 per i prossimi anni. Come si vede dai dati della tabella seguente, il crollo della domanda di circa 750 Mtep nel 2020 impiega un paio di anni ad essere recuperato e alla fine del decennio la domanda energetica risulta essere inferiore di circa 550 Mtep rispetto a quanto previsto nello scenario STEPS ante-Covid-19. Il rallentamento della domanda, associato alla modifica del mix di fonti utilizzate, farebbe sì che le emissioni di CO2 da combustibili fossili si mantenessero pressappoco costanti in tutto il decennio.

Se invece il recupero dell’attività economica dovesse essere più lento, come ipotizzato nello scenario DRS, i consumi energetici mondiali tornerebbero allo stesso livello del 2019 solo alla fine del 2025 e nel 2030 sarebbero superiori solo del 4% rispetto al 2019 (vedi tab). In pratica, si assisterebbe a un decennio con una crescita della domanda trascurabile. Se il rallentamento della domanda di per sé non può essere visto come un fatto positivo, il rovescio della medaglia è la forte diminuzione delle emissioni di CO2, stimato in circa 2,2 Gt CO2 nel 2020, che prolungherà i suoi effetti mantenendo le emissioni costanti durante tutto il decennio. Il 2019 diventerebbe perciò l’anno di picco di emissioni di CO2 del settore energetico. Ovviamente però la “perdita” di quattro anni (2020-2023 nello scenario DRS) nella crescita economica mondiale anziché di due (2020-2021 nello scenario STEPS) per recuperare il livello del PIL mondiale del 2019 ha sì un significativo impatto positivo dal punto di vista climatico, ma sembra poco desiderabile dal punto di vista sociale.

Andamento della domanda di energia e delle emissioni di CO2

Fonte: Elaborazioni autore su dati AIE, WEO 2020

La lotta ai cambiamenti climatici rimane comunque l’obiettivo dominante delle politiche energetiche in molti paesi e a livello internazionale. Da questo punto di vista è bene analizzare il gap di emissioni tra lo scenario STEPS (basato sulle intenzioni politiche odierne) e gli scenari SDS, costruito per raggiungere l’obiettivo dell’Accordo di Parigi, e NZE2050 che è ancora più ambizioso (aumento della temperatura solo di 1,5 °C?). Dal punto di vista della domanda, non sorprende affatto che, per conseguire il risultato di ridurre notevolmente le emissioni, i due scenari SDS e Net-Zero-2050 prevedano notevoli contrazioni dei consumi energetici rispetto allo scenario STEPS già al 2025 (-7,5% per SDS e – 17% per NZE2050), ma ancora di più nel 2030 (-15% per SDS, - 24% per NZE2050) (vedi tab. 1). È ben noto, infatti, che l’efficienza energetica è uno dei pilastri su cui si basano le politiche energetiche rivolte a combattere i cambiamenti climatici. Ma l’efficienza energetica non basta.

Può essere interessante quindi esaminare le tre principali cause di riduzione delle emissioni degli scenari SDS e NZE2050 rispetto allo scenario STEPS indicate dall’IEA. I tre contributi provengono da: la produzione di energia elettrica, gli usi finali e i comportamenti dei consumatori.

Come emerge dai dati della prossima tabella, per ridurre le emissioni di 9,3 Gt CO2 nel 2030 nello scenario SDS rispetto allo STEPS, l’efficienza energetica nei consumi finali contribuisce per un po’ più di un terzo. La voce più importante è invece la modifica delle fonti usate per la produzione di energia elettrica che contribuisce per più del 50%. Anche questo dato non sorprende: il ruolo delle rinnovabili (e in particolare del solare) associato alla penetrazione del vettore elettrico nei consumi è il pilastro più importante delle politiche energetiche attuali. Ciò che è meno di dominio pubblico è l’importanza del cambio dei comportamenti individuali soprattutto negli scenari più ambiziosi come il NZE2050 (idealmente quello più caro all’UE). In questo scenario, la modifica degli stili di vita potrebbe far diminuire le emissioni di CO2 di quasi 3 Gt nel 2030.  Come? Andando a piedi o in bicicletta, riducendo la velocità quando si guida, rinunciando all’aereo per viaggi brevi, riducendo la temperatura di riscaldamento o raffrescamento, aumentando il lavoro a distanza… Non si può non osservare che, nella costruzione dei modelli, l’introduzione di queste misure è semplice. Anche da un punto di vista astratto esse possono apparire ragionevoli e condivisibili. Non è detto però che vengano facilmente accettate e seguite da un grande numero di persone.

Previsione delle emissioni di CO2 e fattori che spiegano le differenze tra gli scenari

N.B. Questi dati includono le emissioni di CO2 da processi industriali che sono invece esclusi nella prima tabella

Fonte: Elaborazioni autore su dati AIE, WEO 2020

L’importanza e allo stesso tempo l’incertezza circa i comportamenti individuali e collettivi non è certo l’unico elemento che incide sugli scenari disegnati dal WEO. Molti altri fattori decisivi per l’evoluzione del settore energetico sono accennati o approfonditi qua e là nel Rapporto: dai progressi attesi di molte tecnologie al ruolo degli investimenti, dall’andamento dei prezzi al rischio di scarsità di offerta di fonti come il petrolio che rimarranno comunque fondamentali per un periodo ancora non breve. Insomma, per chi vuol farsi un’idea sulle possibili dinamiche del settore energetico e sulle sue interazioni con il clima e dei fattori che le condizionano, partire dal World Energy Outlook dell’IEA rimane un esercizio indispensabile.