In occasione della recente “Giornata mondiale dell'acqua” e alla luce dell’emergenza-coronavirus, Azione contro la Fame, organizzazione umanitaria internazionale leader nella lotta alla fame e alla malnutrizione, ha ribadito la centralità dell’utilizzo di acqua pulita e potabile da parte di tutti. Senza accesso a risorse idriche adeguate, non è possibile garantire l’igiene. E laddove non c’è igiene, si registra inevitabilmente un tasso più elevato di malattie. Basti pensare che la malnutrizione, per 1 bambino su 2, è ancora collegata alle cosiddette “malattie dell’acqua”.

Secondo alcuni dati forniti dall’Organizazione Mondiale della Sanità, nel 2019, oltre 1,8 miliardi di persone nel mondo bevono acqua da fonti contaminate e sono, dunque, esposte al rischio di contrarre il colera. Sono 3 miliardi, inoltre, le persone che non dispongono a casa di servizi per il lavaggio delle mani con acqua e sapone. Tali dati rappresentano un vero e proprio campanello d’allarme e oggi più che mai diventa cruciale promuovere, con più decisione, l’accesso all’acqua insieme alla condivisione delle regole basiliari in tema di igiene e lavaggio delle mani. Una indagine condotta dall’organizzazione in Pakistan ha dimostrato che nei bambini con meno di 5 anni di età educati al corretto lavaggio delle mani, l’incidenza della polmonite sia inferiore del 50%.

Eppure, in numerosi scenari critici, l’emergenza-acqua continua a mettere in ginocchio le popolazioni più vulnerabili.

In Siria, a causa dell’escalation del conflitto, i bisogni umanitari legati all’acqua colpiscono 15,5 milioni di persone. La distruzione delle infrastrutture nelle aree in cui si registrano le ostilità ha causato una riduzione delle riserve di acqua. L’aumento degli spostamenti interni ha aumentato la pressione sulle fonti d’acqua esistenti. L'inflazione, oltre che i tassi di cambio, ha inoltre causato un evidente rincaro sul prezzo dell’acqua così che, per ottenere acqua sicura dalle autocisterne, alcune comunità spendono in media fino al 25% circa del reddito familiare.

Anche in Yemen la guerra ha causato la distruzione delle infrastrutture idriche e interrotto l’approvvigionamento destinato a milioni di persone. Le popolazioni, pertanto, vivono un rischio concreto legato alla diffusione di malattie determinate dall’utilizzo di acqua non sicura: 19,7 milioni di persone non hanno accesso ad un’adeguata assistenza sanitaria e 4 milioni dipendono dall'approvvigionamento idrico fornito dalle autocisterne. In questa situazione, non sorprende che il Paese abbia dovuto fronteggiare, dal 2016, la peggiore epidemia di colera che il mondo abbia conosciuto, con 1,7 milioni di persone colpite e quasi 3.500 morti.

Qui, ma anche negli oltre 50 Paesi in cui opera, Azione contro la Fame ha promosso (e continuerà a farlo con più forza!) le attività in tema “WASH”con quasi la metà di tutti i progetti (43,6%) destinati a iniziative di questo tipo. Lo scorso anno, ha supportato quasi 9 milioni di persone con programmi di acqua e igiene, il 42% in più rispetto all'anno precedente. Questa crescita è stata trainata principalmente dalle attività promosse in paesi come il Pakistan (+ 97,6%), il Kenya (+ 97,5%), i Territori Palestinesi (+ 80,8%) e l’Indonesia (+ 73,4%).

L’organizzazione ritiene che sia necessario promuovere interventi idrici e igienico-sanitari soprattutto laddove si verificano catastrofi naturali o sono in corso conflitti. In questi paesi, infatti, a causa delle alte concentrazioni di popolazione, una pandemia come quella del Covid-19 rischia di avere effetti ancora più devastanti. In tal senso, l’installazione di punti di accesso all’acqua, la realizzione di servizi igienici e la distribuzione di kit igienici devono rappresentare, in queste aree, i primi interventi umanitari di emergenza.

Per rispondere alla crisi legata al covid-19, per esempio, recentemente è stato chiesto ad Azione contro la Fame di fornire kit per la pulizia dei servizi igienici nel campo di Azraq, in Giordania, che ospita 35.000 rifugiati, e in quello di Cox’s Bazar, in Bangladesh, dove sono presenti quasi un milione di persone appartenenti alla comunità Rohingya. I gruppi di coordinamento impegnati nei settori dell’acqua e dell’igiene hanno invitato tutte le altre ONG a intraprendere azioni preventive, in sinergia con le autorità giordane, per affrontare i rischi della trasmissione del virus nelle comunità più vulnerabili e nei campi profughi, spesso sopraffollati.

A livello generale, occorre salvaguardare ben 821 milioni di persone nel mondo e 200 milioni di bambini che presentano scarse difese immunitarie. Essi, a causa di un sistema immunitario fortemente indebolito dallo scarso accesso a fonti adeguate, rischiano di non sostenere gli effetti di un eventuale contagio da coronavirus.

Azione contro la Fame è un’organizzazione umanitaria internazionale leader nella lotta contro le cause e le conseguenze della fame. Da 40 anni, in circa 50 Paesi, salva la vita di bambini malnutriti, assicura alle famiglie acqua potabile, cibo, cure mediche e formazione, consentendo a intere comunità di vivere libere dalla fame.