Vivo da anni il mondo dell’energia e sono sempre stato estremamente curioso ed attento per ciò che accade in questo ecosistema. Tuttavia questo mese di novembre mi ha stupito per la particolare intensità di notizie ed avvenimenti che sottolineano ancora una volta quanto importante e delicato sia il nesso tra Energia e Clima.
Da una parte, i propositi sfidanti della nuova Strategia Energetica Nazionale o quelli delineati a margine della COP23 da parte della Global Alliance per un phase-out del carbone al 2025; dall’altra i numeri del World Energy Outlook (WEO 2017) dell’AIE su quanto impegnativo ed urgente sia il percorso verso la decarbonizzazione stimato dal Sustainable Development Scenario e i valori tendenziali del Global Carbon Project che evidenziano come, nonostante gli sforzi sinora profusi, nel 2017 le emissioni di CO2 in atmosfera cresceranno. Allo stesso tempo le rinnovabili fanno registrare nuovi prezzi al ribasso, con le ultime aste internazionali che si sono chiuse su valori di 20-30 doll./MWh per fotovoltaico ed eolico, aprendo un orizzonte futuribile in cui bolletta energetica ed ambientale non saranno in contrasto.
Questa nuova transizione energetica si basa su tre ingredienti fondamentali: il primo è il gas naturale considerato ponte verso un futuro low carbon e il cui utilizzo avverrebbe tramite tecnologie sempre più efficienti e a minore impatto sull’ambiente sia per la generazione elettrica con le nuove turbine a gas ad alta efficienza, sia nei trasporti sotto forma compressa (CNG) e liquefatta (GNL); il secondo è rendere moderni ed efficienti gli attuali impianti visto che ogni punto percentuale di efficienza ha un impatto immediato di riduzione del consumo di energia primaria e di conseguenza di emissioni; terzo è accompagnare la crescita delle rinnovabili tenendo conto delle caratteristiche di aleatorietà di produzione che spesso queste presentano e dell’effettivo impatto sul territorio, spesso non trascurabile.
Tra le rinnovabili, la sorgente geotermica ha degli indubbi vantaggi: permette sviluppi di impianti di media taglia minimizzando la superficie occupata e quindi non necessita delle grandi estensioni che sono invece tipiche, ad esempio, di impianti fotovoltaici della medesima potenzialità; fornisce energia elettrica in modo programmabile non essendo dipendente da variabili atmosferiche molto volatili (a differenza di fonti primarie come il solare e l’eolico).
Guardando in particolare all’Italia, la geotermia si conferma sicuramente un settore strategico per i nostri territori: importante sia per i risultati raggiunti finora, sia per le prospettive future affrontando la sfida tecnologica dello sviluppo di impianti geotermoelettrici sempre più sostenibili e compatibili con l’ambiente.
Un classico impianto geotermico è in sostanza un sistema che raccoglie, attraverso pozzi produttivi, vapor d’acqua o acqua pressurizzata generati utilizzando il calore della terra, e quindi trasforma l’energia di tale vapore in elettricità. Il calore residuo, ove possibile, può poi essere utilizzato in cascata per teleriscaldamento, serricoltura o nella trasformazione degli alimenti. A fianco delle tecnologie tradizionali che prevedono l’impiego diretto del vapore geotermico in turbine a vapore, negli ultimi anni sta prendendo piede una nuova concezione che prevede l’utilizzo di sistemi binari dove il fluido geotermico non viene mai in contatto con l’ambiente esterno ma ne viene estratto il calore che va ad alimentare un sistema secondario basato su il Ciclo Rankine Organico. È questo un particolare ciclo termodinamico chiuso che si avvale di un fluido di lavoro basso-bollente che evapora in pressione anche con sorgenti calde inferiori a 200°C. Questo tipo di impianto permette di superare al contempo le suddette limitazioni, con benefici particolarmente evidenti da un punto di vista di impatto ambientale che paesaggistico. Infatti è un ciclo “chiuso”, che non genera emissioni gassose nell’atmosfera, in cui il fluido geotermico è completamente re-iniettato nel giacimento. Garantisce, infine, un minimale impatto visivo e acustico.
Baker Hughes, a GE company (BHGE), nata dalla recente fusione tra Baker Hughes e il business Oil & Gas di General Electric e che in Italia opera principalmente attraverso Nuovo Pignone, ha sviluppato nel tempo una primaria esperienza e tecnologie all’avanguardia ed è da sempre orientata a favorire lo sviluppo di soluzioni tecnologiche innovative che possano aiutare l’industria energetica, dalla fase di esplorazione fino alla produzione di energia elettrica, mutuando le innovazioni derivate dalle esperienza in oil & gas e adattandole alle specificità anche dell’ambito geotermico.
Si parte dallo studio del sottosuolo per andare a progettare ed ottimizzare perforazioni altamente produttive avendo sviluppato serie di scalpelli come le serie KymeraTM o VangardTM adatti alle alte temperature tipiche dei giacimenti geotermici, oppure l’impiego di motori di fondo pozzo e sistemi di perforazione direzionale come Auto-TrackTM Xtreme. Di particolare importanza sono poi i sistemi di monitoraggio della perforazione (LWD e MWD) dove l’elettronica è stata progettata per resistere ad ambienti particolarmente sfidanti o le pompe sommerse ESP della serie CENetic che garantiscono alta affidabilità ed efficienza.
Per quanto riguarda l’impianto di produzione elettrica, BHGE può mettere a disposizione turbine a vapore efficienti e affidabili e compatibili con i fluidi più aggressivi, nonché macchine ad espansione per cicli Rankine Organici. Altra componente critica sono i compressori per l’estrazione dei gas incondensabili o per la loro reimmissione nel giacimento. BHGE è infatti leader mondiale per macchine per la compressione e reiniezione adatte ad alte pressioni, alte temperature e fluidi corrosivi.
Ad oggi, la geotermia copre poco più dell’1% della produzione di fonti rinnovabili a livello mondiale ma ha un enorme potenziale ed è un tassello fondamentale in un equilibrato sviluppo del mix energetico nel nostro Paese. È questa una eccellente opportunità per sviluppare un modello di compatibilità ambientale e, al contempo, per creare redditività e ricadute economiche sul territorio, valorizzando anche la filiera della tecnologia italiana.
La nuova Strategia Energetica Nazionale riconosce questo ruolo ed in prospettiva pone la sfida di una «geotermia ad emissioni zero» che oltre ad essere rinnovabile sia anche a zero impronta carbonica. Proprio in questa direzione BHGE sta collaborando attivamente per la progettazione e la realizzazione di un impianto attraverso soluzioni tecnologiche che permetterà di generare energia elettrica utilizzando i vapori provenienti dal sottosuolo senza alcuna dispersione o fuoriuscita nell’ambiente, parte di uno dei progetti sperimentali del Ministero dello Sviluppo Economico.
L’impianto consiste in un sistema binario ORC dove è unito ad un compressore alternativo per la reiniezione dei gas, un’applicazione del tutto innovativa di una delle tecnologie di BHGE, solitamente utilizzata per il recupero della dispersione del calore generato dagli impianti ad idrocarburi e che per la prima volta viene applicata nel settore della geotermia e che include anche le soluzioni Digital di BHGE, costruite sulla tecnologia Predix.
Guardando al caso del territorio toscano, sulla base delle tecnologie sopra descritte e delle (parziali) informazioni circa le risorse del territorio, è possibile stimare ulteriori 100 MW di potenza installata rispetto all’esistente, in funzione del risultato positivo delle ricerche in atto sul territorio.
Oltre al risparmio sulla bolletta energetica rispetto ai combustibili fossili, si tratta di una generazione elettrica operativamente a “zero emissioni” anche di anidride carbonica: permette quindi minori emissioni (-400.000 tonnellate ogni anno), ovvero un ulteriore 5% rispetto alle attuali emissioni.
I presupposti ci sono tutti. Rimane solo da auspicare, con particolare riferimento al quadro nazionale, che gli intenti espressi e gli strumenti già predisposti a livello normativo permettano lo sviluppo delle potenzialità esistenti.
Nota: Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non vanno ascritte all’azienda nella quale egli lavora.