Da tempo il Nord Africa si è guadagnato un ruolo focale all’interno delle dinamiche relative alla sicurezza energetica globale e alle sue complesse interconnessioni con la transizione energetica. Una centralità favorita dalla ricchezza di idrocarburi di quei territori, dalla posizione geografico-strategica unica a supporto dell’Europa e dall’alto potenziale nello sviluppo di tecnologie rinnovabili alternative all’eolico e/o al solare – come ad esempio i processi legati al cosiddetto idrogeno verde. L’area nordafricana, quindi, rappresenta un contesto chiave non solo per i Paesi stessi dell’area, ma anche per la sponda europea che ha intensificato la ricerca di forniture in risposta alle crisi geopolitiche globali emerse dopo il Covid-19 e la guerra russo-ucraina.

Al netto dei suoi punti di forza, il Nord Africa, però, presenta complessità notevoli legate all’instabilità politica e alle governance deboli, alle infrastrutture insicure, alla burocrazia elefantiaca nella pianificazione di politiche energetiche e alla necessità di diversificazione del mix energetico. Un contesto non favorevole appesantito dalle mai risolte criticità di carattere geopolitico e strategico, che coinvolgono in particolare la regione, attraversata da troppe dispute irrisolte (tra tutte quelle sulle ZEE tra Italia, Algeria e Spagna), tensioni mai sopite (come quelle tra Marocco e Algeria) e  conflitti apparentemente congelati che rischiano di assumere evoluzioni pericolose (specie in Libia dopo quanto avvenuto in maniera repentina in Siria, ma senza sottostimare le minacce securitarie provenienti dal Sahel). Uno scenario caotico che continua ad essere destabilizzante specie per le rotte di approvvigionamento e lo sviluppo infrastrutturale interno alla regione, nonché nella mancanza di maggiori interconnessioni possibili (intra- ed extra-area) con altri grandi progetti guidati da player globali.

In questa prospettiva, non sarebbe sbagliato affermare che molte delle realtà nordafricane si trovano oggi dinanzi ad un bivio cruciale sui rispettivi piani domestici: da un lato, devono affrontare processi non più rinviabili e intrinsecamente legati a ricerca, stabilità e sviluppo sociale, politico ed economico; dall’altro, le stesse governance non possono osteggiare qualsiasi slancio di modernizzazione paventando paure (sovrastimate in taluni casi) di instabilità e problemi (reali) legati alla mancanza di liquidità. Contesti che, pur nella loro singolarità, accomunano Egitto, Algeria e Libia. Costoro, infatti, condividono una serie di sfide comuni, quali una certa precarietà politica, conflitti o tensioni domestiche di varia natura, l’esposizione a minacce asimmetriche delle infrastrutture strategiche nazionali e diversi handicap nel portare avanti reali e sostenibili processi di transizione energetica.

L’Algeria è un fornitore strategico di gas naturale per l’Europa, grazie a infrastrutture consolidate come i gasdotti Transmed e Medgaz che collegano, rispettivamente, Italia e Spagna al Paese nordafricano. Con riserve stimate in 4,5 trilioni di m3 di gas, Algeri ha aumentato gli investimenti per espandere la capacità produttiva e diversificare i mercati di esportazione in risposta alla crescente domanda europea. Tuttavia, la sicurezza delle infrastrutture rimane una priorità a causa della vulnerabilità ad attacchi terroristici (il caso più eminente ancora oggi rimane In Amenas nel 2013). Per affrontare queste minacce, l’Algeria ha intensificato la cooperazione con organizzazioni internazionali come la NATO, mentre sul piano interno resta consuetudine la necessità di attrarre investimenti stranieri e migliorare l’efficienza energetica.

Da parte sua, l’Egitto ha provato ad affermarsi come un hub energetico del Mediterraneo orientale grazie a giacimenti di gas come Zohr. L’autosufficienza energetica e le esportazioni di gas naturale liquefatto hanno permesso al Paese di rafforzare la propria influenza geopolitica. L’Egitto ha stretto accordi con Israele e l’Unione Europea per l’esportazione di gas. Tuttavia, a partire dall’anno scorso, la crescente domanda interna e la  necessità di maggiori investimenti nelle energie rinnovabili hanno costretto il paese a ridurre drasticamente l’export di gas, soprattutto nella sua forma liquefatta, e, contestualmente, a ricorrere massicciamente all’importazione di GNL. Sul fronte dell’idrogeno verde, invece, ha avviato diversi progetti, puntando a diventare un esportatore di energia pulita verso l’Europa e l’Africa. Tutte situazioni, però, gravate dalla difficile condizione macro-economica che espone il Cairo a dover fare di necessità virtù.

La Libia, infine, possiede riserve petrolifere di oltre 48 miliardi di barili, ma la produzione è limitata dall’instabilità politica e dai conflitti armati. Le infrastrutture chiave, come i terminal di Es-Sider e Ras Lanuf, sono spesso oggetto di scontri e sabotaggi, ostacolando le esportazioni. La ripresa del settore energetico dipende dalla stabilità politica e dal sostegno internazionale per la ricostruzione delle infrastrutture. Nonostante le difficoltà, la Libia ha iniziato a delineare strategie per diversificare il mix energetico, con investimenti nelle energie rinnovabili e collaborazioni con partner internazionali come l’Italia e il Qatar.

Pur essendo attori chiave nel panorama energetico del Nord Africa, se Algeria, Egitto e Libia non saranno in grado di affrontare le rispettive sfide interne ed esterne non avranno quelle capacità fondamentali per consolidare la loro posizione di fornitori affidabili di energia e per attrarre investimenti necessari per guidare una transizione energetica nazionale. In prospettiva, Algeri, con le sue riserve di gas, può rafforzare il ruolo di partner strategico europeo per il gas, mentre il Cairo ha il potenziale per emergere come leader nella produzione di idrogeno verde. Nonostante le difficoltà, anche Tripoli potrebbe riprendere un ruolo chiave grazie alle sue riserve petrolifere e al supporto internazionale. Tuttavia, per cogliere queste opportunità, è necessario far convergere sui singoli contesti domestici delle governance stabili e un quadro di politiche energetiche chiare e inclusive. Altresì, un rafforzamento delle partnership regionali e internazionali potrebbe essere determinante per garantire un futuro energetico stabile e sostenibile all’intero quadrante.