I combustibili fossili – petrolio, gas e loro derivati – costano ancora troppo poco per i danni che provocano all’ambiente e alla salute. In altri termini, la loro tassazione – nonostante sia in Italia tra le più alte al mondo, almeno su benzina e gasolio – non copre il costo delle esternalità negative. Questo costo va quindi “internalizzato”. Come? Aumentando le tasse su gas, petrolio e derivati (accise in primis), con l’introduzione di una carbon tax e/o con l’eliminazione di tutti gli “sconti” per particolari usi, settori economici o consumatori finali.
Quando politici, ambientalisti e istituzioni parlano di “eliminazione dei sussidi alle fonti fossili”, intendono per lo più questo (consapevolmente o meno), almeno per quanto riguarda i Paesi più sviluppati. Nei Paesi produttori di petrolio e gas e in quelli emergenti, il senso dei “sussidi” è invece un po’ più letterale. Per fare un esempio: a metà agosto il Financial Times ha pubblicato un articolo in prima pagina sul fatto che in Iran la benzina costa troppo poco. Il regime di Teheran, infatti, sussidia l’acquisto del carburante tenendolo a un livello socialmente accettabile, pari a tre centesimi di dollaro al litro. Dal momento che la produzione delle raffinerie nazionali non è sufficiente a coprire l’intera domanda, il governo è costretto a comprare carburanti sui mercati internazionali a prezzo pieno, per poi rivenderli sottocosto. Questo, va da sé, sta mandando in dissesto le casse pubbliche. D’altra parte, alzare il prezzo è una mossa molto azzardata per un regime autoritario che, soprattutto da un anno a questa parte, dopo le proteste seguite alla morte di Mahsa Amini, teme i malumori della popolazione. È chiaro dunque perché sia difficile eliminare i sussidi alle fonti fossili in Iran.
Ma perché è tanto complicato anche in Italia, dove da quasi un decennio esiste anche un Catalogo di questi sussidi? In breve la risposta è: perché parlare di sussidi alle fonti fossili è politicamente insensato.
Se un politico afferma di voler eliminare i sussidi alle fonti fossili (ce ne sono in quantità), il cittadino e potenziale elettore pensa che la proposta vada a colpire i “petrolieri”. Quando quel politico andrà al governo, tuttavia, scoprirà la ripugnante verità: eliminare i sussidi alle fonti fossili significa – per lo più, almeno in Italia – alzare le accise sui carburanti, o eliminare gli sconti sulle bollette. A quel punto, con tutta probabilità, il tema dei sussidi alle fonti fossili scenderà precipitosamente nella classifica delle priorità. È successo diverse volte in passato, con governi di ogni colore.
Se ne è avuta una riprova nella calda estate dei carburanti – più calda nel dibattito pubblico che alla pompa, a dire il vero. L’invito a tagliare le accise (quintessenza del sussidio ai combustibili fossili) è venuto da esponenti di tutti i partiti che hanno nel programma il taglio dei sussidi dannosi: Alleanza Verdi Sinistra (il deputato Nicola Fratoianni: “Giorgia Meloni non solo non ha tolto le accise, ma ha eliminato lo sconto che c'era, tassando di fatto le vacanze degli italiani alla pompa di benzina”; il capogruppo in Senato Peppe De Cristofaro: “la Meloni intervenga sulle accise usando l’extra gettito che lo Stato sta incassando”); PD (il responsabile economia Antonio Misiani: “si dovrebbero aiutare i più bisognosi con il taglio delle accise”; il deputato Silvio Lai: “basterebbe tassare gli extraprofitti e finanziare così il taglio delle accise”); Movimento 5 Stelle (il deputato Enrico Cappelletti: “Urso la smetta di dire che i prezzi dei carburanti sono sotto controllo e riduca immediatamente, come promesso in campagna elettorale, le accise”), mentre più avveduta è sembrata la segretaria del PD Elly Schlein: “Noi chiediamo subito risposte con l'extragettito che arriva dall'Iva: mettiamo immediatamente quelle risorse per aiutare e sostenere le fasce più fragili e mettiamole sul trasporto pubblico locale”.
Finché continueremo a propagandare il taglio dei Sad come un “sacrosanto attacco ai privilegi dei petrolieri”, continueremo a raccontarci favole. E tutti i politici continueranno a ritrarsi inorriditi al momento di tagliare, realizzando che non di una tassa sui petrolieri si tratta ma di un aumento delle temutissime accise, capace di stroncare la carriera del leader più amato.
Il nodo della questione è: le fonti fossili sono ancora troppo convenienti, perché hanno una concentrazione energetica impareggiabile e una facilità d’uso che altre fonti e vettori non hanno. Se si vuole accelerare la transizione, il loro prezzo va quindi aumentato, o almeno non diminuito, in modo che i consumi si dirigano su alternative più pulite. Come affrontare questo ostico passaggio senza creare sconquassi sociali e rivolte (tipo i gilet gialli)? Finché la politica non affronterà questo tema di petto, smettendo di nascondersi dietro i “sussidi alle fonti fossili”, il dibattito non farà un passo. Continueremo a guardare il conto dei sussidi aumentare, da milioni a miliardi a trilioni, come davanti a una specie di magia. E continueremo a chiederci: come è possibile?