Dopo un anno terribile per il comparto idroelettrico, come quello registrato nel 2022, il 2023 si preannuncia altrettanto difficile. Se il settore è abituato ad alternare periodi più prosperi ad altri più difficili, non è altrettanto attrezzato a superare crisi così prolungate che rischiano di diventare sistemiche. Quale è, quindi, la reale situazione degli operatori del comparto? Quali le principali criticità da superare? Dove è possibile intervenire? Ne abbiamo parlato con Paolo Taglioli Presidente di Assoidroelettrica.

Il 2022 è stato un annus horribilis per l’idroelettrico. E in questo primo trimestre 2023 come è cambiata la situazione?

Secondo i dati Terna nel 2022 la produzione netta idroelettrica è stata il 37% inferiore rispetto a quella del 2021. Caldo e siccità hanno messo in ginocchio un comparto. I primi dati del 2023 non sono molto più confortanti: dal 1 gennaio al 13 marzo, la generazione da idroelettrico è già il 6% più bassa di quella del pari periodo 2022 e addirittura un 47% inferiore rispetto allo stesso arco temporale del 2021. Le cause: avverse condizioni meteo e la mancanza di precipitazioni, ascrivibili a questi “temporanei” cambiamenti climatici, che non fanno penetrare le perturbazioni atlantiche aldilà delle Alpi e quindi lasciano il Nord Ovest a secco. La speranza è che sia una primavera piovosa, ma visto che abbiamo le montagne scarne di neve, nemmeno l’arrivo delle sperate precipitazioni piovose ci fa ben sperare.

Per i produttori la siccità significa non produrre energia, quindi faticare a pagare mutui e canoni. Pertanto, la maggior parte degli operatori è stata costretta, lo scorso anno, a ricorrere a risparmi o chiedere nuovi affidamenti per fronteggiare ai mancati ricavi. E per il 2023 la tendenza non sembra essere molto differente. Ci vuole spiegare meglio questo aspetto.

Realizzare un impianto idroelettrico, così come qualsiasi investimento in altro settore, ha richiesto per gli operatori un impegno con le banche per ricevere un finanziamento. Finanziamento, quest’ultimo che andrà ripagato. A questi costi vanno poi aggiunti quelli tradizionali  di gestione e quelli legati ai canoni, vale a dire l'imposta da versare agli enti pubblici locali (Comuni, Province e Regioni interessate) per la concessione e lo sfruttamento di acque pubbliche, con lo scopo di produzione di energia elettrica. In Italia, questi canoni sono particolarmente elevati e vengono versati a prescindere che vi sia o meno disponibilità di risorsa idrica. Si tratta di una peculiarità tutta italiana che grava pesantemente sul settore, specie in contesti di crisi idrica- come quello registrato nel 2022 e quello tuttora in corso-e che costituisce uno svantaggio competitivo rispetto alle altre imprese europee. Va da sé, che per gli operatori un tale contesto sia stato particolarmente impattante sui ricavi, costringendo gli operatori ad attingere dai propri risparmi o ancora peggio a ricorrere ulteriormente alle banche. Un altro anno di siccità, come si preannuncia quello da poco iniziato, rischia di non essere sopportabile per molti operatori del settore. Questo perché se mai nel passato si erano riscontrati anni così siccitosi, mai periodi di indisponibilità della risorsa si erano protratti così a lungo. Se il ciclo delle precipitazioni fa alternare momenti più favorevoli ad altri più svantaggiosi, un produttore è nelle condizioni di poter compensare momenti meno fortunati e garantire il proseguo della propria  attività di produzione di energia rinnovabile. Purtroppo, l’attuale situazione è negativamente al di sopra di ogni aspettativa e non è più sostenibile nemmeno dalle più solide e storiche aziende di settore.

A proposito del settore rappresentato da Assoidroelettrica, quale è la fotografia di un comparto, storicamente importante per la produzione di elettricità in Italia?

Assoidroelettrica conta circa 500 associati: si tratta di imprese di diverse dimensioni, alcune molto grandi e proprietari anche di più impianti, altri, invece, più piccole. Il che da la dimensione di un settore molto strutturato e capillare sul territorio italiano. Infatti, benché la maggior parte degli impianti, per ovvie ragioni idro-geologiche, si trovi sull’arco alpino, vi è una forte rappresentanza lungo tutto l’Appennino con associati anche in Calabria e qualcuno anche in Sicilia.

Prima ci parlava di una differenza sostanziale fra l’Italia e gli altri paesi europei in materia di canoni. C’è qualche altra peculiarità nostrana?

Una differenza sostanziale sta nelle nuove disposizioni riguardo gli extra-profitti: norma introdotta in Italia che grava pesantemente sui ricavi dei nostri associati. Visto il contesto, se la norma venisse applicata così come prevista, tutti i ricavi del 2022 andrebbero a coprire questi adempimenti e la situazione diventerebbe critica. Il combinato tra siccità ed ingiusti prelievi, infatti, sta mettendo in grande difficoltà i bilanci delle società, specie quelle di piccole e medie dimensioni, che producono energia da fonte idrica. Infatti, è impensabile che i costi di gestione e manutenzione degli impianti possano essere paragonati a quelli di dieci anni fa. Tra l’altro, gli idroelettrici si sono già sobbarcati in questi anni l’introduzione dei Deflussi Ecologici i cui effetti ricadono su tutta la collettività a fronte di costi economici sostenuti esclusivamente dai produttori in termini di mancata produzione rinnovabile. Da qui muove la necessità  di rivedere la misura del prelievo. Come Associazione, ci stiamo battendo in tal senso e abbiamo presentato ricorso alla giustizia amministrativa. Il primo step si è rivelato per noi favorevole, avendo il TAR Milano, con sentenza 9 febbraio 2023 n. 340, annullato nuovamente la delibera ARERA n. 266/2022/R/EEL, di attuazione dell’art. 15-bis DL n. 4/2022, ponendo nel vuoto le richieste di pagamento del GSE. Sentenza, a cui ARERA ha fatto ricorso al Consiglio di Stato e di cui si attende il pronunciamento nei prossimi mesi.

Quali soluzioni ci sono per fronteggiare il rischio di un nuovo anno siccitoso? Quali interventi invece di natura più strutturale potrebbero salvaguardare da rischi futuri?

Purtroppo, oltre allo sperare che la pioggia arrivi,  non ci sono soluzioni immediate che il comparto può mettere in atto per fronteggiare. Almeno, non, sul brevissimo periodo. I nostri impianti operano già alla piena efficienza e i margini di miglioramento sono molto risicati.

Il settore però, che ripetiamo è strategico per la sicurezza energetica del paese, andrebbe maggiormente tutelato. Lo Stato in questa fase di adattamento ai cambiamenti climatici dovrebbe disporre che le Regioni riducano i canoni, il settore dovrebbe essere esentato dal pagamento degli extraprofitti, per le ragioni di cui sopra, e servirebbero degli sgravi fiscali.