Tra “proroghina” e “semplificazioni” la misura del Superbonus 110% stenta ancora a decollare nei condomini italiani. Secondo le ultime statistiche diffuse dall’Enea aggiornate alla metà di maggio, in Italia si sono avviati 14.500 interventi, che richiederà allo Stato una copertura di circa 2,0 miliardi, ancora di gran lunga ben inferiore ai 18 miliardi stanziati tra Piano nazionale di ripresa e resilienza e fondo complementare.

Questi primi dati consentono alcune valutazioni, che dovrebbero indurre tempestivamente ad alcuni correttivi in corso d’opera. La prima è che oltre un terzo dei cantieri sono localizzati in Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna. Nonostante le attese semplificazioni dal Governo, i rischi sottesi e l’iter procedurale potranno penalizzare i territori meno organizzati nella gestione di processi complessi sotto il profilo tecnico, finanziario ed amministrativo.  La seconda valutazione è che sono ancora solo 1.384 gli interventi condominiali avviati, pari a meno del 10% dei cantieri complessivi, che restano dunque in attesa da parte delle imprese di un approccio più speditivo, meno vincolato alle lungaggini delle progettazioni tecniche iniziali e più utile alle decisioni assembleari.

La più grande misura espansiva in Italia rischia così di diventare iniqua e regressiva. Esclude alcuni territori meno attrezzati sulle filiere produttive e professionali e in difficoltà ad offrire una risposta adeguata all’enorme bacino potenziale di domanda. Estromette molte piccole imprese e progettisti “artigianali” specie quando la normativa è opaca, i rischi attesi non sono chiari e le banche non sono nelle condizioni di avallare un finanziamento per anticipo lavori. Esclude le famiglie meno equipaggiate a valutare e selezionare i soggetti più affidabili, specialmente quelle più fragili, colpite dalle debolezze e impegnate prioritariamente tra cura dei figli e assistenza dei propri genitori anziani.

Il Superbonus 110% rappresenta una provvidenziale bombola di ossigeno per molte imprese della filiera costruzioni-impianti e, al contempo, uno strumento per manutenere e ammodernare un patrimonio immobiliare straordinariamente obsoleto ed inefficiente dal punto di vista energetico come quello italiano. Tuttavia, quando l’informazione è così confusa e le responsabilità dei soggetti di territorio non convergono verso obiettivi comuni, accade come in politica che le famiglie scelgono di non schierarsi e di rinunciare a questa straordinaria opportunità.

Il costante monitoraggio del Superbonus da parte di Nomisma individua in 10,5 milioni di famiglie il bacino potenzialmente interessato all’utilizzo di questa straordinaria opportunità, per gran parte con la richiesta dello sconto in fattura stante la fragilità delle famiglie fortemente indebolite dalla crisi pandemica e indisponibili ad anticipare liquidità. Solo il 20% delle famiglie (2,1 milioni, solo l’8% dei nuclei famigliari italiani) hanno avviato i lavori o deliberato gli interventi, mentre il 25% (2,6 milioni) sono ancora in fase esplorativa e stanno verificando quale operatore può essere in grado di offrire un’adeguata risposta alla volontà di ristrutturazione non costosa ed invasiva. Sorprende, invece, come la maggioranza del partito a favore del Superbonus (55% pari a 5,8 milioni di famiglie) non ha ancora potuto avviare nessuna iniziativa.

I 14.500 cantieri in corso risultano ancora una quota microscopica che riesce a coprire solo l’1% della domanda potenziale in cerca di Superbonus. Gli interventi continuano a privilegiare le abitazioni unifamiliari e ci sono ancora molti nodi per rendere operativa una più ampia applicazione della misura nei condomini.

Nella ragionevole consapevolezza che il Superbonus debba a questo punto costituire un’inedita occasione di crescita, contemporaneamente economica, ambientale e sociale, sentiamo l’esigenza di suggerire alcune proposte.

La prima potremmo chiamarla “Sblocca Contratti”. Alcune imprese avevano già deciso di rinunciare a questa straordinaria opportunità per complessità della procedura e rischi durante il percorso. Soprattutto alle condizioni date, molte altre imprese già operative nel Superbonus non sono nelle condizioni di impegnarsi contrattualmente in interventi condominiali senza la certezza normativa della proroga al 2023. Senza un deciso intervento governativo sullo snellimento delle procedure e una tempestiva formalità sulla proroga della misura, difficilmente potremo aspettarci un auspicato balzo dei cantieri dagli esigui 15 mila interventi in corso su un potenziale di 10,5 milioni di famiglie in cerca di Superbonus.

La seconda riguarda l’esigenza di inserire un simil “ISEE di Condominio” per correggere alcune distorsioni di mercato create dalla misura. Le evidenze mostrano, infatti, che gli incentivi fiscali sulle riqualificazioni vengono utilizzati soprattutto dalle famiglie più benestanti e l’esperienza di mercato insegna che gli operatori non hanno particolari motivi per aggredire i condomini più difficili e in periferia.

La terza individua la necessità di un “Controlla Prezzi”. È già successo con l’ingresso dell’Euro: se ci fosse stato un organismo di controllo, non si sarebbero verificati dei rincari ingiustificati nella conversione dalla lira alla moneta unica. Oppure con il fotovoltaico: la tardiva definizione di una politica incentivante coerente con lo sviluppo del mercato ha consentito speculazioni non controllate. Così nel Superbonus, solo dopo qualche mese di operatività, si registra sul mercato un aumento smisurato dei costi delle materie prime del settore edile (cappotti e ponteggi per fare un esempio su tutti). Molte imprese stanno riscontrando difficoltà nel realizzare i margini attesi e moltissime famiglie rischiano di pagarne il conto finale. 

Non siamo più nel tempo di discussione sulla bontà di una misura che, nel tentativo di risollevare l’economia durante-Covid e raggiungere rilevanti obiettivi ambientali, utilizza la fiscalità generale per “regalare” valore immobiliare ai proprietari italiani. Siamo nel tempo della responsabilità di far arrivare a tutti, nessuno escluso, l’ultima possibilità di intervenire sulla propria abitazione, migliorandone la sicurezza, il costo energetico, il comfort e il valore, anche se questo richiederà un tempo più lungo del 2023.

Da un lato, almeno per tendere all’obiettivo sociale del “costo zero” per le famiglie e a un servizio “chiavi in mano”, la filiera dell’offerta deve organizzarsi diversamente affiancandosi a general contractor di esperienza e con le carte in regola per gestire lo sconto in fattura o affidandosi a nuovi soggetti arranger utili nella gestione di tutta l’operazione sia nei confronti dei numerosi professionisti che degli istituti di credito. Dall’altro lato, anche i Sindaci, come primi cittadini e rappresentati delle città-territorio, non possono più considerarsi estranei, ma sentire il dovere di rendere possibile la promessa ancora mancata e di far arrivare a più cittadini possibili le risorse pubbliche del Superbonus.

Pensiamo che con un SuperMario al Governo il SupeBonus Casa possa essere la prima grande occasione di SuperFiducia per Tutti.