Quando nel 2019, insieme al team di change.org, abbiamo condotto un sondaggio tra gli allora nostri 10 milioni di utenti italiani per immaginare un “green deal” socialmente inclusivo, non ci aspettavamo di ricevere oltre 10.000 risposte argomentate, appassionate, precise. Questa indagine dettagliata seguiva un sondaggio più generale che ha indicato che il 75% degli utenti di Change.org sono a favore di una transizione ecologica in grado di creare nuovi posti di lavoro. Queste risposte ci hanno permesso di comprendere quanta voglia di partecipazione vi fosse tra la società civile, quanto la sola chiamata alla consultazione sui temi climatici ed ambientali fosse in grado di scatenare un protagonismo attivo come forse nessun altro tema socio-politico è mai riuscito a fare in passato. Ma il protagonismo individuale non basta, va trasformato in collettivo; la consapevolezza rimane limitata se non viene alimentata; l’amore sociale è sterile se non si tramuta in amore politico.

Le richieste, le rivendicazioni e le priorità indicate nel sondaggio restituivano la fotografia di una popolazione attenta, concreta e appassionata che aveva voglia di confrontarsi ulteriormente sul tema per trovare soluzioni concrete. L’esplosione della pandemia e la conseguente impellenza di convertire un modello economico e sociale sbagliato ha confermato la nostra analisi. Abbiamo infatti potuto osservare un’esplosione di campagne che sollevavano problemi e indicavano possibili soluzioni per quanto riguarda la gestione della crisi sanitaria ed economica e un aumento del numero e della frequenza delle petizioni lanciate sulla nostra piattaforma (HalfOfIt, Uno Non Basta, Rinascimento Green e tante altre) che chiedevano alla politica di non perdere l'occasione offerta sul piatto d’argento dai fondi del Next Generation EU.

Per questo abbiamo immaginato una rivoluzione – insieme a tante altre realtà -, o meglio un rinascimento green che potesse partire dal basso e dare forza alle voci di chi chiede di colmare il gap di genere in ambito professionale, di garantire ai giovani un futuro meno inerziale, di investire nei beni pubblici, di ridurre radicalmente la pressione sul nostro ambiente e sulle risorse naturali. Così, mentre in Francia e Regno Unito si svolgevano le prime assemblee civiche sul clima e la crisi democratica per la prima volta incrociava la crisi climatica, in Italia abbiamo iniziato un percorso che nelle prossime settimane entrerà nel vivo. Non sarà un’assemblea con estrazione a sorta sul modello francese, non replicherà il format nazionale del modello britannico, ma sarà un esperimento di democrazia attiva su scala regionale che prenderà spunto dalle esperienze di consultazione e deliberazione che si sono osservate fino ad oggi.

Formarsi, confrontarsi, proporre. Lo scopo è semplice: coinvolgere circa 150 cittadini per ciascuna regione e fornirgli gli strumenti per poter costruire delle proposte tematiche da sottoporre al governo regionale. La presentazione degli scenari di rischio climatico su scala locale e regionale e l’immedesimazione nelle procedure amministrative che ogni giorno i tecnici della Regione si trovano ad affrontare va in questo senso.

L’ambizione è quella di fare incontrare cittadini e amministrazione a metà strada. I primi ci mettono la motivazione, il tempo e le proposte, mentre la politica fornisce gli strumenti e l’ascolto per permettere ai proponenti di utilizzare il linguaggio corretto all’interno di un contesto complesso come quella della transizione ecologica.

Grazie all’aiuto di esperti, accademici e portatori di interessi, verrà fornita una fase di preparazione e formazione indispensabile per mettersi nei panni del “decisore politico”. Lavoro, mobilità, salute, educazione, legalità, scenari climatici, pubblica amministrazione. La vera sfida è quella di intersecare diverse discipline per dare alla transizione il suo vero volto. Dopo la formazione inizia la fase più complessa, quella del confronto e della concertazione: croce e delizia dei sistemi democratici. Ma la costruzione di un discorso plurale è un aspetto cruciale e indispensabile nella definizione di una transizione alla portata di tutti e spinta dal basso, per cui fin dal primo contatto con quelli che saranno i partecipanti delle prime assemblee sul clima regionali in Italia, ci siamo attivati per poter intersecare le diverse esperienze, percezioni, motivazioni.

Non vogliamo che la politica si confronti con mille voci, ma vogliamo presentare una sola voce in cui la direzione è chiara pur senza tacere le diversità che l’hanno scelta, indagata, definita.

“Ho sempre avuto mille idee ma non so quanto siano fattibili e non ho mai avuto la possibilità di confrontarmi con la politica - non sono sicuro di poter insegnare qualcosa, ma sono certo di avere tanto da apprendere - essere vegani, fare la spesa sfusa, ridurre l’utilizzo dell’auto: finchè la politica rimane staccata dai copri che dovrebbe curare e dalle menti che dovrebbe elevare i nostri comportamenti dal basso non basteranno - sono giovane, ma ho idee molto chiare per garantire un futuro sostenibile, inclusivo e interdisciplinare nella Regione che abito - sono una donna adulta, e non vedo l'ora di mettere in gioco le mie esperienze - credo che ogni cittadino dovrebbe occuparsi della realtà in cui vive e partecipare attivamente alla vita politica - sono contento di avere un luogo in cui portare le mie opinioni critiche sul sistema di sviluppo attuale - mi piacerebbe che le scelte green fossero alla portata di tutti e non solo di pochi.”

Questi spezzoni presi dalle oltre 250 candidature che sono arrivate dalla sola Emilia-Romagna certificano una comunione di intenti, una motivazione diversa nelle sfumature ma coesa nel desiderio di intervenire sull’urgenza che i cambiamenti climatici ci impongono.

La stessa coalizione che prende il nome di Rinascimento Green, organizzatrice dell’iniziativa insieme alla European Climate Foundation, non a caso, nasce dall’unione di diverse realtà, che preferiscono guardare all’orizzonte comune invece che concentrarsi sulle differenze del presente e del passato. È molto incoraggiante vedere così tante voci che si uniscono – chi rappresenta i lavoratori, i sostenitori dell'ambiente, le donne, i giovani, le comunità della diaspora, i gruppi religiosi - una vera sezione trasversale del paese che restituisce il giusto smalto al concetto di rappresentanza.

Ormai sappiamo che non basta andare a votare ogni tanto, delegando a pochi temi che coinvolgono tutti: la transizione non può prescindere dal concetto di partecipazione, di consapevolezza collettiva, di supporto dal basso di politiche che per essere efficaci dovranno modificare drasticamente i nostri stili di vita.

“Transizione significa contrastare le disuguaglianze e curare le ferite al nostro ecosistema. Allo stesso tempo. E insieme.” Lo scrive una partecipante all’assemblea emiliano-romagnola. Non è importante sapere il suo nome ma essere consapevoli del fatto che, anche grazie a lei, tra poche settimane avremo una politica meno sola nella lotta ai cambiamenti climatici e una cittadinanza più coinvolta. In entrambi casi si tratterebbe di un’ottima notizia.

Il programma dell’assemblea dell’Emilia-Romagna si trova a questo link