La difficile transizione del distretto Oil&Gas di Ravenna è l’emblema di un paese che ancora non è riuscito a disegnare una strategia energetica nazionale. Tra progetti rinnovabili in attesa di via libera e aziende locali che delocalizzano abbiamo chiesto al sindaco di Ravenna, Michele De Pascale, di aiutarci a capire meglio cosa sta succedendo. E cosa ci si aspetta per il futuro.
Partiamo dalle difficoltà del recente passato. Lo storico distretto petrolifero di Ravenna sta attraversando una crisi difficile da ignorare. Di che numeri si parla? Quali difficoltà le stanno confessando i contractors locali? Quanto questo incide sul tessuto sociale ed occupazionale della città?
Ravenna può essere definito distretto dell’energia, più che distretto petrolifero, perché ha una tradizione nell’attività estrattiva del metano. Purtroppo, negli anni la situazione è andata peggiorando e si sono persi molte centinaia di posti di lavoro e le attuali normative nazionali che bloccano le attività estrattive senza dare particolari certezze stanno aggravando ancora di più la situazione, portando le imprese a delocalizzare. La situazione è grave e lo è anche l’impatto sul tessuto economico e occupazionale della città. Ravenna è sede di un distretto di imprese che lavora in Italia ma anche all’estero. Ad oggi, nel complesso delle attività fra occupati diretti e indiretti si parla di 6.000 unità, diverse migliaia in meno degli anni in cui si cresceva. Al di là delle percezioni locali, rammarica assistere alla crisi di quello che è un settore di grande eccellenza per l’Italia.
Oggi sul piatto ci sono CCS, fotovoltaico ed eolico. Una boccata d’ossigeno per un settore in crisi di commesse. Ci racconta in breve i progetti? Quali sono le tempistiche?
Noi immaginiamo il futuro di Ravenna come la capitale della transizione energetica a livello europeo. Una città che è ancora in grado di produrre metano ma che contestualmente investe su progetti innovativi, su nuove tecnologie sostenibili. Tra i progetti più importanti vi sono il piano sulla CCSU (Carbon Capture Storage & Utilization) di Eni, che consentirà di catturare la CO2, in parte per immagazzinarla e in parte per riutilizzarla, ad es. in forme di stoccaggio naturale come la riforestazione o altri progetti di questo tipo. Ci sono poi i progetti su fonti 100% rinnovabili. Si tratta del progetto che prevede eolico offshore, solare galleggiante e produzione di idrogeno verde da elettrolisi. Le aziende coinvolte sono Agnes e QINT'X che hanno fatto un accordo preliminare con Saipem. Un progetto importante che guarda al futuro delle energie rinnovabili. Per quanto riguarda le tempistiche deve essere chiaro che non stiamo parlando di attività che partono nel giro di un anno. Il permitting, del resto, non è il nostro forte a livello nazionale. Sul CCSU non è chiaro nemmeno il quadro normativo, sui parchi eolici a mare è stata presentata istanza di concessione. Ma in Italia è una via crucis. Molte istanze che riguardano anche le fonti rinnovabili sono state bocciate. Per questo è difficile fare previsioni.
Guardando al futuro, ogni metamorfosi porta con sé una crisi di identità. Ogni transizione costa fatica e investimenti. Come pensate di accompagnare il processo di transizione? Siete soddisfatti del dialogo con il governo?
Il Comune di Ravenna ha cercato di dare il buon esempio, lavorando per efficientare i propri consumi, produrre energia da fonti rinnovabili, migliorare le perfomance energetico ambientali dei propri edifici e delle proprie attività. Per quanto riguarda le politiche industriali, il Comune è un ente attivo e in questi anni ha cercato di mettere in campo delle misure che favorissero l’innovazione tecnologica e la transizione energetica. Ravenna ha da sempre una grande tradizione energetica, e non intende vivere solo di ricordi. Quello che manca, però, è una strategia energetica nazionale capace di affrontare seriamente il tema della transizione. Sarò franco: non possiamo essere soddisfatti dall’operato delle due ultime legislature: sia il Conte 1 che il Conte 2 hanno fatto solo disastri sull’energia. E lo hanno fatto sia in termini di norme varate sia per l’assenza di un orizzonte strategico. Sono due governi che hanno vissuto alla giornata: si è parlato di rinnovabili senza fare nulla di concreto per stimolarle; si sono bloccate le attività estrattive e non si è dato un orizzonte di transizione; sono stati bocciati i parchi eolici in Puglia perché il Ministero dei Beni Culturali è contrario. L’unica cosa positiva è lo strumento del Superbonus al 110%, un provvedimento che va nella direzione giusta, anche se è complesso da attivare e darà i primi effetti concreti sui consumi energetici nazionali tra molti anni.
Veniamo alla politica, i senatori della Lega hanno definito “talebano” l’approccio del MiSE a guida 5 Stelle nei confronti del settore Oil&Gas, c’è un fondo di verità in queste accuse?
Quando faccio il sindaco non guardo ai colori di parte e prendo atto di una realtà: quando la Lega era al governo con i 5 stelle ha bloccato tutte le attività estrattive e il PD, o perlomeno una parte di esso, ha gridato allo scandalo. Ora la Lega è all’opposizione e il PD al governo, ma il blocco è stato confermato. Purtroppo, parlano i fatti: nessuna delle tre forze politiche è stata in grado di produrre una strategia e una visione. Al di là dell’approccio populista che i Cinque Stelle hanno sempre avuto nei confronti del gas, non è stata messa in atto nessuna strategia per superare il gas. Questo per me è un fatto politicamente grave: poiché non solo si tace sulla necessità e sul fabbisogno di gas nel nostro paese, ma non si fa nulla che permetta di ridurne il consumo. Semplicemente si preferisce importarlo piuttosto che produrlo in Italia, perché si pensa di nascondere la polvere sotto il tappeto, tra l’altro nascondendo il dettaglio che con le importazioni aumenterebbero le emissioni.
Quanto incide la crisi di governo sulla transizione di un distretto industriale come quello ravennate?
La crisi di governo non sta impattando più di tanto, se non altro perché fare peggio è difficile. La speranza è di uscire da questa crisi di governo per il Ravennate meglio di come ne siamo entrati. Si spera in un cambio di passo sia dal Mise che dal Ministero dell’Ambiente, che gioca un ruolo determinante nelle politiche climatiche ma che non deve trasformarsi in una fabbrica di veti. Va specificato cosa si può fare e cosa no, dando il via libera a quelle che si possono fare. Altrimenti continuerà a succedere che le bocciature e le promozioni dipenderanno da qualche volontà politica, o semplicemente dall’inefficacia della burocrazia.