Mai come oggi la sostenibilità economica e ambientale è in cima alle priorità dell’agenda politica dell’Unione europea. Per la prima volta la Commissione europea, nominata il 27 novembre 2019, ha istituito una delega ad-hoc per il clima e previsto un piano da 1.000 miliardi di Euro per rendere l’Europa un continente neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050, attraverso jl programma “European Green Deal”.
Nonostante la diffusione del Covid-19 abbia sconvolto la società e l’economia, la crisi che sta attraversando il Pianeta ha ulteriormente sottolineato l’importanza di dotarsi di un sistema “di vita e produzione” competitivo, sostenibile e resiliente. Il Consiglio europeo, infatti, ha sottolineato il ruolo essenziale del settore dell'energia nella ripresa economica dell'Europa. La necessaria trasformazione verso una crescita sostenibile e la neutralità climatica rappresenta una fondamentale opportunità per stimolare le economie degli Stati membri e ridurre progressivamente l'uso dei combustibili fossili.
Il settore dell'energia richiederà investimenti in ambiti quali l'efficienza energetica, le fonti di energia rinnovabili (FER), l'integrazione dei sistemi energetici, lo stoccaggio dell'energia, le interconnessioni transfrontaliere, la digitalizzazione e la decarbonizzazione degli usi finali attraverso l’elettrificazione diffusa e l’uso di idrogeno pulito. A tal fine sono necessarie azioni sistemiche lungo l'intera filiera tali da facilitare gli investimenti da parte dei diversi stakeholder, ivi inclusi progetti di infrastrutture energetiche chiave intesi ad aiutare l'Europa a raggiungere i suoi obiettivi in materia di politica energetica e clima.
Proprio in questa direzione, a maggio 2020 è stato presentato il piano Next Generation EU per sostenere la ripresa dell’Unione europea post-Covid-19. Il primo dei tre pilastri prevede risorse pari a 660 miliardi di Euro (circa il 90% del valore complessivo del Piano, pari a 750 miliardi di Euro) e si articola in tre componenti, di cui due sono orientate a sostenere la transizione sostenibile dei Paesi membri.
In tale contesto, le rinnovabili assumono un ruolo sempre più rilevante. Il blocco delle attività produttive in diversi settori economici per fronteggiare l’emergenza sanitaria ha comportato un crollo nella domanda energetica. Secondo i dati forniti dall’International Energy Agency (IEA), il primo trimestre del 2020 ha fatto registrare una diminuzione della domanda globale di energia del 3,8% rispetto allo stesso periodo del 2019.
Tuttavia, nel primo trimestre 2020 l’utilizzo su scala globale di energia rinnovabile è cresciuto dell’1,5% rispetto allo stesso periodo del 2019. Il calo della domanda energetica è stato assorbito quasi nella sua interezza dal disimpiego di centrali alimentate da fonti fossili. Come conseguenza, nei sistemi elettrici di quasi tutti i Paesi europei, il mix di generazione da FER ha incrementato il proprio peso. La generazione rinnovabile di energia elettrica è aumentata di quasi il 3%, portando la quota di energia elettrica generata da FER dal 26% al 28% della produzione totale. Il solare e l’eolico hanno raggiunto il 9%, in aumento di un punto percentuale rispetto al primo trimestre 2019.
In questo caso, le proiezioni per il 2020 dell’IEA evidenziano una crescita della domanda globale di rinnovabili dell’1% a fine anno, le uniche tra le fonti previste crescere. L’espansione del solare e dell’eolico è attesa essere alla base di un incremento del 5% a fine anno della generazione elettrica da fonti rinnovabili.
Tuttavia, se da un lato è stato politicamente ribadito con forza il ruolo delle rinnovabili nella ripresa economica post-Covid-19 e nel raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione - che permangono e sono rafforzati - dall’altro è essenziale ripensare il ruolo che lo Stato può ricoprire nel contesto della transizione energetica.
Il ritmo di crescita di capacità installata aggiuntiva di FER potrebbe calare nel 2020 come conseguenza del ritardo nel settore delle costruzioni e delle interruzioni nelle catene del valore. Aggiungere capacità installata è di vitale importanza per l’Italia e per il raggiungimento degli obiettivi FER fissati dal PNIEC al 2030. Al fine di colmare l’attuale gap impiantistico (sia di solare che di eolico), è fondamentale accelerare l’iter amministrativo e autorizzativo per la realizzazione di nuovi impianti, le cui tempistiche, in alcuni casi, superano in media i 6 anni per gli impianti utility-scale, che insieme al revamping e repowering degli impianti già esistenti e all’installazione diffusa di piccoli impianti sono fondamentali per raggiungere i target al 2030.
In una visione strategica di lungo termine, grande importanza deve essere rivestita dai cosiddetti “quick win”, come le energy community, abilitatori di flessibilità e diffusione delle FER, soprattutto nel settore residenziale. In Italia, l’installazione diffusa degli impianti si lega a una tendenza visibile negli anni in cui si è assistito alla costante riduzione della taglia media degli impianti fotovoltaici. Infatti, il numero di installazioni è cresciuto a velocità significativamente maggiore della potenza installata, a testimonianza di un ruolo crescente delle infrastrutture di più piccola dimensione. Nel 2019, i 55.797 impianti che ricadono nelle categorie dimensionali tra 1 e 3 kW e tra 3 e 20 kW, pari al 96% del nuovo installato, hanno generato solo il 36,2% della potenza installata aggiuntiva.
Taglia media degli impianti fotovoltaici in Italia (kW) - 2008-2019.
Fonte: elaborazione The European House – Ambrosetti su dati GSE, 2020.
Inoltre, l’opportunità economica per l’Italia di sfruttare la crescita delle FER è legata allo sviluppo di una filiera nazionale delle nuove tecnologie. Il futuro delle FER passa necessariamente da investimenti sia su tecnologie innovative sia dalla capacità di integrare queste tecnologie in sistemi energetici sempre più interconnessi, digitalizzati e intelligenti, creando una simbiosi tra efficienza energetica e produzione rinnovabile.
Risulta fondamentale fare leva sulla presenza di grandi gruppi energetici in grado di promuovere lo sviluppo delle filiere con l’attuazione di progetti pilota su vasta scala. Il ruolo dello Stato, in questo caso, potrebbe essere quello di supportare i gruppi energetici nel trasformarsi in capofila della realizzazione di nuovi sistemi energetici abilitati dalle FER e stimolare l’innovazione del settore manifatturiero italiano, ancora troppo frammentato.
Le FER si pongono al centro dei piani green di ripresa economica di Paesi europei. Il Green Deal e i fondi di Next Generation EU costituiscono un’opportunità “storica” di accrescere gli investimenti dell’Europa e dei Paesi membri indirizzandoli verso settori strategici, come quello energetico e delle FER. Tuttavia, senza una strategia di lungo periodo che consideri i nuovi equilibri energetici globali e continentali, i Paesi membri potrebbero non essere in grado di valorizzare gli investimenti e di non raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione fissati nei propri PNIEC al 2030.