Il 2020 era iniziato con il riaffacciarsi della speranza di un rientro della controversia tra Usa e Cina e con la fine dell’incertezza sull’uscita dalla UE della Gran Bretagna. Il mercato del petrolio si era andato rafforzando anche sullo sfondo di un contesto geopolitico sempre più complesso e dell’atteggiamento dell’“OPEC Plus” che dava segnali di voler controllare la produzione per ridurre l’eccesso di offerta. A questo rafforzamento tecnico si era aggiunto il netto peggioramento del quadro geopolitico con due focolai  di crisi: quello libico con le truppe del generale Haftar arrivate nei dintorni di  Tripoli e quello iracheno-iraniano, dapprima con l’assalto all’Ambasciata americana e poi con l’uccisione da parte americana del generale iraniano Soleimani, animatore di tutte le iniziative per l’allargamento della sfera di influenza iraniana nel Medio Oriente.

Su questa scena, già molto movimentata, si è aggiunto un nuovo protagonista che si è rivelato capace di influenzare il mercato del petrolio: il coronavirus. L’esplosione di un focolaio di infezione nella città cinese di Wuhan ha indotto le autorità cinesi ad adottare misure eccezionali per isolare l’intera provincia con una popolazione equivalente a quella dell’Italia. Tra le misure adottate anche il blocco di molte attività produttive e restrizioni ai movimenti di persone e merci da e verso la Cina, ben evidenziata dalle immagini delle città senza traffico. La domanda di petrolio, per circa il 65% costituita da prodotti leggeri e medi (benzine e gasoli), ha subito un immediato contraccolpo che, considerato il peso della Cina nel bilancio petrolifero mondiale (13 milioni di b/g), si è tradotto in forti riduzioni delle quotazioni amplificate dal classico gioco delle aspettative.

Così già alla fine di gennaio, si sono evidenziate sensibili differenze tra i massimi toccati all’inizio mese, nel momento di massima tensione tra Iran e Stati Uniti, con il Brent balzato a quota 70,3 doll/bbl, e i valori di venerdì 31 gennaio con il Brent crollato a 56,6 doll/bbl sotto l’effetto dell’esplosione del contagio. Analogamente la quotazione della benzina Cif Genova, prodotto molto sensibile ai cambiamenti del clima di mercato, dopo aver toccato un massimo di 629,8 doll/ton è poi scesa, sul finire di gennaio a 557,5 doll/ton.

Le preoccupazioni sulle conseguenze negative sul piano economico-industriale del contagio da coronavirus hanno continuato ad influenzare i mercati anche nella prima parte di febbraio, dal momento che le misure di emergenza adottate dalle autorità cinesi e da altri paesi non sono riuscite a bloccare l’aumento delle persone colpite dal virus. Le quotazioni dei principali greggi hanno così registrato nuove riduzioni con conseguenze anche sui rapporti tra Arabia Saudita e Russia, divise sulle strategie da adottare per contrastare il crollo dei prezzi del greggio e quindi delle entrate da esportazioni. La prima settimana di febbraio è stata contraddistinta da una quotazione media del Brent di 54,8 doll/bbl in calo del 15% rispetto alla media del 2019. Cali decisamente allarmanti anche per la rapidità con la quale sono intervenuti. La quotazione media settimanale del WTI è stata di 50,3 doll/bbl, poco sopra la soglia di supporto di cinquanta dollari. Anche il mercato dei prodotti ha continuato la sua marcia al ribasso, anche se a velocità inferiore a quella dei greggi. La quotazione della benzina Cif Med in media settimanale è scesa a 547,7 doll/ton., in calo del 7,5% rispetto a gennaio.  La media del diesel Cif Med, che ha perso maggiore terreno rispetto alla benzina, è stata pari a 507,2 doll/ton.

A metà del mese il profilo ribassista si è arrestato in relazione ad alcuni segnali di miglioramento della situazione in Cina con la netta riduzione dei nuovi casi, l’aumento delle guarigioni, e la ripesa di alcune attività. Questa fase è stata però di breve durata in ragione dell’estendersi del contagio ad un numero sempre più grande di paesi, con in primo piano la Corea, il Giappone, l’Iran e l’Italia dove si sono sviluppati due pericolosi focolai nell’area del paese che più contribuisce alla formazione del PIL.

Le speranze di un rapido rientro dalla crisi scatenata dall’epidemia di coronavirus, che era sembrata circoscrivibile, hanno così lasciato il posto ad uno scenario di diffusione molto più ampio e, quindi, ad un diffuso pessimismo sulle prospettive di crescita del PIL mondiale condiviso dal FMI e da altri centri e istituti finanziari. Si è così arrivati al venerdì nero del 28 febbraio che ha concluso un mese davvero difficile con effetti di trascinamento anche su quelli successivi.

Il prezzo del Brent, a metà gennaio ancora sui 65 doll/bbl, è sceso nell’ultima giornata di contrattazioni, il 28 febbraio, a quota 49,9 doll/bbl con un calo del 33,3%. In media mensile, a febbraio il prezzo del Brent è stato pari a 55,4 doll/bbl rispetto ai 63,8 del mese precedente con una flessione del 13,2%. Il calo non è stato peraltro continuo ma molto contrastato come evidenziato dalla varianza dei valori giornalieri, molto più elevata di quella del mese precedente. Anche le quotazioni del greggio americano WTI, in media mensile, hanno subito una sensibile riduzione passando dai 57,6 doll/bbl di gennaio ai 50,7 di febbraio con una flessione del 12,0%. 

Quotazioni giornaliere del Brent e del WTI (ottobre 2019-marzo 2020)

Fonte: Elaborazioni su dati stampa specializzata 

L’effetto coronavirus si è fatto sentire anche sui mercati delle altre fonti fossili: il  gas naturale si è trovato a fronteggiare un brusco calo di domanda a partire da quella cinese che si è poi esteso a quella europea. Il prezzo rilevato all’Hub TTF olandese è sceso in media mensile a 2,9 doll/Mbtu rispetto ai 3,7 di gennaio, già in sensibile calo rispetto a dicembre, del tutto in contrasto con la stagionalità che in questa fase sta giocando un ruolo molto marginale. Anche i prezzi del carbone si sono mossi al ribasso con quello commercializzato a Rotterdam, pari a 48,2 doll/tonn in flessione del 5% rispetto a gennaio ma del 40% rispetto a gennaio 2019.

Stessa dinamica anche per il mercato dei prodotti. Nell’ultima settimana del mese di febbraio la quotazione media della benzina Cif Med è stata pari a 506,8 doll/ton in riduzione del 10,3 % rispetto a quella precedente, ma con un valore di fine settimana di 466,5 doll/t a sottolineare l’entità del crollo degli ultimi giorni. Il diesel con una media settimanale di 471,6 doll/ton ha perso il 9,5% rispetto alla precedente riducendo il differenziale con la benzina a 35,2 doll/ton. Il mercato degli oli combustili (O.C.) è stato caratterizzato ancora da andamenti divergenti con un calo del 12,1% dell’O.C. a basso tenore di zolfo sino a 348,5 doll/ton, mentre l’O.C. ad alto tenore si è portato a 261,2 doll/ton con una flessione dell’8,7%; in tal modo il differenziale tra i due prodotti è sceso sotto quota 100 attestandosi a 87,3 doll/ton dopo aver toccato i 236 doll/ton. all’inizio dell’anno

Quotazioni Benzina e Diesel (ottobre 2019-marzo 2020)

Fonte: Elaborazioni su dati stampa specializzata

La nota di pessimismo che aveva caratterizzato la conclusione del mese di febbraio si è ulteriormente rafforzata nel corso della prima settimana di marzo. Le notizie sempre più preoccupanti sulla rapida diffusione del coronavirus in ambiti sempre più vasti in Asia e in Europa, con la moltiplicazione dei focolai, hanno definito uno scenario molto preoccupante che sta spingendo i governi ad adottare misure di contrasto sempre più stringenti.

I prezzi del petrolio, che continuano ad essere un buon termometro della situazione economica di breve termine, dopo un tentativo di recupero all’inizio della prima settimana di marzo sono poi crollati nella giornata di venerdì 6 marzo in concomitanza con il peggioramento della situazione in Europa e con l’aumento dei casi di contagio anche negli Stati Uniti. In particolare, il prezzo del Brent, dopo essersi portato nella giornata di lunedì 2 sui 52 doll/bbl è letteralmente crollato in chiusura di settimana a 45,5 doll/bbl portando la media settimanale a 50,4 doll/bbl, molto lontano dal valore medio del 2019 pari a 64,3 doll/bbl. All’apertura del 9 marzo i mercati del petrolio hanno registrato nuove pesantissime perdite con la rottura di tutte le soglie di resistenza, con il Brent verso i 36 doll/bbl che apre nuovi inquietanti scenari, in concomitanza con nuove perdite sulle principali piazze finanziarie. Sullo sfondo l’accentuarsi del dissidio tra l’OPEC “tradizionale” e la Russia sulle misure da adottare per contenere il surplus di greggio che si va profilando con impatti drammatici sui mercati.

L’impatto negativo del Covid19 - come è stato definito dopo la fase iniziale il coronavirus - sull’economia mondiale si va quindi facendo sempre più pesante anche se le quantificazioni sono ancora incerte. Le ultime proiezioni macroeconomiche prospettano un 2020 in netto rallentamento anche a causa dell’incertezza che continua a gravare sui tempi necessari al superamento dell’emergenza. Il primo trimestre sembra comunque compromesso con un possibile effetto trascinamento sui periodi successivi. Per quanto riguarda il mercato petrolifero si può ipotizzare che la situazione di surplus di offerta continuerà a manifestarsi con un impatto negativo sui prezzi che, in questo contesto, difficilmente potranno stimolare la domanda secondo lo schema del “cavallo che non beve”. Analogamente, il rallentamento dell’economia inciderà negativamente sui prezzi del gas naturale.

In conclusione, tutte le componenti dell’industria energetica si profilano come vittime del Covid19 con effetti molto pesanti sulla redditività e sui nuovi investimenti senza escludere quelli in fonti rinnovabili.