Dai libri di università al territorio, tutti si chiedono quando l’idrogeno entrerà nella vita quotidiana dei cittadini italiani ed europei. Ed è questa la principale domanda che abbiamo posto a Piergabriele Andreoli, da 8 anni direttore dell’Agenzia per l’Energia e lo Sviluppo Sostenibile (AESS), un’associazione legalmente riconosciuta e senza scopo di lucro per lo sviluppo energetico sostenibile del territorio di Modena e dell’Emilia Romagna, che mira a concretizzare l’innovazione in campo energetico.
Il ruolo dei gas rinnovabili, e in particolare dell’idrogeno, per contrastare i cambiamenti climatici e l’inquinamento atmosferico è ormai un dato di fatto. Quali sono le principali virtù di questa fonte e quali i suoi principali utilizzi?
L’idrogeno è un elemento chimico molto versatile, reattivo (per questo non si trova libero in natura), ed in grado di accumulare molta energia. Essendo il costitutivo di base dell’acqua, è abbondante e disponibile con relativa economicità. Per estrarre idrogeno dall’acqua serve elettricità e, se questa è rinnovabile, si riesce a produrlo senza emissioni. Facendo il processo inverso, si ottiene dall’idrogeno elettricità e calore per gli scopi più diversi (trasporto e riscaldamento i più importanti), con la produzione di acqua e senza l’emissione di altri inquinanti come la CO2. L’idrogeno è la base inoltre per produrre i gas rinnovabili e i combustibili di sintesi da lei richiamati (metano, metanolo) o per realizzare fertilizzanti, alimenti e metalli. In sintesi queste le sue più grandi virtù: il ciclo dell’idrogeno non ha impatti inquinanti né locali né globali se prodotto da fonti rinnovabili e da elettrolisi dell’acqua (e non da metano fossile come nel 95% dei casi attuali), e può agire da accumulo per l’energia rinnovabile. Inoltre l’idrogeno può essere prodotto dai rifiuti plastici degli imballaggi di uso comune, come ENI e altre aziende europee tra cui PowerHouse Energy si apprestano a fare: questo concede all’idrogeno anche la virtù di valorizzare e recuperare la plastica.
Secondo uno studio di Mckinsey, di recente pubblicazione, per l’Italia l’idrogeno potrebbe svolgere un ruolo di primo piano nel processo di transizione energetica e in uno scenario di profonda decarbonizzazione questa fonte potrebbe coprire quasi un quarto del fabbisogno energetico italiano al 2050. Quali sono le ragioni che spiegano una tale assunzione?
I più recenti obiettivi dell’Unione Europea per la tutela dell’ambiente, ma in fondo anche per una maggiore competitività economica e creazione di posti di lavoro, pongono al 2050 emissioni zero di CO2 in tutti i settori. In questo scenario di “decarbonizzazione” si dovranno sostituire i combustibili fossili in tutti gli usi industriali e finali che oggi conosciamo rimpiazzandoli con alternative. L’esempio più immediato e vicino alla nostra percezione è quello dei trasporti. Al 2050 si dovrà avere un parco circolante di auto, camion, bus, treni, navi, aerei che usa elettricità diretta, accumulata in batterie o prodotta da idrogeno nelle fuel cell, o che usa metano e metanolo sintetizzati da idrogeno o prodotti da fonte biologica. L’idrogeno abiliterebbe molte di queste soluzioni. Ma anche l’industria in generale dovrà riconvertirsi, e l’idrogeno può essere un elemento chiave per ridurne l’impatto ambientale. In Germania sono in corso di avviamento acciaierie pilota che useranno idrogeno al posto del carbone. L’uso dei combustibili fossili è così pervasivo nell’industria e nella vita quotidiana di tutti noi che pensare ad un azzeramento per essi fa necessariamente arrivare ai numeri dello studio di Mckinsey. Seguendo i recenti dibattiti organizzati da Snam sul tema, ci si è potuto rendere conto dalla platea degli invitati, dei tantissimi settori industriali e applicativi che l’uso dell’idrogeno coinvolgerà per la “decarbonizzazione” dell’economia. E questa è una buona notizia anche per l’economia italiana.
Tra gli utilizzi, il trasporto è uno dei più importanti. Basti contare che in Europa questo settore incide per oltre il 33% sui consumi finali di energia. Che ruolo potrà avere l'idrogeno nella sfida per contenere e ridurre le emissioni in questo comparto? Quali infrastrutture servono?
Come si diceva, la sfida nel settore dei trasporti è una delle più importanti e il dato che riporta ne misura l’intensità. Si tratta di sostituire i motori a combustione interna come li conosciamo oggi con fuel cell a idrogeno puro o a metanolo, che affiancheranno i veicoli a batteria. In una nicchia rimarranno i motori a biometano o metano di sintesi prodotto a partire da idrogeno. Tutte queste soluzioni sono a emissioni zero di anidride carbonica, e l’idrogeno ne sarà il “mattone fondamentale”. L’infrastruttura di base sarà quella che sosterrà una produzione decentralizzata di idrogeno da diverse fonti, grazie a una rete elettrica rinnovata e sempre più smart, così come infrastrutture per trasformare idrogeno in combustibili di sintesi. Come già immaginato e in realizzazione in Giappone, si dovrà pensare per l’Italia anche ad una infrastruttura di importazione di idrogeno dall’estero (Nord Africa negli scenari in discussione). Nel 2040 si prevede l’avvio in Francia del primo reattore di fusione nucleare (ITER) su scala industriale: in questo caso senza scorie radioattive. Tale tecnologia potrebbe affiancare la produzione di elettricità da fonti rinnovabili comunque da ampliare, per produrre idrogeno pulito senza emissione di CO2. E poi ovviamente le stazioni di rifornimento di idrogeno, combustibili di sintesi ed elettricità gradualmente dovranno sostituire le attuali reti di distribuzione di benzina, gasolio e gpl. Un enorme e pervasivo rinnovo infrastrutturale.
L'Emilia Romagna è da sempre patria di motori ma purtroppo anche di inquinamento e polveri sottili dovuti alla conformazione della Pianura Padana. Come si può sfruttare questa coincidenza e che iniziative ci sono in essere sul territorio regionale?
Da più di un anno stiamo lavorando per promuovere delle iniziative concrete in tale direzione e molte sono le attività in corso. Come AESS abbiamo raccolto il testimone del lavoro di sensibilizzazione avviato dal Comune di Spilamberto con il convegno del novembre 2018 e portato avanti insieme a Confesercenti Modena, FAIB, Camera di Commercio, Comune e Provincia di Modena nei mesi successivi. Ci coordiniamo con quanto promosso dal Clust-ER regionale Greentech sul tema (con i contributi dei diversi soci, in particolare di UniMoRe, LEAP, CRPALab ed UniBo) e con le tante aziende del territorio che già sono attive nella filiera dell’idrogeno. Anche la Regione con i suoi rappresentati istituzionali è impegnata sul tema. Da alcuni mesi infatti, insieme alla Provincia di Modena, la Regione è attiva presso la Piattaforma Europea S3 all’interno del partenariato “European Hydrogen Valleys” che ha tra gli obiettivi quello di supportare l’implementazione di progetti e piani regionali per lo sviluppo delle tecnologie in ambito idrogeno. Nei prossimi mesi saremo presenti con aziende, università e centri ricerca regionali su diversi tavoli di lavoro specifici creati con l’intento di definire possibili proposte progettuali e partecipare poi a futuri programmi di finanziamento UE. Ci teniamo in contatto anche con chi in Italia è più avanti nel percorso, come il Trentino Alto Adige ed in particolare con l’IIT di Bolzano, e con realtà come l’Associazione Italiana Idrogeno. Un lavoro che speriamo ci porti a fare un passo avanti verso un futuro più sostenibile e che contribuisca a creare nuovi posti di lavoro, in una terra che è stata e sarà sempre di motori, a cui speriamo di poter aggiungere la nuova realtà dell’idrogeno.