I recenti regolamenti europei hanno disposto l’obbligo per gli Stati membri di produrre entro il 1° gennaio 2019 un Piano Nazionale Integrato per l’Energia e Clima (PNIEC). Sulla base di tali indirizzi, il Ministero dello Sviluppo Economico italiano ha inviato all’UE una proposta di PNIEC, che delinea una roadmap al 2030 per il settore energetico nazionale su cinque dimensioni: decarbonizzazione, efficienza energetica, sicurezza energetica, mercato interno dell’energia, ricerca, innovazione e competitività. Il documento copre il periodo dal 2021 al 2030 e sarà rielaborato successivamente con cadenza decennale. L’approvazione del piano è stata subordinata ad un processo di consultazione iterativo tra Commissione e Stati membri.

Il PNIEC ritiene l’integrazione delle rinnovabili nel sistema elettrico un elemento strategico per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione prospettati dalla UE: il Piano punta infatti ad innalzare entro il 2030 (vedi tabella) la penetrazione delle FER al 30% dei consumi finali lordi di energia (obiettivo in linea con i requisiti UE per l’Italia) e al 21,6% dei consumi finali lordi di energia nei trasporti (rispetto al 14% previsto dalla UE).

Principali obiettivi su energia e clima dell’UE e dell’Italia al 2020 e al 2030

Fonte: PNIEC

L’accoglimento in sicurezza di quote di rinnovabili così elevate richiede tuttavia un adeguato aumento di flessibilità da parte del sistema elettrico. Tale obiettivo è perseguito nel PNIEC estendendo principalmente la partecipazione al mercato a nuove risorse flessibili, sia di carattere passivo (carico) che attivo (generazione distribuita e rinnovabile non programmabile).

Elementi abilitanti di questa evoluzione non sono solo le nuove tecnologie, in particolare quelle provenienti dal mondo delle telecomunicazioni, in grado di consentire lo scambio di informazioni tra utenti, soggetti di mercato (ad es. aggregatori) e gestori di rete, ma anche e soprattutto un quadro regolatorio capace di supportare efficacemente la partecipazione di tutti i soggetti coinvolti (anche quelli soggetti a limitazioni e vincoli di fornitura specifici per determinati servizi, come il carico e la generazione da FER), evitando al contempo inefficienze e costi inutili per il sistema.

Benché sperimentazioni siano già in atto per studiare modalità ed effetti di una maggiore apertura del mercato elettrico (vedi Del. ARERA 300/2017/R/eel), è noto che i nuovi soggetti che vi avranno accesso si troveranno di fronte un compito arduo: il bilanciamento e dispacciamento di aggregati di impianti da FER di varia natura e carichi, proprio in ragione della loro forte disomogeneità, scarsa prevedibilità e controllabilità, possono risultare estremamente complessi. Questo fatto è ancor più evidente immaginando tali utenti soggetti a regole analoghe a quelle oggi vigenti per gli impianti di tipo tradizionale.

Per facilitare l’apertura del mercato, un tema attualmente oggetto di acceso dibattito è se, e con quali modalità, sia opportuno consentire agli utenti del dispacciamento di definire con maggiore libertà i propri programmi di carico/produzione. Questo comporterebbe una progressiva evoluzione dall’attuale modello centralizzato di dispacciamento (noto in letteratura come Central Dispatch) verso un modello maggiormente decentrato (cosiddetto Self Dispatch).

I due modelli presentano alcune importanti differenze. Nel modello Central Dispatch i programmi di produzione e consumo degli impianti sono determinati dal TSO (in Italia, Terna) nell’ambito del cosiddetto Integrated Scheduling Process (ISP). Il dispacciamento viene quindi effettuato a livello centrale tenendo conto dell’entità, delle caratteristiche e dei vincoli di esercizio di tutte le risorse di bilanciamento a disposizione e della necessità complessiva di bilanciamento da parte del sistema elettrico.

Viceversa, nel modello Self Dispatch, agli utenti del dispacciamento è lasciata la facoltà di determinare piuttosto liberamente i programmi di produzione e consumo degli impianti nel rispettivo portfolio. Questi soggetti (cosiddetti Balance Responsible Party, BRP) sono poi tenuti a garantire l’equilibrio tra domanda e offerta all’interno del proprio gruppo di bilanciamento (generazione interna al portfolio e potenza acquistata dall’esterno devono uguagliare consumi interni e cessioni) e sono i responsabili di eventuali sbilanciamenti.

Tale evoluzione, già prevista dal Regolamento (EU) 2017/2195, costituisce di fatto un allineamento alla situazione più diffusa in ambito europeo: il modello Self Dispatch è infatti impiegato oggi, seppur con significative differenze, in larga parte dei paesi europei esclusa l’Italia (vedi fig.); viceversa, il Central Dispatch adottato nel nostro Paese è storicamente il modello che va per la maggiore oltreoceano (ad es. New England, PJM, Midwest, New York, California).

Modello di bilanciamento adottato nei Paesi Membri UE

Fonte: ENTSO-E WGAS, Survey On Ancillary Services Procurement, Balancing market Design 2018

Benché il PNIEC, sulla scia dei regolamenti europei, vada in una direzione ben precisa, anche in un’ottica di un’inevitabile e necessaria armonizzazione delle regole tra i vari Stati Membri, il modello Central Dispatch può considerarsi oggi tutt’altro che superato. Il Regolamento (EU) 2017/2195 ha previsto che i TSO come Terna che lo applicano possono continuare ad utilizzarlo, notificandolo all’Autorità di regolazione competente. Tale parziale apertura consegue ad aver riconosciuto al modello delle potenzialità: nell’assetto Central Dispatch il TSO ha infatti tutti gli elementi (almeno in teoria) per movimentare le risorse di dispacciamento più convenienti disponibili ed acquisire in sicurezza i servizi richiesti per realizzare le regolazioni centralizzate, di tensione e di frequenza. Il maggior lavoro di regìa centrale affidato al TSO si traduce quindi in uno schema in grado di conseguire, seppur con i dovuti aggiustamenti, addirittura una migliore efficienza di esercizio del sistema rispetto al modello Self Dispatch.