La cogenerazione, vale a dire la produzione combinata di energia elettrica e calore, è pratica ampiamente diffusa nel nostro Paese: ad esempio nel 2017, ultimo anno su cui abbiamo dati certi, la produzione termoelettrica netta italiana da impianti cogenerativi (106.626,2 TWh) è stata superiore a quella prodotta da centrali che producono solo energia elettrica (93.096,2 TWh). In termini generali, il rendimento complessivo (elettrico lordo + termico) medio degli impianti industriali di cogenerazione è risultato inferiore al 65%, un dato che evidenzia come buona parte del calore potenzialmente recuperabile venga in realtà dissipato.
Ben diversa è invece la diffusione della micro-cogenerazione (cioè gli impianti la cui la potenza elettrica è inferiore a 50 kWe), che ad oggi ha un’incidenza del tutto marginale sul bilancio energetico nazionale. Nel 2005, in occasione della presentazione del mio libro “La micro-cogenerazione a gas naturale”, proiettai la diapositiva seguente:
Più di dieci anni sono passati e il mio auspicio non si è avverato. Oggi provo a riproporlo, in un contesto che è variato e si presenta più favorevole. Innanzitutto, la rete elettrica nazionale ha cambiato faccia: oggi, grazie all’impetuoso sviluppo del fotovoltaico, molte centinaia di migliaia di piccoli produttori scambiano energia con la rete, dimostrando la fattibilità di una “generazione distribuita”. La tecnologia dei micro-cogeneratori ha fatto passi da gigante, non solo in termini di rendimenti e di affidabilità, ma, soprattutto, in termini di abbattimento delle emissioni. I formidabili progressi dell’informatica e delle telecomunicazioni rendono plausibili scenari per una gestione ottimizzata di parchi di micro-cogeneratori al servizio della rete. Infine, è cresciuta la sensibilità verso l’esigenza di percorrere un cammino che porti a una progressiva decarbonizzazione, puntando non solo sulle rinnovabili, ma anche sull’ efficienza energetica.
Merita rilevare, inoltre, che la micro-cogenerazione è, in termini energetici, molto più virtuosa della cogenerazione industriale, dal momento che utilizza motori che recuperano tutto il calore disponibile e raggiunge quindi rendimenti complessivi (elettrico+termico) prossimi al 100%. Questo fa sì che la sostituzione di una caldaia esistente con un micro-cogeneratore consenta di generare energia elettrica aggiuntiva con rendimento prossimo al 100%. Un esempio chiarisce questo concetto: si consideri una caldaia da 30 kW termici che in un anno lavora per 1500 ore equivalenti, con una produzione di energia termica pari 45 MWh termici e con un rendimento medio del 90%. Sostituendola con un micro-cogeneratore avente rendimento elettrico del 25% e rendimento termico del 65%, la stessa produzione di energia termica (45 MWh) comporterà una produzione elettrica pari a: 45*25/65= 17,3 MWhe. Nel primo caso (caldaia) si consumeranno 45/0,9 = 50 MWh di gas naturale, nel secondo 45/0,65= 69,2 MWh. Il risultato netto è che si sono prodotti 17,3 MWhe con un consumo aggiuntivo pari a 69,2-50=19,2MWh, con un rendimento quindi pari a 17,3/19,2= 90%, quasi doppio rispetto a quello medio delle centrali a ciclo combinato (nel 2017, pari a 51,8%).
In un’ottica moderna di generazione distribuita, una diffusione capillare di micro-cogeneratori è, a mio parere, tecnicamente fattibile e auspicabile e consentirebbe ingenti risparmi di energia primaria, contribuendo ai tanto sperati processi di decarbonizzazione. Diversamente dall’energia fotovoltaica, che non può essere programmata, l’energia da micro-cogenerazione può essere considerata a tutti gli effetti dispacciabile ed è quindi molto più pregiata. Si potrebbe attivare un’interessante sinergia fra fotovoltaico e micro-cogenerazione, dal momento che la produzione elettrica dai micro-cogeneratori sarebbe disponibile soprattutto nel periodo invernale, proprio quando l’apporto fotovoltaico è minore.
Una sostituzione capillare di caldaie con moderni micro-cogeneratori potrebbe inoltre fornire un importante contributo al drammatico problema dell’inquinamento atmosferico, particolarmente grave nella Pianura Padana, abbattendo drasticamente le emissioni degli inquinanti più preoccupanti per la qualità dell’aria che respiriamo, gli ossidi di azoto, che oltre ad essere nocivi quando sono gassosi, sono anche precursori nella formazione di particolato.
Anche qui qualche numero può essere utile per quantificare le virtù della micro-cogenerazione: consideriamo un moderno micro-cogeneratore, il cui motore termico sia dotato delle più sofisticate tecniche di controllo della combustione e di abbattimento delle emissioni, che produca una certa potenza termica X e una certa potenza elettrica Y. Supponiamo ora di produrre lo stesso calore X con la migliore caldaia oggi sul mercato e di produrre la stessa potenza Y con la migliore centrale termoelettrica oggi esistente, vale a dire un ciclo combinato. Se confrontiamo le emissioni di ossidi di azoto dei tre sistemi, otteniamo la seguente situazione: fatte 100 le emissioni del micro-cogeneratore, quelle della caldaia saranno 426 e quelle del ciclo combinato saranno pari a 450. In totale, la sostituzione della caldaia col micro-cogeneratore riduce le emissioni di ossidi di azoto di un fattore pari a 8,76. Se invece di considerare una caldaia di ultima generazione avessimo fatto riferimento alle emissioni medie del parco esistente, la riduzione di emissioni sarebbe stata molto superiore.
È sulla scorta di questi dati che il recente position paper “La micro-cogenerazione: un futuro intelligente e sostenibile per l’energia” propone ai decisori politici di incentivare la rottamazione di impianti termici non più compatibili con le vigenti normative sulle emissioni e la loro sostituzione con altre tecnologie più efficienti tra le quali la micro-cogenerazione, purché caratterizzate da emissioni di NOx e CO nettamente inferiori alle più stringenti normative vigenti.