Dopo due anni, il 2015 e il 2016, di calo dei consumi a livello mondiale e di prezzi in ripiegamento, i giochi sembravano fatti: il carbone si avviava verso un declino giustificato dagli impatti ambientali generati dalla sua combustione.

E invece questa traiettoria è stata messa in discussione nel 2017 e, senza dubbio, anche nel 2018: con una ripresa della domanda a 5.383 milioni di tonnellate equivalenti carbone (mil. tec) e con prezzi che si sono portati fino a 100 doll/ton. Il tutto si è tradotto in un aumento dell’1,7% delle emissioni di gas ad effetto serra (GHG) nel 2017, incremento che ci si attende anche nell’anno che sta volgendo al termine con impatti negativi per il clima. Pertanto, le politiche energetiche volte a limitare il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici devono puntare a ridurre l'uso del carbone, così come indicato nello Scenario Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Scenario -SDS) dove la sua quota sul consumo totale di energia primaria passa dal 27% del 2017 al 12% del 2040.

Tuttavia, il trend descritto negli altri due scenari del WEO2018 è molto diverso: lo Scenario Nuove Politiche (New Policies Scenario -NPS) - in cui si assume che anche gli impegni e le politiche ad oggi solo annunciati dai governi vengano rispettati - stima un peso del carbone ancora pari al 22% al 2040, percentuale che si mantiene addirittura al 25% nello Scenario Politiche Correnti (Current Policies Scenario -CPS) che invece tiene conto solo delle politiche effettivamente implementate.

Pertanto, tra la sostanziale stabilità indicata nel NPS e la crescita media annua di circa l’1% stimata nel CPS, è molto probabile che il consumo mondiale di carbone non seguirà la direzione auspicata dalle politiche di salvaguardia del clima. Perché una simile resistenza? Le risposte vanno cercate sia lato offerta che, soprattutto, lato domanda, specie in riferimento alla sua principale componente rappresentata dalle centrali termoelettriche a carbone che oggi contribuiscono per il 40% alla generazione mondiale di elettricità. Che ruolo avranno dette centrali in un sistema di generazione che sta attraversando “la trasformazione più radicale che si sia vista a partire dalla sua nascita, avvenuta oltre un secolo fa”? E quella flessibilità che l’elettricità da carbone assicura in un sistema sempre più bisognoso di compensare l’intermittenza delle fonti rinnovabili potrà essere comunque garantita nei prossimi anni? Da una regione all’altra del globo, le misure politiche chiamate a rispondere a questo interrogativo variano considerevolmente.

Sicuramente, la prospettiva di un carbone ancora ben presente nel bilancio energetico globale del 2040 è principalmente legata ai fondamentali favorevoli lato offerta, in termini di riserve e di costi d’estrazione. Si tratta di condizioni che, per essere mantenute, necessitano di investimenti nell’ordine dei 370 miliardi di dollari (dollari reali 2017) da qui al 2040, equamente ripartiti tra l'apertura di nuove miniere (progetti greenfield) e l’estensione di quelle esistenti (brownfield): un ammontare ancora sostenibile per l'industria del carbone, ormai principalmente focalizzata in Asia-Pacifico.

Tuttavia, senza una domanda robusta, la produzione a basso costo non potrà far molto per sostenerne i consumi. Pur passando da una quota del 35% nel 2017 al 37% nel 2040, i consumi dell’industria risentiranno del minor apporto della siderurgia dove il carbone che alimenta l'altoforno sarà sempre più in competizione con l'acciaio utilizzato nei forni elettrici; analogamente, altri settori industriali come i cementifici o la chimica ricorreranno sempre più al coal-to-gas o al coal-to-liquids, in particolare in Cina. Il resto della domanda muoverà dalla produzione termoelettrica che in alcuni paesi rimane competitiva per ragioni sia economiche che politiche.

Questo non sarà di certo il caso dell’Europa, dove la domanda complessiva di carbone dovrebbe scendere da 475 a 240 mil. tec tra il 2017 e il 2040, né del Nord America, dove nel medesimo arco temporale si passerà da 513 a 341 mil. tec, di cui 330 concentrati negli Stati Uniti (NPS). In questi paesi, alla chiusura di centrali termiche a carbone che hanno un’età media superiore ai 40 anni non seguirà la costruzione di nuove. Ciò è dovuto alla forte concorrenza esercitata dal gas naturale negli States e alle politiche climatiche e ambientali in Europa, che favoriscono le filiere di generazione green, in primo luogo eolico e solare fotovoltaico, i cui costi continueranno a scendere.

Viceversa, il carbone conoscerà un trend di crescita in India, passando da 572 a 1.240 mil. tec, con una quota di questa fonte sul mix di generazione elettrica ancora superiore al 50% nel 2040 (NPS). La domanda crescerà da 180 a 398 mil. tec anche nei paesi del Sud-Est asiatico, dal Vietnam al Pakistan, dove le centrali termoelettriche a carbone hanno un’età inferiore a 15 anni e si continuerà a costruirne di nuove. A seguire, diversi paesi dell'Africa meridionale e del Medio Oriente stanno iniziando a mettere in cantiere diversi progetti.

Tutti questi stati non dispongono di riserve abbondanti ma potranno contare sulla capacità di esportazione di quei paesi che non hanno ancora abbandonato lo sfruttamento delle loro abbondanti risorse interne: Indonesia, Australia e, sempre di più, la Russia che sta sviluppando le proprie infrastrutture portuali con lo scopo di “sfamare” il Giappone, la Corea del Sud, il Vietnam e altri paesi più a sud. Secondo il WEO 2018, il volume annuale del commercio internazionale dovrebbe rimanere stabile attorno ai 1.000 mil. tec, pari al 20% della produzione mondiale.

Relativamente alla Cina, che nel 2017 ha assorbito metà del consumo globale di carbone (2.753 mil tec) rimangono ancora incertezze. In continuità con gli anni 2014-2016, la sua domanda sembrerebbe interessata da un declino ormai strutturale. Nonostante i dubbi su una possibile ripresa dei consumi e della produzione, dovuta sostanzialmente alle difficoltà di sostituire rapidamente il carbone con il gas naturale o la generazione elettrica a carbone con fonti rinnovabili, il WEO 2018 indica al 2040 una domanda di 2.395 mil. tec (NPS), vale a dire una diminuzione media annua dello 0,6%.

Al di là delle differenze tra i paesi, la crescente consapevolezza ambientale - e quindi climatica - inciderà sempre di più sulle politiche energetiche: "le prospettive a lungo termine legate al carbone sono fortemente collegate all’evoluzione delle politiche", recita il WEO. Da un semplice laisser-faire a una penalizzazione delle fonti energetiche ad alto impatto carbonico, saranno proprio le politiche a definire quale traiettoria il carbone seguirà tra quelle proposte dagli scenari CPS, NPS e, forse con minore probabilità, SDS.