Il cambiamento climatico rappresenta una della più grandi sfide del secolo. I suoi impatti e la sua soluzione avranno ripercussioni fondamentali sull’economia, la società, l’ambiente e la tecnologia. Il recente rapporto dell’IPCC, Global Warming of 1.5 °C, ha evidenziato ancora una volta l’entità della sfida climatica, sottolineando gli impatti attesi e delineando le strategie di soluzione. Il rapporto ha mostrato come i danni climatici - in particolare per gli ecosistemi - siano sensibili all’aumento della temperatura e come il “risparmio” di mezzo grado Celsius (da 2 a 1,5° C) possa permettere di ridurre i rischi. Ha altresì chiarito la necessità di ridurre le emissioni in pochi decenni, portandole a zero a metà secolo, e come questo livello di ambizione sia incompatibile con le politiche attuali.

Il climate change è anche un problema estremamente complesso che richiede conoscenze interdisciplinari e allo stesso tempo specializzate. Questo articolo tenta di chiarire alcuni aspetti fondamentali della questione climatica, provando a rispondere alle seguenti domande. Qual è la relazione fra emissioni di gas serra e cambiamento climatico? Quali saranno gli impatti attesi sia fisici che economici? Quali sono le soluzioni per ridurre le emissioni e cosa comportano? Come i settori produttivi dovranno mitigare e adattarsi ai cambiamenti climatici? Quali sono le strategie di “resilienza” che imprese lungimiranti dovrebbero adottare?

Basandoci sulla scienza fisica e sull’economia del clima più attuale, inclusi i risultati di recenti ricerche alle quali abbiamo contribuito personalmente, riassumiamo di seguito una serie di punti chiave.

L’aumento di temperatura globale è direttamente proporzionale alle emissioni di CO2 passate, presenti e future. Pertanto, mantenere la temperatura al di sotto di un certo limite significa non eccedere un dato budget di emissioni di CO2, da utilizzarsi al meglio nel futuro. Ad esempio, mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C si traduce in un budget di emissioni di circa 800 miliardi di tCO2 per questo secolo. Le emissioni attuali sono di circa 40 Miliardi di tCO2 all’anno.

Le strategie di gestione del cambiamento climatico comprendono la riduzione dei gas serra (mitigazione) e la gestione dei danni (adattamento). Le due strategie sono complementari ed entrambe necessarie per ridurre il riscaldamento globale e minimizzare i danni residui. In aggiunta, l’assorbimento di CO2 dall’atmosfera (ingegneria del clima) può permettere di espandere il budget di CO2.

La valutazione economica degli impatti del climate change pone sfide nuove per la disciplina economica, come il confronto intergenerazionale di costi e benefici (scelta del tasso di sconto), il confronto intra generazionale degli stessi (equità orizzontale), la quantificazione di valori non di mercato, il tutto in un contesto di “incertezza profonda”. Tuttavia, le conoscenze attuali sono sufficienti per giustificare azioni di mitigazione e di adattamento. I modelli integrati clima-economia sono uno strumento indispensabile per analizzare soluzioni efficaci ed efficienti: non a caso, il Nobel per l’economia del 2018 è stato co-assegnato a William Nordhaus, l’inventore di uno dei primi e più usati modelli economia-clima.

Le ricadute economiche dei cambiamenti climatici saranno significative, ma comunque gestibili, se l’aumento di temperatura si manterrà al di sotto dei 2°C. Già per un aumento a 2,5°C, l’impatto negativo sul PIL mondiale potrebbe arrivare fino al 3%. Aumenterebbero, inoltre, le diseguaglianze globali, con perdite economiche per i paesi in via di sviluppo fino a 4 volte più alte rispetto alla media mondiale. Per scenari di aumenti di temperatura superiori ai 3°C o di concentrazioni di anidride carbonica superiori alle 560 ppm (raddoppio rispetto alla concentrazione dell’epoca pre-industriale), la probabilità di eventi catastrofici entro fine secolo diventa “non trascurabile”, con perdite potenziali di PIL mondiale congetturabili nell’ordine del 20%-30%.

L’Italia, Paese dell’area mediterranea, è particolarmente esposto ai cambiamenti climatici. Per scenari di aumento della temperatura attorno a 1°C, gli impatti sul PIL si aggirerebbero tra i 2,5 e i 3,5 miliardi di euro l’anno a metà secolo. Circa 10 volte maggiori gli impatti economici del clima misurati in termini di riduzione del consumo delle famiglie e ancora più elevati quelli associati alla riduzione dell’indotto soprattutto nei settori turismo, agricoltura e infrastrutture.

Traghettare il sistema economico mondiale da una situazione di alto a una di “accettabile” rischio climatico richiede trasformazioni radicali del modo in cui produciamo e consumiamo energia. Per raggiungere i 2°C sono necessari investimenti annui nell’ordine di 2.500 miliardi di euro, circa il 25% superiori ad oggi e con un disinvestimento di circa 500 miliardi di euro dalle fonti fossili. La transizione energetica può portare co-benefici ma, se non viene fatta correttamente, richiede anche compromessi.

Promuovere la transizione low carbon significa avere politiche pubbliche chiare, come ad esempio un prezzo sulla CO2 ed una efficace regolamentazione energetica. Raggiungere l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura mondiale a 1,5°-2°C richiede un prezzo sulla CO2 di circa 50 Euro/tCO2 oggi e crescente nel tempo. Inoltre, la cooperazione internazionale è necessaria per coordinare le azioni dei maggiori emettitori di gas serra ed evitare che lo sforzo ricada solo su alcuni paesi.

I settori dell’energia e dell’acqua sono particolarmente importanti in un contesto di cambiamento climatico, sia in virtù del rischio al quale sono esposti sia come elementi attivi per ridurre le emissioni di gas serra e per gestire i rischi climatici residui. L’uso efficiente delle risorse si configura pertanto come una opzione chiave.

Su versante aziendale, sarà necessario gestire il doppio rischio di impatto del clima e di transizione energetica low carbon. Entrambi richiedono strategie di resilienza e visione di lungo periodo, ma gestire i rischi climatici implica innanzitutto saperli valutare e renderli pubblici. Tuttavia, le competenze e la consapevolezza del tema all’interno e all’esterno delle imprese sono limitate rispetto all’entità della sfida e delle opportunità che il cambiamento climatico ci propone. La collaborazione con la ricerca scientifica e lo sviluppo di programmi di formazione di alto livello può aiutare a riempire il gap di conoscenza. Ad esempio, gli scenari climatici validati scientificamente possono aiutare le imprese a definire le proprie strategie di resilienza e l’uso degli scenari clima-energia-economia può contribuire alla definizione di strategie ottimali ed adattive. 

Francesco Bosello (Università degli Studi di Milano e RFF-CMCC European Institute on Economics and the Environment) e Massimo Tavoni (Politecnico di Milano e RFF-CMCC European Institute on Economics and the Environment)