La digitalizzazione è uno dei principali elementi nell’agenda degli executive dell’Oil&Gas e molti player del settore ne stanno facendo uno dei pilastri della strategia di lungo termine. E le ragioni di un simile interesse non sono di difficile lettura. Basti pensare che nel 2008 tra le prime dieci società per capitalizzazione vi erano 4 compagnie Oil&Gas, con Exxon al primo posto; dieci anni dopo - nel 2018 - non ve n’è neanche una e 7 dei primi 10 sono player Tecnologici/Digitali.

D’altro canto è evidente come vi siano state discontinuità tecnologiche molto significative negli ultimi anni. A titolo di esempio: oltre il 90% dei dati esistenti è stato creato negli ultimi 2 anni; il costo dei sensori di dati è sceso di oltre il 70% negli ultimi 3 anni; ad oggi vi sono più di 20 miliardi di apparecchiature IoT (Internet of Things).

È un dato di fatto che l’Oil&Gas, rispetto ad altri settori industriali che hanno percorso la rivoluzione del digitale da alcuni anni, si sia mosso con un certo ritardo. Tuttavia – come Boston Consulting Group - lavoriamo su numerosi programmi di trasformazione digitale con i maggiori player Oil&Gas, Oil Field Services & EPC ed abbiamo osservato un’accelerazione molto importante negli ultimi 12 mesi.

Quasi tutti i soggetti interessati – super major, IOCs, independent e anche parecchie NOCs - hanno lanciato dei “progetti pilota digitali” in numerosi ambiti e molte aziende stanno realizzando programmi di trasformazione digitale su scala industriale.

Tipicamente, le trasformazioni digitali avvengono su due macro-direttrici: 1. “digitize the core” per re-immaginare i processi-chiave in ottica digitale 2. “new growth”: nuovi business model basati su tecnologie innovative (ad esempio il rifornimento carburante a domicilio lanciato recentemente da una super-major europea).

In generale, l’analisi del portafoglio di iniziative digitali delle aziende leader, evidenzia che non vi sono grandi differenze sul “COSA” (es. lo “scope” dei progetti, le tipologie di iniziative) quanto più sul livello di maturità, sofisticazione e pervasività delle iniziative. Modelli predittivi a supporto della manutenzione, sistemi di controllo avanzati sul processo, droni o tablet a supporto del personale di campo sono elementi quasi costanti nei programmi digitali delle major.

A differenziare veramente un approccio di successo da un percorso pieno di continui e lenti “start&stop”, è il “COME” questi player affrontano la trasformazione digitale.

Il “COME” determina le possibilità che il percorso digitale si chiuda con un buon esito e qualifica il livello di effettiva maturità di queste trasformazioni, il grado di raggiungimento degli obiettivi operativi, economici e di modifica del modello di business. In altre parole, a nostro avviso, la digitalizzazione non è tanto una sfida tecnologica ma una sfida di change management che coinvolgerà profondamente il modo di “fare azienda” del futuro.

Chi saprà gestire al meglio le domande chiave nel percorso di change management sarà più rapido ma soprattutto renderà le soluzioni più pervasive e la trasformazione più “duratura” e sostenibile nel tempo. Alcuni esempi di domande chiave sono riportati di seguito.

  1. Come coniugare una visione di lungo periodo con un portafoglio di iniziative che assicuri alcuni quick win “visibili” che agiscano come “bandiere del cambiamento”?
  2. Qual è il più corretto modello di governance che assicuri, da una parte, un giusto grado di autonomia decisionale, ma dall’altra eviti di creare una “torre di avorio” che venga vista come un corpo estraneo dalle funzioni aziendali?
  3. Come attrarre, sviluppare e ritenere le nuove competenze digitali (ad esempio data scientists, design thinkers, scrum masters, …), essendo competitivi nei confronti di altri settori che tendono ad accaparrarsi le migliori risorse in una “guerra dei talenti digitali”?
  4. Come si possono “costruire” competenze digitali minime nelle risorse attualmente impiegate in azienda per permettere di comprendere ed utilizzare proficuamente le opportunità date dal digitale?
  5. Come si può cambiare il modo di lavorare, portando strutture abituate ad un più rigido approccio sequenziale “waterfall” a lavorare in modo iterativo “agile”, alimentando creatività ed assicurando una velocità di implementazione che utilizzi le settimane invece dei mesi o degli anni per misurare la frequenza di innovazione di prodotti digitali immessi sul mercato?
  6. Quando ed in che modo è possibile portare i singoli progetti pilota in implementazione ed estenderli su altre unità aziendali? Quali sono le barriere culturali da vincere, incluso l’accettazione del concetto di “fail fast, fail cheap”, in un’industria che ha sempre affrontato (con molte ragioni data la natura del business e i rischi connessi) il fallimento come una vergogna e non come un momento di apprendimento? 

Abbiamo messo sul tavolo tante domande e solo chi troverà le giuste risposte potrà cogliere appieno i vantaggi della rivoluzione digitale, che - lo vogliamo o no – cambierà radicalmente l’industria Oil&Gas.