Il gas naturale ha un ruolo centrale nella Strategia Energetica Nazionale, sul tavolo del Governo in vista del varo annunciato per novembre. La Staffetta ha discusso i passaggi di maggior rilievo della Sen - dalle prospettive del Gnl al corridoio della liquidità, alle infrastrutture strategiche di stoccaggio e rigassificazione fino al tema, assente eccellente nel documento, delle gare per la distribuzione - con Massimo Nicolazzi, manager ed esperto di lungo corso di idrocarburi, presidente di Centrex Italia e docente Economia delle Risorse Energetiche all'Università di Torino.
Sul gas la Sen mira a promuovere un sistema sicuro, resiliente e competitivo. L'analisi e le proposte sono adeguate all'obiettivo?
Gli obiettivi in sé è difficile non condividerli. Non sono così sicuro che l'analisi sia coerente con gli obiettivi. Credo che i temi sicurezza, flessibilità, competitività andrebbero declinati soprattutto in termini di integrazione di un unico mercato europeo e delle infrastrutture che vi sono sottese.
Quali misure servirebbero per andare in questa direzione?
L'integrazione delle reti dovrebbe essere la priorità assoluta. Parliamo sempre di sicurezza in relazione agli stoccaggi e ci dimentichiamo che la rete è il più grosso stoccaggio che abbiamo. Una forte integrazione delle reti europee significa un miglioramento della trasmissione e quindi della liquidità vera del mercato. L'esempio classico è che oggi possiamo reimportare in Europa solo un 10% della capacità di rigassificazione spagnola. In un'Europa che è ancora prevalentemente somma e non integrazione delle politiche nazionali i francesi possono vietare il collegamento con la Spagna, e l'Italia il reverse flow verso la Francia. Il problema è anche che in una situazione di mercato della domanda le infrastrutture sia di importazione che di integrazione non sono di regola economiche, non possono cioè incorporare (o almeno non per intero) il proprio ammortamento nel prezzo del gas che trasportano, a pena di renderlo non competitivo. Chi ne reclama la costruzione si trova quindi a doverle proclamare “strategiche” onde giustificarne il sussidio, anche in forma di recupero garantito in tariffa, indipendentemente dal tasso di utilizzo, del capitale investito e della sua remunerazione.
Tra le priorità della Sen c'è l'allineamento dei prezzi col Nord Europa, anche attraverso il c.d. Corridoio della Liquidità. Che ne pensa?
Vorrei capirlo meglio. Per come lo capisco adesso mi sembra una socializzazione del differenziale di costo. C'è un soggetto che acquista tutti i diritti di transito sul Transitgas e gli oneri ad essi relativi, togliendoli dalle (o dalla) società sulle quali adesso gravano. A quel punto se a qualcuno interessano, potrà fare un'offerta limitata ai costi operativi afferenti al trasporto senza includere una quota di ammortamenti, e questo perché il soggetto che ha ritirato i diritti li scaricherà sulla tariffa. Dicono che il beneficio consisterà in un effetto calmiere netto sui gas di altre provenienze, posto che il gas trasportato via Transitgas a costo ribassato si farà price maker spingendo gli altri al ribasso. Però è più credibile che price maker si faccia il GNL e che perciò all'abbassarsi del costo del portare gas dal TTF o dal NCG in Italia faccia riscontro un aumento a saldo zero degli oneri di sistema. Se poi fossi un operatore che anni fa ha acquistato dei diritti di transito sul TAG vincolati a un utilizzo minimo dell'infrastruttura, e che per questo ogni anno perde soldi, domanderei perché lì sì e qui no.
Un altro punto qualificante della Sen è appunto il possibile ruolo di price maker del Gnl, grazie all'attesa abbondanza di offerta. Condivide?
Credo che il Gnl, soprattutto quello americano, possa diventare il price maker marginale. Questo non significa che ci invaderanno ma fondamentalmente che tutti i volumi di importazione via tubo “non vincolati”, siano essi spot o volumi eccedenti le soglie take or pay, verranno utilizzati solo se costeranno meno del carico spot, altrimenti ci si arbitra sopra. In questo senso parlo di price maker marginale.
Vale anche per l'Italia, che ha una capacità di ricezione Gnl limitata?
Ma se il Gnl fa da price maker sul TTF l'effetto ricade anche su di noi. Quello a cui si sta cercando di tendere - e probabilmente la soluzione Tranistgas non è la migliore - è una situazione in cui il gas che non arriva direttamente in Italia riflette il prezzo hub più gli oneri puri di trasporto. In questo senso il price making sul TTF avrebbe una funzione che scontiamo anche qui.
C'è possibilità che il Gnl venga direttamente in Mediterraneo?
Sono più scettico. E' vero che c'è una grande sovracapacità di liquefazione, però in buona parte è in Australia, da cui mi pare difficile che venga in Mediterraneo. Viviamo una stagione in cui il nolo e il carburante valgono la metà che nel 2014 e sul mercato c'è un eccesso di metaniere oltre che di Gnl. Assistiamo così ad un ravvicinamento congiunturale dei prezzi regionali del GNL. Ma eventuali aumenti del prezzo del petrolio o riduzioni della capacità di carico per dismissione delle navi più vecchie faranno ripartire gli oneri di trasporto, aumentando rispetto ad oggi la sensibilità del prezzo alla distanza. In Libia la capacità di liquefazione è fuori uso e l'Algeria ha un problema di potenziale calo dell'export per l'aumento dei consumi interni. Quanto all'Egitto nel futuro prossimo vedo probabilità abbastanza basse di volumi davvero significativi di esportazioni di Gnl. Di fatto restano solo Qatar e Usa. Il Qatar oggi esporta anche perché obbligatovi dagli impegni esistenti per l'utilizzo del rigassificatore di Porto Viro. E poi c'è il Gnl Usa: verrà da noi o andrà prevalentemente in Nord Europa e Uk, dove di regola trova un mercato più liquido?
I prezzi del Gnl potrebbero farsi ancora più competitivi?
Sì ma presumibilmente solo per carichi spot, che non garantiscono a priori un tasso di utilizzo dell'impianto. E anche così non è chiaro commercialmente cosa potrebbero “spiazzare”: fino adesso l'unica nuova fonte che agisce in concorrenza seria, a prezzi molto competitivi perché, si dice, tarati sul Psv, viene via tubo col Tap. Se un produttore o un trader di Gnl deve entrare sul mercato italiano a “Psv meno”, forse oneri di trasporto permettendo preferisce riservarsi l'arbitraggio col mercato asiatico.
Forse anche per questo oggi il Mise frena sull'idea di un nuovo terminale da 4 mld mc a carico delle bollette, prevista dalla prima bozza della Sen...
E' vero che c'è abbondanza di offerta. Però è concentrata altrove. Non mi pare che il tasso di utilizzo dei terminali francesi e spagnoli nei primi 9 mesi 2017 sia salito al cielo. La metto così: se come dice la consultazione sulla Sen c'è la possibilità di un'ondata di carichi spot di Gnl in Italia che farebbero la coda per riempire un terminale da 4 mld mc/anno, perché questo dovrebbe essere strategico? Dovrebbe esserci una corsa dei privati a costruirlo.
La bozza di Sen prevede anche 4,5 mld di mc di capacità di stoccaggio strategica, di cui socializzare il costo. Che ne pensa?
Il punto è semplice: bisogna produrre una seria analisi costi benefici e spiegare perché queste opere debbano essere garantite dalla tariffa. L'Italia ha 16 mld mc di capacità di stoccaggio, una delle più alte in Europa rispetto ai consumi. Non è stata dimostrata la necessità di quei miliardi di mc aggiuntivi. Se si sostiene che servono, per prima cosa bisogna riconoscere che è per un problema di picco e non di volumi. Secondo, bisogna chiarire quale sia il problema di picco che si va a curare: ad esempio se oggi possiamo gestire l'interruzione invernale del gas russo per 40 giorni e vogliamo salire a 50. O che il sistema non saprebbe affrontare una gelata di 3 giorni a metà aprile e vogliamo attrezzarlo per questo, ammesso che abbia senso. La sicurezza è ridondanza, non c'è dubbio, ma dato che non ci si può coprire dal rischio assoluto va detto chiaramente quale si vuole a coprire e a quale prezzo.
Non dipendiamo troppo da una sola fonte, in particolare la Russia?
La Sen in tema di n-1 a volte parla di capacità, altre di utilizzo effettivo, spesso scambiando i due elementi. Il 46% di consumi nazionali che copriamo con gas importato dalla Russia è trasportato da pipeline che rappresentano 26-27% della nostra capacità di import, e che il gas russo usa al 60% della capacità. Dipendiamo da qualcuno se non possiamo sostituirlo ma la capacità dei nostri gasdotti non dedicati al gas russo è ultraeccedente. Se si applica l'n-1 alla capacità infrastrutturale anziché ai volumi effettivi il problema evapora. Dopo di che si potrebbe rispondere che non è corretto applicare l'n-1 alla capacità tecnica dei tubi perché in realtà i fornitori alternativi non hanno la capacità necessaria a utilizzarli di più. Però se non si dice e si dimostra questo, si sta solo dicendo che il gas russo costa meno. Il motivo per cui gli operatori riempiono di più il tubo dalla Russia e tengono più vuoti gli altri o è un problema produttivo (degli altri) o è un segnale di prezzo.
Con l'80% della capacità di rigassificazione europea che resta inutilizzato al crescere dell'import dalla Russia sospetto che per adesso sia prevalentemente un segnale di prezzo... Il che nel contempo non significa che non ci sia un pericolo connesso a tutti i nostri fornitori di lungo termine alternativi alla Russia: la Norvegia tra qualche anno, se non aumentano i prezzi del petrolio, può avere un problema di reserve replacement che può influire sulla sua capacità produttiva. L'Algeria ha dei limiti alla sua capacità di esportazione anche in buona parte determinati dall'aumento dei consumi interni. La Libia non è esattamente un fornitore di grandissima affidabilità. La produzione europea è in calo e la vicenda di Groningen è il segnale della nostra condizione. Detta in altre parole, e lasciando da parte politica e diplomazia, in termini di capacità produttiva il nostro problema potrebbe essere piuttosto dover diversificare dalle nostre fonti non russe, perché i russi sono gli unici ad aver spare capacity di produzione e infrastrutturale. Se vogliamo alternative, o meglio alternative alle alternative correnti, nelle condizioni di mercato dell'oggi ci tocca - Eastmed compreso - di sussidiarle (laddove anche il credito agevolato è una forma di sussidio). Chiamatelo, se volete, il prezzo dell'indipendenza.
Un grande assente dalla Sen sono le gare per la distribuzione. Perché secondo lei il sistema non riesce ancora a decollare?
Quando una quindicina di anni orsono si decise di por mano al sistema della distribuzione gas, riducendo poi gli ambiti dalle molte migliaia degli affidamenti su scala comunale a 177 da assegnare tramite gara competitiva, le giustificazioni erano essenzialmente in termini di necessità di concentrazione competitiva a fini di maggior efficienza.
Le gare non sono di fatto ancora partite però nel frattempo gli operatori si sono già ridotti dagli oltre 800 di prima del Dlgs 164/00 ai 226 di fine 2016. La concentrazione si è di fatto prodotta per crescita organica, e non per il realizzarsi dell'imposizione legislativo regolamentare; con il risultato che i nuovi concentrati non hanno nessun interesse ad accelerare le gare che dovrebbero favorire la concentrazione. Con le risorse finanziarie di cui dispongono, la crescita organica può essere tendenzialmente illimitata; e soprattutto immune o quasi al sindacato delle giurisdizione amministrativa.
I mid caps sopravvissuti, che vedono via gare una grande opportunità di crescita e perciò di consolidamento nel settore, sono a loro volta bloccati da incertezze regolatorie e regolamentari che paiono ricetta sicura per garantire l'impugnazione al TAR di qualunque aggiudicazione, e per converso rendono quasi impossibile formulare offerte di gara basate su un minimo di certezza relativa ai termini economici della stessa. L'eventuale vincitore oggi rischia di scoprire che quanto da lui dovuto a corrispettivo del valore residuo (VIR) dell'uscente è maggiore di quanto precisato a livello di bando di gara; ovvero che a causa di un controllo a posteriori basato su una non meglio precisata analisi costi benefici il suo investimento riconosciuto (RAB) a fini di recupero e remunerazione è inferiore anche significativamente a quanto è obbligato ad investire in base all'offerta di gara; e così di seguito. La priorità dovrebbe essere di maggior certezza delle regole relative a VIR e RAB; e di disinnesco del potenziale di ricorso giurisdizionale. Dubito che senza un qualche intervento legislativo questi obiettivi siano tecnicamente perseguibili.
Il testo è un estratto di un'intervista più ampia pubblicata su Staffetta Quotidiana.