1. Le compagnie di assicurazione, che proteggono milioni di proprietà contro i danni provocati da temporali e altri rischi meteorologici, sono state tra le prime a interessarsi ai rischi derivanti del cambiamento climatico. Munich Re, la più grande compagnia di riassicurazione, si preoccupa dei rischi climatici dal 1973. Ancora oggi, i gruppi assicurativi assumono nel loro organico alcuni tra i più noti climatologi a livello globale.

2. Il numero di disastri legati al clima – alluvioni, siccità, uragani, ondate di calore e incendi – è triplicato dai primi anni Ottanta ad oggi, arrivando fino a circa 700 in un anno. Nello stesso periodo, il costo collegato alle catastrofi naturali è quadruplicato, passando dai $30 miliardi di allora ai circa $120 miliardi all’anno su cui si è assestato nel decennio in corso. Tuttavia, nel 2017 questo ammontare verrà di certo superato.

3. La maggior parte dei danni causati da eventi climatici catastrofici vengono subìti da persone che non possono permettersi un’assicurazione e che non hanno contribuito direttamente al cambiamento climatico. Nel corso dell’ultimo decennio, circa il 30% della spesa conseguente agli eventi climatici è stato coperto dalle assicurazioni, il resto è stato sostenuto da singoli individui, governi e soggetti economici privati. La maggior parte delle persone colpite da disastri naturali – per esempio, più del 95% di quelle che hanno subito le alluvioni – vive in paesi in via di sviluppo dove meno del 10% della popolazione possiede una copertura assicurativa.

4. Se da un parte i disastri climatici possono intaccare i bilanci delle compagnie di assicurazione, dall’altra possono innalzare i premi delle loro polizze. “Le tragedie umane possono essere una buona notizia per i premium rates” ha osservato il Financial Times, e Warren Buffett ha commentato che la crescita dei rischi climatici sta aumentando il valore delle società di assicurazione di sua proprietà. Inoltre, dal momento che la spirale dei cambiamenti climatici è fuori controllo, sta crescendo la quota di mercato che, a partire dalle proprietà costiere, non potrà più essere assicurata. Alcuni tra i più importanti gruppi assicurativi su scala globale hanno dichiarato che un aumento della temperatura di 4 gradi Celsius renderebbe il Pianeta “inassicurabile”.

5. Il settore assicurativo rappresenta il secondo più grande gruppo di investitori istituzionali dopo i fondi pensione. Nonostante la loro approfondita conoscenza dei rischi climatici e il loro interesse nel contenerli, le compagnie di assicurazione sono ancora tra i più importanti investitori nell’industria delle fonti fossili. Secondo la ricerca svolta da Ceres e Profundo, 55 importanti società di assicurazione negli Stati Uniti e in Europa investono ogni anno almeno $590 miliardi in compagnie che operano nel settore di petrolio, gas e carbone.

6. Contando per più del 40% delle emissioni globali di CO2, il carbone è di gran lunga il maggiore responsabile del cambiamento climatico. Ad oggi 750 istituzioni che gestiscono un totale di $5.500 miliardi di investimenti hanno disinvestito i loro asset da questa e dalle altre fonti fossili. Le assicurazioni, invece, si sono sinora mostrate riluttanti nell’aderire a questo movimento in costante crescita. Fino ad oggi, solo 9 gruppi assicurativi – Aegon, Allianz, Aviva, Axa, HCF, Munich Re, SCOR, Storebrand e Swiss Re – hanno deciso di eliminare dai loro portafogli le compagnie che operano nel settore carbonifero.

7. La transizione energetica in atto sta facendo perdere valore alle compagnie petrolifere e a quelle legate al carbone creando un evidente rischio finanziario per i relativi investitori, comprese le società di assicurazione. Lloyd’s, uno dei principali gruppi assicurativi britannici, ha messo in guardia dalle ripercussioni che il cambiamento climatico potrebbe avere su intere regioni e industrie in un lasso di tempo non troppo esteso. Malgrado questi avvertimenti, secondo un sondaggio, le compagnie assicurative prestano meno attenzione ai rischi climatici rispetto ad altre categorie di investitori.

8. Il principale business delle assicurazioni non è quello di investire ma di assicurare. Ad oggi, solo due compagnie – le francesi AXA e SCOR – hanno ridotto la loro copertura assicurativa verso l’industria del carbone. Per contro, già 28 istituti bancari hanno interrotto o ridotto l’erogazione di prestiti a favore di imprese che operano nel settore. A dispetto del cambiamento climatico, invece, molte compagnie assicurative hanno smesso di assicurare le proprietà costiere ma hanno continuato ad investire nel carbone.

9. In Europa e in Australia si sta assistendo ad un crescente slancio ambientalista da parte del settore assicurativo, sempre più intenzionato ad uscire dal carbone. Al contrario, le compagnie statunitensi non sembrano ancora aver intrapreso un’azione significativa in tale ambito. Ad oggi, nemmeno una compagnia a stelle e strisce ha realmente abbandonato i propri investimenti nel carbone o deciso di smettere di assicurarne i progetti. Lo stesso può dirsi per le compagnie italiane che dovranno quindi allinearsi ai competitor europei.

10. L’assicurazione è una precondizione critica per i progetti legati al carbone. Esattamente come le persone non possono comprare una casa o guidare una macchina senza avere una copertura assicurativa, una compagnia carbonifera non può sfruttare una miniera o costruire una nuova centrale elettrica senza di essa. Quando tutte le compagnie di assicurazione agiranno per combattere il cambiamento climatico e smetteranno di sostenere il settore del carbone, i progetti relativi a questa fonte potrebbero non vedere più la luce.

L’autore di questo articolo coordina la campagna internazionale “Unfriend Coal”