Cleantech, climate change, green economy.  In passato queste parole hanno significato soprattutto energie rinnovabili, pannelli fotovoltaici, impianti eolici, geotermico e chi più ne ha più ne metta.

Parlarne oggi significa però parlare soprattutto di sistemi di storage, sistemi cioè che consentono di accumulare l’energia prodotta attraverso fonti rinnovabili così da poterla utilizzare con flessibilità, riducendo i costi di sistema e consentendo l’indipendenza energetica dalla rete.

I sistemi di storage, talvolta chiamati in modo semplificato batterie sono la chiave di volta, economicamente e tecnologicamente parlando, per un uso pienamente efficace delle rinnovabili e per consentire loro un definitivo sorpasso sui combustibili fossili.

Per questo, le legislazioni di molti Paesi si muovono per incentivarne l’utilizzo e i principali programmi di innovazione e ricerca delle istituzioni comunitarie e delle Università di tutto il mondo si stanno concentrando su questo tema, che si innesta in un mercato stimato fino a 400 miliardi di dollari entro il 2020.

Partendo da questi presupposti è nata nel 2015 l’avventura di Green Energy Storage (GES). Un’avventura cominciata con un accordo di licence esclusiva su una scoperta dell’Università di Harvard e che ci ha portato oggi allo sviluppo di un sistema di accumulo a flusso basato su una molecola organica, il chinone, estraibile dal rabarbaro e da altri vegetali.

I sistemi a flusso hanno diversi punti di vantaggio rispetto ai tradizionali sistemi solidi o semi solidi. In una batteria a flusso i componenti sono sostanzialmente due serbatoi e una cella elettrochimica; le parti di energia e potenza sono quindi separate e l’energia viene stoccata in serbatoi chimici attraverso elettroliti in forma liquida. Questo consente di far funzionare la batteria a temperatura ambiente, evitando problemi di surriscaldamento e fornendo sicurezza intrinseca al sistema, ma consente anche e soprattutto di avere applicazioni modulari e scalabili.

Si può infatti partire da un sistema di piccole dimensioni e via via aumentarne la capacità semplicemente aggiungendo dei moduli.

La tecnologia delle batterie a flusso

 

I casi di utilizzo spaziano quindi dal domestico, fino ad applicazioni per edifici, agglomerati, impianti di eolico o fotovoltaico e applicazioni in rete per creare delle smart grid in grado di bilanciare la rete elettrica.

Questa versatilità d’uso ha portato Bill Gates, in occasione del COP21 di Parigi, ad indicare le batterie a flusso come una delle tecnologie che rivoluzioneranno il mercato dell’energia e che consentiranno di vincere la sfida contro il climate change.

La tecnologia di Green Energy Storage aggiunge a questo un ulteriore elemento di discontinuità, ossia l’utilizzo di una molecola organica, che consente di ridurre in modo significativo l’impatto ambientale ed i costi di produzione, soprattutto se paragonata alle soluzioni attualmente presenti sul mercato, che si fondano su materiali rari e particolarmente inquinanti, come litio o vanadio.

Il chinone è una molecola organica, prodotta dalle piante durante la fotosintesi ed è normalmente utilizzato nell’industria della carta o in quella petrolchimica. Il largo utilizzo che ne viene fatto e la sua abbondante presenza in natura consentono quindi una vasta riduzione di costi.

Quanto fin qui fatto da GES ha consentito di trasformare un esperimento su piccola scala condotto dall’Università di Harvard in un sistema pienamente funzionante, presentato a dicembre 2016, nel suo formato da 3Kw.      

Il percorso ha visto alcune delle più grandi eccellenze italiane coagularsi attorno a Green Energy Storage per raggiungere l’obiettivo, grazie a ricerca e sviluppo condotte con l’Università di Roma Tor Vergata e la Fondazione Bruno Kessler di Trento, dove la società ha la sua sede, oltre ad accordi chiusi con importanti realtà come Industrie De Nora, Sorgenia e la svizzera Romande Energie.

La soluzione sviluppata porta con sé tutti i vantaggi illustrati riguardo ai sistemi a flusso e vi aggiunge l’utilizzo di una molecola organica. La tecnologia utilizzata garantisce inoltre una notevole durata del sistema, che può essere ulteriormente estesa attraverso normali interventi di maintenance delle membrane o di sostituzione del liquido.

Anche qui si segna una netta differenza con i sistemi al litio che, essendo composti di celle sigillate devono essere buttati una volta arrivati a fine vita. Un sistema scalabile, più economico e più sicuro, che consente di superare il paradosso degli attuali sistemi di accumulo al litio o al vanadio, per cui l’energia prodotta in modo green viene stoccata con soluzioni altamente inquinanti.

I sistemi di GES verranno commercializzati a partire dal 2018, con un costo competitivo e destinato a scendere ulteriormente entro il 2021, grazie all’insieme di competenze ingegneristiche e tecnologiche accumulate e che proiettano Green Energy Storage in uno dei principali trend dei prossimi anni, enorme dal punto di vista economico e fondamentale dal punto di vista ambientale.