La decisione di Trump riguardo l’accordo di Parigi ha scatenato sui media reazioni contraddistinte da un livello di disinformazione inimmaginabile. Viene dato per scontato che il riscaldamento della Terra di circa 1°C dal 1750 ad ora sia quasi totalmente imputabile alle emissioni di CO2 conseguenti l’uso dei combustibili fossili, ipotesi nota come Anthropogenic Global Warming- AGW. Si confondono inquinanti e gas serra e si afferma che i cosiddetti fenomeni estremi siano aumentati di intensità e di frequenza in questi ultimi decenni. Basterebbe il riferimento ai rapporti dell’IPCC, ente pur certamente propenso all’ipotesi AGW, per sconfessare queste asserzioni.
In realtà, per quanto attiene alla situazione climatica si constata, in estrema sintesi, che la temperatura globale media della Terra (Tgm) dal 1750 ad ora è cresciuta di circa 1°C pur presentando periodi di riscaldamento e di raffreddamento. In questo secolo, dopo il significativo riscaldamento avvenuto nell’ultimo quarto del secolo scorso, si rileva un periodo di lieve crescita della Tgm se non di stasi; il 2015 e il 2016 sono stati anni caldi a causa del recente fenomeno naturale di El Nino, ma ora si è tornati ai livelli precedenti e pur nella poca conoscenza che l’uomo ha in questo settore si rileva un periodo di riduzione dell’attività solare che potrebbe comportare un raffreddamento del clima terrestre.
È scontato che l’uso dei combustibili fossili, che coprono tuttora circa l’80% del fabbisogno energetico mondiale, debba avvenire con la preoccupazione di contenere al massimo i veri inquinanti (ossidi di zolfo, ossidi di azoto, incombusti e particolato); deve però essere chiaro che la CO2 non è un inquinante bensì il fertilizzante base di tutta la biosfera e, anche in concentrazioni molto più elevate dell’attuale, non è pericolosa per l’uomo. Inoltre l’ipotesi dell’AGW non è fondata su rigorosi dati sperimentali: infatti, pur essendo la CO2 un gas serra, non c’è prova dall’uscita dell’ultima glaciazione, circa 22.000 anni orsono, che ci sia correlazione tra aumento della sua concentrazione in atmosfera e aumento della temperatura globale media (Tgm) della Terra (1). Spesso, a giustificazione dell’ipotesi, si sbandiera il mito del consenso scientifico.
Premesso che la scienza, per fortuna, non procede per consenso democratico, altrimenti saremmo ancora fermi all’ipotesi geocentrica del sistema solare, è opportuno sapere che il tanto sbandierato 97% di consenso nel mondo scientifico per l’AGW è il risultato di un’analisi reiterata gravemente difettosa di pubblicazioni scientifiche, condotta senza alcun rigore metodologico e criticata da molti studiosi del settore (2). Inoltre il giro dei finanziamenti governativi delle ricerche nel settore e la connotazione di “politicamente corretto” attribuita all’AGW può fortemente influenzare il consenso. A questo riguardo è interessante segnalare che nel 2015 il Copenhagen Consensus Center (3) alla domanda “Quali sono i migliori target per combattere il Climate Change?” ha sentenziato:
1) investire lo 0,5% del PIL in R&D nell’ambito dell’energy technology;
2) investire lo 0,05% del PIL in strategie di adattamento,
mentre alla domanda “Quali sono i peggiori target ha, in sintesi, dichiarato: puntare a ridurre le emissioni antropiche di CO2.
L’AGW condiziona pesantemente tutta la politica energetica mondiale, forzando e imponendo la riduzione delle emissioni antropiche di CO2 e incentivando le fonti rinnovabili con costi molto elevati. Per la green economy si spende circa 1 mld. di doll./g. Tutto questo si ripercuote in alcuni paesi sviluppati con un forte aumento del costo dell’energia, mentre potrebbe ridurne la disponibilità e ostacolare lo sviluppo economico nei paesi in via di sviluppo. Emblematico il caso Italia, in cui dal 2008 ad ora il costo medio dell’energia elettrica è aumentato in media del 30% a fronte di riduzione del 30% del carbone e del 15% del gas naturale, le due più importanti fonti per la produzione di questa energia.
L’AGW, invece di restare un problema scientifico su cui continuare a studiare per migliorare le conoscenze sul clima globale, è diventato un mito ideologico che ha raggiunto il suo apice nell’accordo di Parigi che, pur non esplicitando limiti alle emissioni e compensi economici per i paesi sottosviluppati o in via di sviluppo, si è formalizzato in un vincolo generico sull’aumento di Tgm (. Per reggere questa ipocrisia si attribuisce alla CO2 antropica qualsiasi evento infausto capiti sul pianeta, da quelli sperimentalmente indimostrabili (aumento di numero e intensità di fenomeni estremi) (4) a quelli spudoratamente falsi (migrazione di alcuni popoli).
La paura isterica del cambiamento climatico ha poi dato lo spunto a una ristretta élite di politici e burocrati, autoreferenziatisi come salvatori del mondo, di inserire nell’accordo di Parigi una serie di argomenti vari, non legati al cambiamento climatico (5), per imporre linee guida sovranazionali che promuovano il “bene dell’umanità”. In sostanza si tratta di un tentativo di avviare una “governance mondiale”. Un governo mondiale pur tra mille difficoltà potrebbe anche essere auspicabile per risolvere alcuni grandi problemi che affliggono l’umanità: le guerre tribali e religiose, le malattie endemiche, la mancanza di istruzione, ecc: in estrema sintesi, la riduzione della differenza tra paesi ricchi e paesi poveri. Mascherando la lotta alla povertà dentro la “green economy” basata sulla paura dell’AGW si rischia di disperdere un’enorme ricchezza, a vantaggio della lobby della green economy stessa.
I paesi in via di sviluppo, in particolare Cina e India, hanno urgente bisogno di contenere le emissioni di inquinanti, ma non sono disponibili se non in un futuro indecifrato a subire limitazioni sulle loro emissioni di CO2. Anche per la mancanza di sicure basi scientifiche, alcuni importanti paesi sviluppati sull’esempio degli USA potrebbero defilarsi dall’accordo di Parigi. L’UE che vuole giocare il ruolo di leader morale, ma contribuisce per meno del 10% alle emissioni, rischia di restare sola in questa avventura penalizzando gravemente i propri Paesi membri.
Note
(1) www.climate4you.com (vedere andamenti di Tgm e di concentrazione di CO2)
(2) J. Bast and R. Spencer “The Myth of the Climate Change '97%” The Wall Street Journal
(3) Copenhagen Consensus Center. Si tratta di un gruppo di eminenti economisti, tra cui 7 premi Nobel, riuniti ogni anno da Bjorn Lomborg per studiare e far conoscere le migliori soluzioni per i problemi che affliggono dell’umanità.
(4) IPCC Climate Change (2013), The physical Science Basis, Summary for Policymakers).
(5) Esempi: Human rights, right to development, gender equality.