Le tre principali istituzioni europee, Commissione, Parlamento e Consiglio, nei prossimi mesi saranno impegnate a trovare un difficile accordo sulla riforma del sistema ETS, compiendo scelte che avranno ripercussioni estremamente rilevanti sui settori industriali coinvolti, per il decennio 2021-2030 e oltre.
Il negoziato si gioca sulla ricerca di un delicato equilibrio tra due principali esigenze, entrambe riconosciute come essenziali tenendo conto dell’obiettivo condiviso del contrasto al cambiamento climatico a livello globale: il rafforzamento del sistema di scambio delle quote quale pilastro della ambiziosa politica climatica della UE e la tutela della competitività internazionale dei settori industriali più esposti al rischio della rilocalizzazione delle emissioni (cd. “carbon leakage”).
Il settore siderurgico, tra i comparti manifatturieri soggetti alla normativa ETS, è senza dubbio tra quelli più esposti alla concorrenza globale, come dimostra la crescita del tasso di penetrazione delle importazioni da paesi terzi (che ha raggiunto in Italia il 25 % nel 2016 e in aumento di circa 14 punti percentuali negli ultimi 5 anni)1, nonché vittima di pratiche commerciali “unfair”, come dimostra il primato per il numero dei casi antidumping che interessano i prodotti siderurgici, sia per quanto riguarda i nuovi procedimenti aperti nel 2016 che per le misure definitive in vigore.
Già nel 2014 i responsabili dei governi dei Paesi dell’Unione avevano fissato un principio da seguire per garantire la sostenibilità del sistema ETS e la tutela della competitività industriale: le regole di funzionamento per il periodo 2021-2030 avrebbero dovuto essere calibrate in modo tale da garantire che gli impianti più efficienti appartenenti ai comparti più esposti al carbon leakage (come quello siderurgico) non avessero indebiti sovraccosti CO2, tenendo conto degli impatti diretti e indiretti2.
Purtroppo la proposta della Commissione pubblicata nel 2015 ha largamente disatteso questo principio: uno studio di impatto sul settore siderurgico europeo realizzato da Ecofys nel 20163 ha stimato che l’attuazione delle misure previste dalla Commissione comporterebbe una carenza di quote gratuite rispetto al fabbisogno per l’intero periodo 2021-2030 di circa il 38% (32% nel 2021 per salire fino a 49% nel 2030) a cui bisogna aggiungere l’impatto dei costi indiretti, con oneri complessivi per il comparto di quasi 34 mld di euro. Questi costi, in assenza di un level playing field a livello internazionale e in mancanza di tecnologie disponibili per ulteriori drastiche riduzioni delle emissioni applicabili ai processi siderurgici4, metterebbero a rischio la redditività anche delle imprese europee in grado di garantire le migliori performance tecnicamente raggiungibili, senza peraltro produrre alcun concreto beneficio alla lotta globale al cambiamento climatico.
Inoltre, il testo della Commissione rinuncia del tutto ad attuare l’auspicata armonizzazione e centralizzazione a livello comunitario della compensazione dei costi CO2 indiretti trasferiti nel prezzo dell’elettricità, lasciando sostanzialmente inalterato l’attuale sistema, facoltativo per gli Stati membri e soggetto al regime degli aiuti di stato. Questo sistema, come riconosciuto dalla stessa Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con particolare riferimento al settore siderurgico5, sta producendo gravi distorsioni interne, con una inaccettabile penalizzazione delle imprese localizzate in paesi, quali l’Italia, che, condizionati da vincoli di bilancio nazionale, hanno fino ad oggi scelto di non avvalersi di tale facoltà, a differenza di altri stati (quali ad esempio Germania, UK, Francia, Belgio, Olanda ed altri) che attraverso i proventi delle aste CO2 proteggono, con importanti risorse finanziarie, le proprie imprese energivore dall’impatto dei costi ETS indiretti.
Federacciai, a fronte di questo scenario decisamente critico per il settore, ha avanzato alcune concrete proposte di miglioramento della riforma ETS, che si possono riassumere nei seguenti tre punti principali:
- introdurre un sistema di compensazione dei costi CO2 indiretti armonizzato e centralizzato a livello UE, finanziato con parte delle quote destinate alle aste, in modo da rimuovere le attuali inaccettabili distorsioni intra UE;
- rivedere le percentuali e le modalità di suddivisone del cap di quote tra auctioning e free allowances (sistema delle aste e allocazione gratuita) al fine di rimuovere il fattore di correzione transettoriale (CSCF), che penalizzerebbe indebitamente anche gli impianti più efficienti appartenenti ai settori più esposti al carbon leakage;
- prevedere un aggiornamento dei benchmark sulla base di dati reali recenti degli impianti, evitando tagli lineari e arbitrari (flat rate reduction) che non corrispondono alle reali possibilità tecniche di riduzione nei diversi settori ETS. Nel calcolo del benchmark di settore, dovrebbero inoltre essere pienamente considerate le emissioni associate ai cd. waste gases siderurgici, il cui recupero efficiente per la produzione di energia elettrica e calore, consente indubbi vantaggi in termini energetici ed emissivi.
Il Parlamento Europeo, che si è espresso con voto in seduta plenaria lo scorso 15 febbraio, ha ampiamente riconosciuto la necessità di dare una risposta a queste istanze, approvando alcuni importanti emendamenti al testo originale della Commissione. Tra i più significativi si segnalano: la possibilità di riduzione dell’auctioning share fino al 5% a favore delle quote gratuite; l’istituzione di un fondo centralizzato per la compensazione parziale dei costi indiretti (seppur finanziato con un quantitativo largamente insufficiente di quote); l’esenzione del fattore CSCF per i settori maggiormente esposti al carbon leakage; la valorizzazione dei waste gases nel calcolo del benchmark.
Anche la posizione dell’Italia, in seno al Consiglio UE, riflette in molti punti l’esigenza di rafforzare la protezione dell’industria, evitando indebite penalizzazioni degli impianti più efficienti, e soprattutto esprime in modo netto la necessità di una maggiore armonizzazione della compensazione dei costi CO2 indiretti.
Purtroppo la posizione comune (cd. “general approach”) raggiunta dal Consiglio Ambiente dell’UE lo scorso 28 febbraio, frutto di un discutibile compromesso tra gli interessi spesso divergenti degli Stati membri, ha ignorato o comunque fortemente depotenziato molti dei profili migliorativi approvati dal Parlamento e soprattutto non ha fornito alcuna soluzione strutturale al tema della compensazione dei costi indiretti.
Il Consiglio ha inoltre introdotto alcune misure molto impattanti sui meccanismi di mercato, prevedendo una massiccia cancellazione di quote finalizzata a sostenere artificialmente il prezzo del carbonio, snaturando di fatto l’ETS quale strumento di mercato “cap and trade”, originalmente concepito per raggiungere un predefinito obiettivo di riduzione delle emissioni al minor costo possibile.
Alla luce di quanto sopra, in uno scenario internazionale che non consente l’instaurarsi di eque condizioni di concorrenza a livello globale e in presenza di ancora deboli prospettive di crescita in Europa, si auspica che le prossime e decisive negoziazioni nell’ambito del cd. trilogo (Commissione, Parlamento e Consiglio), possano fare decisamente prevalere quel set di misure, facilmente attuabili nell’ambito della riforma ETS, che consentano all’industria europea più efficiente di continuare a competere sui mercati e ad investire in ricerca e sviluppo, senza peraltro alterare in alcun modo gli obiettivi di riduzione delle emissioni e la legittima ambizione della UE a mantenere la leadership nella lotta ai cambiamenti climatici.
Note
1 Dati riferiti alla siderurgia primaria.
2 Conclusioni del Consiglio Europeo del 24 ottobre 2014.
3 “Carbon costs for the steel sector in Europe post 2020- Impact assessment of the proposed ETS revision” - Ecofys - June 2016
4 La siderurgia italiana ha ridotto le proprie emissioni di almeno il 30% dal 1990 ad oggi. Per approfondimenti sulla fattibilità tecnica ed economica di ulteriori riduzioni si veda lo studio “Steel Roadmap for a Low Carbon Europe 2050 - Eurofer 2013
5 Segnalazione AGCM del 13 gennaio 2015