La principale misura adottata dall’Unione Europea per adempiere agli impegni presi a seguito della ratifica del protocollo di Kyoto è la Direttiva 2003/87/CE sull’Emissions Trading Scheme (ETS), che istituisce a livello comunitario un sistema per lo scambio di quote di emissione di CO2, denominate EUA (EU Allowances). Il primo periodo di applicazione della Direttiva ha compreso il triennio 2005-2007 (fase pilota). Il secondo, coincidente con il periodo di applicazione del Protocollo di Kyoto, ha coperto il quinquennio 2008-2012. Dal 2013, ha avuto poi inizio la Fase III dello schema EU ETS (2013-2020), che prevede, come principale novità, la riduzione graduale del cap di quote/anno, oltre all’inclusione di nuovi settori. Durante le prime due Fasi del meccanismo l’allocazione è avvenuta solamente a titolo gratuito: tutti gli impianti sottoposti a Direttiva si vedevano accreditare annualmente (in base alle emissioni storiche) e senza alcun onere economico certe quantità di crediti EUA da parte delle Autorità governative competenti. A partire dal 2013, invece, tale sistema è stato affiancato da un’allocazione tramite aste, resa obbligatoria per il settore termoelettrico.

L’EU ETS, il più grande mercato di quote di CO2 al mondo, opera in 31 paesi e copre le emissioni di oltre 12.000 impianti del settore elettrico, principale attore in termini di volumi, e di settori industriali quali acciaio, cemento, calce, ceramica, vetro e carta. A questi si aggiungono istituzioni finanziarie che operano attivamente nel trading di quote, garantendo così maggiore liquidità al mercato. La struttura dello schema è caratterizzata da un’offerta annuale fissa (costituita dal cap di quote/anno) e da una domanda variabile.

Passando dalla teoria alla pratica, negli ultimi 6 anni lo scenario all’interno del quale si sono mossi gli addetti ai lavori è quello di un mercato depresso, in ragione di un significativo surplus di quote in circolazione nel meccanismo. Tale eccesso d’offerta è stato a sua volta causato dal periodo di crisi che ha intaccato la produzione industriale, la quale ha conosciuto una contrazione, distaccandosi notevolmente dalle stime pre-2008 (che avevano permesso il calcolo iniziale delle allocazioni ETS). Il legislatore si è trovato così costretto a pianificare continue misure di correzione, nate dalle negoziazioni tra gli Stati Membri su come bilanciare le questioni industriali e quelle ambientali.

Negli ultimi anni (in particolare dal 2013 ad oggi), sulla formazione del prezzo, hanno pesato principalmente fattori di carattere normativo, riconducibili alle due principali riforme del mercato della CO2: il c.d. Backloading (intervento a sostegno del prezzo nel breve periodo), e la Market Stability Reserve (riforma strutturale per sostenere il prezzo nel medio-lungo periodo). L’obiettivo di entrambe le misure è stato quello di ridimensionare lo squilibrio tra domanda ed offerta, agendo direttamente sulla seconda. Il Backloading, attuato nel triennio 2014-2016, ha previsto la riduzione del numero di EUA immesse nel sistema tramite asta, posticipandone la vendita al biennio 2019-2020. La Market Stability Reserve, che verrà messa in atto a partire da gennaio 2019, consiste in una misura più dinamica che consentirà il ritiro dal mercato una porzione del surplus non allocato.

Di seguito evidenziamo sul grafico alcuni punti/eventi fondamentali (che indichiamo con un numero da 1 a 8) che spiegano come l’andamento dell’EUA, dal 2013 a oggi, sia stato principalmente influenzato da fattori normativi, politici e di contingenza economica.

EUA front-year, periodo 2013-2017

Fonte: Reuters, elaborazione iCASCO S.p.A.

  1. Nei primi mesi del 2013, durante la fase decisionale sul Backloading, si registra scetticismo in sede di votazione circa un intervento diretto sul mercato. Le discussioni tra i membri del Parlamento europeo prima in Commissione Industria, poi in Commissione Ambiente ed in seduta plenaria hanno aperto la strada a importanti vendite sul mercato che hanno spinto l’EUA sui valori minimi della Fase, sotto 3,00 €/ton (natura ribassista).
  2. Il punto di inversione del trend è riconducibile al sostegno da parte del governo tedesco a un mercato della CO2 più forte e alla formalizzazione della posizione a favore di tutte le necessarie riforme (natura rialzista).
  3. A fine 2013 inizia a prendere forma l’intervento di Backloading, sostenendo le quotazioni fino alla votazione finale ad inizio 2014 (natura rialzista). Tale dinamica spinge il valore dell’EUA nuovamente sopra 6,00 €/ton fino a toccare un picco in area 7,40 €/ton a marzo 2014, in prossimità dell’inizio della manovra.
  4. Il Backloading ha un effetto più debole rispetto a quello stimato. Il mercato risente del calo della produzione energetica nell’eurozona e si iniziano a intavolare le discussioni sulla proposta della Commissione europea di costituire un meccanismo di riserva per le quote (la futura Market Stability Reserve). La proposta trova un ampio appoggio da parte dei membri del Parlamento europeo (natura rialzista) e nella parte finale del 2014 l’EUA torna ad essere scambiato in area 7,20 €/ton.
  5. Il mercato della CO2, sostenuto anche dalla ripresa dei mercati internazionali oltre che dalle notizie rassicuranti dal fronte policy (natura rialzista), estende la fase rialzista fino a scambiare sopra gli 8,00 €/ton nel quarto trimestre 2015. A novembre si registra il picco della fase III a 8,68 €/ton.
  6. Il prezzo dell’EUA risente delle notizie provenienti dall’Asia di una crescita attesa inferiore alle aspettative. Queste hanno ripercussioni sulle quotazioni del mercato energetico ed in particolare sul prezzo del Brent. La notizia di natura ribassista è sufficiente a scatenare massicce vendite da parte degli operatori di natura più speculativa, i quali ritengono sia il momento giusto per monetizzare le proprie posizioni dopo i significativi rialzi dell’anno precedente. Le quotazioni dell’EUA tornano sotto 5,00 €/ton.
  7. I risultati del referendum sulla Brexit (natura ribassista) fanno registrare un altro contraccolpo al mercato. Le preoccupazioni sono legate ad una possibile uscita del Regno Unito dal sistema ETS: vi è l’ipotetico taglio della domanda di quote da parte del settore termoelettrico UK (il quale solitamente copre i propri deficit in un’ottica pluriennale) e la vendita massiccia del surplus da parte degli impianti industriali. L’EUA si ritrova a essere scambiato al di sotto dei 4,00 €/ton (minimi dal 2013), livello che sembrava ormai abbandonato per sempre.
  8. Il mercato della CO2 vive un nuovo momento di elevata volatilità. I recenti rialzi dovuti allo spegnimento forzato di alcuni impianti nucleari in Francia fa correre il contratto per l’energia in Germania (Power DE CAL) il prezzo dell’EUA, sensibile a questo driver, torna in area 6,50 €/ton. Nonostante ciò, l’inizio del 2017 coincide con la fine della manovra di Backloading e quindi con l’incremento delle quote immesse nel meccanismo tramite le sessioni di asta quotidiane. L’evento è assolutamente di natura ribassista e il prezzo dell’EUA torna a scambiare sotto 5,00 €/ton.

Lo scorso 28 febbraio si è tenuto il voto del Parlamento europeo relativo alla riforma per la fase IV del mercato (post 2020). I Ministri dell’Ambiente europei hanno accordato una posizione comune concordando di cancellare i permessi di emissione ritirati dalla Riserva di Stabilità e di aumentare il numero di permessi oggetto di asta governativa rispetto all’allocazione a titolo gratuito. Il disegno di legge verrà discusso durante le negoziazioni triloghe di Consiglio, Parlamento e Commissione. La notizia, anche se potrebbe non avere significative ripercussioni sul mercato nel breve periodo, è di natura rialzista per le quotazioni dei permessi di emissione. 

Nell’ultima settimana il contratto DEC7 (il più liquido sulla borsa ICE Futures Europe) ha registrato chiusure in un range di prezzo compreso tra i 5,07 e i 5,91 €/ton. Nonostante i recenti eventi citati pocanzi, le quotazioni si trovano in linea con quelle osservate nello stesso periodo dello scorso anno.

Secondo i più recenti forecast degli analisti, i prezzi dell’EUA nel 2018 dovrebbero posizionarsi in area 7,35 €/ton, con un guadagno dell’8,9% rispetto alle previsioni dello scorso ottobre; per salire poi a 9,30 €/ton alla fine del 2019 (+13,4%). La giustificazione viene trovata principalmente nel raddoppio del tasso di ritiro di quote operato dalla Riserva di Stabilità (che con grande probabilità passerà al 24%). Ricordiamo però che la proposta avanzata dal Parlamento europeo, prima di diventare legge, dovrà essere approvata anche dal Consiglio europeo e dalla Commissione (processo che ci si aspetta verrà completato nella seconda metà del 2017).