ACQUA & AMBIENTE | 18 ARTICOLI
La siccità, che sta interessando in queste ultime settimane il bacino de Po e non solo, sta avendo un impatto notevole anche sulla produzione delle centrali elettriche che sorgono nei pressi dell’area.
Per quanto l’emergenza sembra essere esplosa solo da poco, in realtà, gli effetti sulla produzione di elettricità derivanti dalla crisi idrica risalgono già a inizio anno, quando le centinaia di centraline idroelettriche di piccole dimensioni installate sui canali di bonifica e sugli affluenti minori vedono la loro produzione ai minimi storici degli ultimi 20 anni.
È davanti a tutti noi, in questi giorni, la notizia frequente di interruzioni dell’alimentazione elettrica in molte delle nostre città. Tali interruzioni generano, nella migliore delle ipotesi, malumori tra i cittadini, ma spesso anche danni economici alle attività produttive. È quindi molto importante cercare di chiarire almeno quali siano le cause e se si possa in qualche misura mitigarne gli effetti negativi.
Cosa rappresenta la crisi ucraina per il mondo dell’energia? Uno straordinario, imprevisto e irripetibile test per la transizione energetica. Vediamo meglio perché. La crisi riporta in primo piano, dopo anni di oblio, la questione della sicurezza energetica e ci fa capire meglio un’antica lezione che anni di pace ci avevano fatto dimenticare: l’energia non è assimilabile agli altri beni, essenzialmente per due ragioni: uno, rappresenta il sangue dell’intera struttura economica, la linfa che la irrora e ne rende possibile la vita; due, ha una valenza geopolitica che altri beni non posseggono.
Lo scoppio del conflitto in Ucraina ha posto al centro del dibattito il tema della debolezza strutturale del sistema energetico europeo e, in particolare, italiano. In questo quadro, la necessità di accelerare la transizione energetica verso fonti alternative ai combustibili fossili si è resa ancora più impellente e non più rinviabile.
Nella settimana fra il 21 e il 26 marzo si è tenuto a Diamniadio, in Senegal, il 9° Forum Mondiale dell’Acqua (FMA) la più importante manifestazione sulla gestione delle risorse idriche, organizzata ogni tre anni (Covid-19 permettendo) dal Consiglio Mondiale sull’Acqua (World Water Council), un’organizzazione internazionale supportata dalla Banca Mondiale e da varie multinazionali. Il tema di questa edizione era “Water security for peace and development”.
La pandemia Covid-19 fu segnalata all’inizio come un cigno nero, ovvero come un evento a probabilità zero, secondo la ben nota definizione di N.N. Taleb. Niente di più sbagliato, se si considera che avvisaglie di zoonosi virali epidemiche, AIDS, Ebola, MERS, SARS, sono arrivate in continuazione in questi ultimi anni. La definizione di focolai asiatici e africani ci ha spinto alla falsa idea che si trattasse di problemi altrui. Così, i piani pandemici e la medicina territoriale sono stati declassati in tutto l’Occidente.
Entro il 2040, nel mondo, circa 1 bambino su 4 vivrà in zone con uno stress idrico estremamente elevato. Oggi sono quasi 160 milioni i bambini che vivono in zone ad alta o estrema siccità. Più di 3,5 miliardi di persone - circa la metà della popolazione mondiale - soffrono di grave penuria idrica per almeno un mese all'anno, di cui circa 2 miliardi per almeno sei mesi all'anno. Inoltre, sono circa 500 milioni i bambini che vivono in zone ad altissimo rischio di inondazioni a causa di eventi meteorologici estremi come cicloni, uragani, tempeste e innalzamento del livello del mare. Questo è il motivo per cui abbiamo deciso di dedicare la Giornata Mondiale dell’Acqua, che si è celebrata lo scorso 22 marzo, a tutti i bambini del mondo: perché dobbiamo ricordarci, ogni giorno, di garantire loro il futuro che meritano.
Cronologia dell’effetto domino causato dall’attacco ai pozzi di Saudi Aramco:
Sabato 14 settembre, sono le 4:00 ora locale: il cielo sopra Abqaiq e Khurais si illumina a causa delle esplosioni. I mercati sono chiusi,