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Russia’s invasion of Ukraine and the resulting restrictions on gas supply to Europe from Russia, and the evermore urgent need to reduce emissions of greenhouse gases have increased focus on replacing fossil fuels for electricity generation. As a result, there seems to a trend for the nuclear option to be reconsidered even in countries which had previously seemed to have turned against it.
L'invasione russa dell'Ucraina e la conseguente riduzione dei flussi di gas dalla Russia verso all’Europa, nonché la necessità sempre più stringente di ridurre le emissioni di gas serra hanno accresciuto l'attenzione sulla necessità di sostituire i combustibili fossili nella generazione elettrica. Da qui, una maggiore propensione a riconsiderare l'opzione nucleare anche in quei paesi tradizionalmente contrari.
Tenere vivo il dibattito sull’energia nucleare, anche in Italia, è indispensabile. Le ragioni sono molteplici, ma concentriamoci su quelle legate alla crisi climatica. L’attuale transizione energetica cammina su tre gambe: efficienza, elettrificazione e decarbonizzazione. Secondo gli scenari IEA, per raggiungere gli obiettivi net zero, la penetrazione elettrica a livello globale (cioè la percentuale di consumi energetici finali soddisfatti dall’elettricità) dovrebbe passare dall’attuale 20% al 40% entro il 2050. Allo stesso tempo, è fondamentale decarbonizzare questo settore.
Negli ultimi decenni, i paesi che hanno deciso di costruire centrali nucleari lo hanno fatto scegliendo quasi sempre reattori di grande taglia, ben oltre i 1.000 MWe per singola unità sino ai 1.600 MWe del francese EPR, entrato in esercizio nel 2018 in Cina e di recente anche in Finlandia, nonché quelli attualmente in costruzione in Francia e nel Regno Unito. Appartengono a questa classe la quasi totalità dei 57 reattori oggi in costruzione nel mondo. L’incremento della potenza dei reattori è un trend costante sin dagli anni ’70, in ossequio alla legge universale dell’economia di scala.
The use of nuclear power in China has grown rapidly since its first power reactor, Qinshan 1, began operating in 1991. There are currently 55 operable reactors in mainland China representing 57 GWe, and 22 reactors under construction totalling 26 GWe, all at 19 sites. China will soon surpass France, which has 56 operable reactors, to become the nation with the second largest number of nuclear reactors, behind only the United States, which has 93.
L'utilizzo dell'energia nucleare in Cina è cresciuto rapidamente da quando è entrato in funzione il primo reattore, Qinshan 1, nel 1991. Attualmente sono 55 i reattori operativi per una capacità di 57 GWe, mentre altri 22 reattori sono in costruzione per un totale di 26 GWe, tutti da ubicare in 19 siti. Seguendo questa traiettoria, la Cina supererà presto la Francia, che ha attualmente 56 reattori operativi, diventando la nazione con il secondo maggior numero di reattori nucleari dietro gli Stati Uniti, che ne contano 93.
Nell’ultimo anno il prezzo del gas è cresciuto di quasi sei volte. Gli aumenti sono iniziati nella seconda metà del 2021 e la situazione si è ulteriormente aggravata con il drammatico attacco della Russia all’Ucraina. Ci troviamo di fronte a una volatilità mai sperimentata prima che richiede di essere gestita con interventi strutturali, dal momento che con buona probabilità potrebbe diventare una costante nei prossimi anni.
L’invasione russa dell’Ucraina, il caro energia e la dinamica inflattiva, che si aggiungono alla grave crisi climatica in atto, impongono di accelerare la transizione energetica per uscire dalla dipendenza da gas e fossili. Una dipendenza tossica, che nuoce gravemente anche alla democrazia e ai diritti umani. Per dare risposte strutturali a queste crisi che si intersecano non servono ricette del passato. Bisogna, invece, aumentare la velocità con cui installiamo nuova potenza rinnovabile e con cui investiamo su sistemi di accumulo, autoproduzione, ammodernamento delle reti, efficienza e risparmio energetici.
Negli ultimi mesi il tema energia è stato al centro del dibattito politico, anche grazie ad una incessante campagna mediatica sul tema dei rincari in bolletta e a forti dinamiche speculative, alimentate prima dall’aumento dei prezzi di acquisto del gas sui mercati internazionali da parte degli oligopoli delle fonti fossili, in seguito alla ripartenza dell’economia mondiale dopo le prime ondate del Covid-19, e poi dalle tensioni internazionali sfociate nella terribile guerra innescata dall’inqualificabile invasione russa in Ucraina.
L’idrogeno ha passato la fase di una promessa per il futuro sistema energetico, chiacchierato all’interno di convegni e conferenze e studiato nelle diverse soluzioni e tecnologie presenti in tutta la sua filiera. È orami entrato di fatto tra le soluzioni identificate come imprescindibili per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione profonda del sistema energetico, coinvolgendo la programmazione politica, lo sviluppo industriale, l’aumento della capacità manifatturiera, l’identificazione di percorsi e progetti pilota che permettono di implementarlo in maniera efficace ed economica.