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FONTI FOSSILI | 51 ARTICOLI

The Vulnerability of Saudi Oil Infrastructure

The recent devastating attacks on Saudi Aramco’s Abqaiq processing station, the world’s most important and the Khurais oilfield with a production capacity of 1.2 million barrels a day (mbd) of light oil demonstrated the vulnerability of Saudi oil infrastructure to attacks, reduced Saudi oil production by 57% or 5.7 mbd and deprived the East-West oil pipeline known as petroline of any crude oil to transport from eastern Saudi Arabia to the Yanbu port on the Red Sea. The attacks also exposed gaps in Saudi air defences despite the billions of dollars spent on buying top of the range American weaponry including the Patriot anti-missile system and the upgrading of Saudi air defences just a few weeks ago.

OPEC al capolinea?

Sebbene il realizzarsi della profezia del ministro saudita Sheikh Zaki Yamani sulla fine dell’era del petrolio sia ancora ben lontano, è innegabile che il settore petrolifero stia vivendo un processo di trasformazione epocale, nei confronti del quale i principali attori globali - OPEC in primis - sembrano dover ancora prendere le contromisure adeguate. Infatti, il periodo d’oro del greggio, culminato con il picco del prezzo del barile a $114 nel giugno del 2014, sembra storia ormai lontana. Nei mesi successivi il valore del petrolio è sceso rapidamente (minimo di 27 dollari al barile nel gennaio 2015),

La nuova vita delle piattaforme della California

Le perforazioni offshore di petrolio e gas costituiscono spesso motivo di dibattito presso le comunità locali che le ospitano, e la California non fa certo eccezione, specie dopo che, nel 1969, una piattaforma al largo di Santa Barbara riversò dagli 80.000 ai 100.000 barili di greggio in mare in seguito ad un guasto. Se per anni, però, il dibattito è ruotato intorno all’operatività degli impianti, oggi la questione riguarda quelle 27 piattaforme sparse lungo la costa che, giunte a fine vita, devono essere smantellate completamente o, al contrario, lasciate lì dove sono e convertite in barriere artificiali.

Idrocarburi non convenzionali: luci e ombre

Da almeno una quindicina di anni sempre più spesso si parla di idrocarburi non convenzionali. In molti casi, la provenienza di questi particolari idrocarburi ha generato, anche nel pubblico attento e di buona cultura, qualche problema legato alla comprensione della natura di questa risorsa energetica primaria. In altri termini, cosa significa non convenzionali? A quali ulteriori rischi ci espongono? Dopo aver precisato che, dal punto di vista della composizione chimica, del contenuto energetico e del loro utilizzo finale gli idrocarburi convenzionali e quelli non convenzionali sono del tutto identici, la differenza risiede solo nel tipo di giacimento in cui sono intrappolati nel sottosuolo.

Shale gas & tight oil: una questione americana

Nonostante siano estratti su scala industriale in un solo Paese - gli USA - il light tight oil e lo shale gas sono ormai da almeno 5 anni i principali market movers globali nel settore dell'energia. I giacimenti non convenzionali da cui vengono estratti con tecniche di perforazione e trivellazione avanzate hanno, infatti, una caratteristica che li ha resi un game-changer straordinario: la produttività.

Cause ed effetti della tight revolution

I combustibili fossili, come il carbone e il gas naturale, sono classificati in base alla composizione chimica e alle proprietà fisiche. Il tight oil, chimicamente parlando, presenta una composizione identica a quella del greggio convenzionale, ma si differenzia per la tecnologia utilizzata per estrarlo: la fratturazione idraulica orizzontale.

La fratturazione della rocce di scisto è in uso dal 1940 ed è stata generalmente impiegata su piccola scala.

Tight oil: a quando una produzione su scala globale?

La cosiddetta “shale revolution” - ovvero il massiccio incremento della produzione globale di gas e petrolio “non convenzionali”, noti come shale gas e tight/shale oil - sembra destinata a mutare profondamente gli equilibri energetici mondiali, rappresentando un "game changer" di notevole impatto geopolitico: infatti, lo sfruttamento di questi idrocarburi non convenzionali potrebbe consentire ad alcune nazioni di raggiungere una condizione di indipendenza energetica - riducendo o eliminando le importazioni di idrocarburi - o addirittura diventarne esportatori.

Tight oil: una fonte sempre più economica?

Fino a qualche anno fa erano in molti a scommettere sull’impossibilità per il tight oil americano di poter competere con le risorse convenzionali di Opec e Russia, estraibili a costi molto inferiori rispetto a quelle non convenzionali. Invece, l’industria dello shale/tight oil statunitense si è dimostrata in grado di sopravvivere ad un contesto di mercato estremamente volatile, con prezzi del greggio che sono anche scesi sotto i 30 doll/bbl (inizio 2016), condizione che aveva indotto i più a decretarne la fine imminente;

Un euro più forte per aumentare la sicurezza energetica e ridurre la bolletta UE

Perché pagare ancora in dollari il petrolio e il gas importati in Europa, quando l'euro è una valuta stabile, affidabile, globalmente riconosciuta e ampiamente accettata per i pagamenti internazionali? La Commissione europea ha posto il problema nel dicembre scorso, con l'intenzione di rafforzare e sostenere il ruolo internazionale dell'euro.

Petrolio e dollaro: un matrimonio indissolubile?

Da circa 160 anni il petrolio è protagonista della scena energetica mondiale: dalla fase pionieristica della seconda metà dell’ottocento, a tutto il XX secolo che ha segnato l’apogeo del suo sviluppo, agli anni 2000 caratterizzati dalla specializzazione nei settori chiave dei trasporti e della petrolchimica, alla prospettiva odierna di un lento declino a favore delle rinnovabili, i prezzi del petrolio sono sempre stati espressi in dollari USA.

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