Dall’inizio dell'invasione russa dell'Ucraina, i paesi G7 hanno dovuto avviare un’accelerata diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetiche. Ciò ha condotto da un lato, al ricorso temporale ed emergenziale di fonti tradizionali, come il carbone, o il rilancio di ambizioni di lungo corso, come rendere l’Italia un hub europeo del gas. Entrambe però con implicazioni negative per gli sforzi nella lotta al cambiamento climatico e di dubbia fattibilità economico, tecnica e finanziaria. Un hub del gas creerebbe nuove dipendenze e legami incerti e poco sostenibili con paesi altamente instabili e in aree geograficamente molto complesse.
Al recente vertice del G7 di Sapporo, Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Francia, Germania, Italia e Giappone non sono riusciti a mettersi d’accordo sul phase-out del carbone, ma si sono impegnati ad aumentare collettivamente la capacità eolica offshore di 150 GW e la capacità solare di oltre 1 TW entro il 2030. Per confronto, alla fine del 2021, queste nazioni avevano in funzione 21 GW eolici offshore e 292 GW solari.
Sabato e domenica 15-16 aprile i ministri dei sette paesi più sviluppati si sono riuniti nella città sciistica di Sapporo per aprire i colloqui che porteranno al vertice G7 del prossimo maggio. Quest’anno, il vertice si terrà a Tokyo e spetta quindi al Giappone ospitare i tavoli di discussione ministeriali che precedono il summit tra i capi di Stato e di governo. I primi dei temi che i sette paesi hanno affrontato negli impegni di avvicinamento al summit sono la sfida climatica ed energetica, al centro dell’incontro di Sapporo.
Secondo il rapporto Ember “Electricity Review 2023”, globalmente*, nel 2022 tra le rinnovabili la produzione idroelettrica occupava ancora il primo posto con 4.311 TWh (15% del mix produttivo globale), seguita dall’eolica (2.160 TWh, 7,6%), dalla fotovoltaica (1.284 TWh, 4,5% dalle bioenergie (672 TWh, 2,4%), con le altre rinnovabili allo 0,4%, e con il 61% ancora coperto da combustibili fossili. Nello stesso anno, però, si è registrata una crescita record della generazione fotovoltaica ed eolica, il cui contributo complessivo è salito al 12% dal 10% dell’anno precedente.
Il comparto delle fonti rinnovabili registra nel 2022 una crescita del +109% rispetto al 2021, il che segnala la maturità di una filiera che vuole crescere. Lo scorso anno, l’Italia ha raggiunto una capacità installata rinnovabile di circa 61 GW suddivisi in 25 GW di fotovoltaico, 12 GW di eolico, 19 GW di idroelettrico e 5 GW tra geotermoelettrico e bioenergie, distribuiti a livello regionale come si evince dalla figura seguente. In testa si trova la Lombardia, con quasi 10 GW (di cui oltre la metà idroelettrico), seguita a distanza dalla Puglia con 6,5 GW, dal Piemonte con 5,5 GW. Sotto i 5 GW si collocano tutte le altre Regioni, con la Liguria che chiude la classifica con appena 0,4 GW.
Una fotografia preoccupante quella che mette in evidenza Legambiente attraverso la seconda edizione del Rapporto Scacco Matto alle Rinnovabili. Un racconto che mette in luce due facce dello stesso Paese, fatte, da una parte, da imprese pronte a realizzare impianti con oltre 303 GW di richieste di connessione a Terna, e dall’altra di regole, burocrazie, normative e procedure non adeguate alla sfida che abbiamo di fronte. Emergenza climatica, caro energia, crisi sociale e obiettivi di decarbonizzazione dovrebbero essere al centro delle politiche di Governo, che però al momento sono, invece, concentrare nel trasformare l’Italia nell’hub del gas per l’Europa.
Le scorse settimane tutte le testate hanno riportato una dichiarazione del Presidente della Regione Sicilia, Renato Schifani, che pare proprio una moratoria, l’ennesima, al fotovoltaico. Questo impone una riflessione. Ecco la dichiarazione: “Ho deciso a breve di sospendere il rilascio delle autorizzazioni per il fotovoltaico. Dobbiamo valutare l’utile d’impresa con l’utile sociale e col danno ambientale. Poi questa attività porta lavoro? L’energia rimane in Sicilia? No. La Sicilia paga un prezzo non dovuto per una risorsa che abbiamo. Il danno e la beffa.
In October 2021, the world was thrust into a severe global energy crisis owing to the rapid economic rebound following the slowdown of the COVID-19 pandemic, the Russian invasion of Ukraine in 2022 and inflation, causing skyrocketing energy prices reaching their highest levels since 2008.
Amid this poly-crisis, renewable energy emerged as a ray of hope. Renewables were able to gain considerable momentum as energy consuming sectors became more reliant on renewable energy sources.
A partire da ottobre 2021, una grave crisi energetica ha interessato l’intero globo: la rapida ripresa economica susseguente al blocco dovuto alla pandemia da Covid-19, a cui si sarebbe aggiunta, da lì a poco, l’invasione russa dell’Ucraina, ha determinato una crescita esponenziale dell’inflazione e dei prezzi dell’energia che raggiungono livelli record. In questo contesto di “poli-crisi”, l'energia rinnovabile è emersa come un raggio di speranza.
La conclusione di un anno così complesso come il 2022 richiede di redigere un “bilancio energetico”. Il primo punto di attenzione è che l’anno appena trascorso ha evidenziato con sempre maggior vigore la stretta relazione tra energia e geopolitica. L’ultimo tassello del conflitto russo-ucraino, iniziato nel 2014 e culminato con l’invasione del febbraio 2022, ha inasprito i già complessi equilibri per l’approvvigionamento del gas naturale e messo in luce la fragilità europea in termini di dipendenza energetica. Alle soglie del 2022, circa il 50% del gas naturale importato dall’Europa proveniva dalla Russia.