L’Europa nordoccidentale è in prima linea nello sviluppo dell’idrogeno a basse emissioni. La regione assorbe circa la metà della domanda totale di idrogeno in Europa; dispone di un vasto e non sfruttato potenziale di energia rinnovabile nel Mare del Nord e di una rete di gas interconnessa ben sviluppata che potrebbe essere parzialmente riconvertita per facilitare la trasmissione e la distribuzione di idrogeno rinnovabile e a basse emissioni dai siti di produzione ai centri di domanda.
Dopo un iter legislativo durato quasi due anni e mezzo, il cosiddetto “Pacchetto Gas ed Idrogeno” è finalmente entrato nella fase finale ed è stato recentemente approvato dal Parlamento e dal Consiglio europeo.
Energia dall’idrogeno: come mai se ne parla sempre più spesso? La spinta verso questa soluzione è motivata principalmente da due ragioni: in primo luogo, gli obiettivi europei di decarbonizzazione al 2030 rendono necessaria la ricerca di soluzioni alternative ai gas fossili e a fonti considerate inquinanti. In secondo luogo, non meno importante, gli avvenimenti geopolitici degli ultimi due anni hanno riportato in risalto i temi dell’indipendenza e della sicurezza energetica, rendendo di fatto indispensabile l’adozione di nuove soluzioni che possano rendere il continente europeo (o almeno una parte) maggiormente indipendente e autonomo da forniture esterne.
Il settore dell’idrogeno è in continua evoluzione sia dal punto di vista industriale con un’accelerazione importante sui progetti e sulle tecnologie, sia dal punto di vista legislativo, dove troviamo un susseguirsi di novità normative.
La decisione, a livello comunitario, di sospendere a partire dal 2035 la vendita di auto a diesel e benzina ha sollevato un acceso dibattito sulla sua convenienza tanto per l’ambiente quanto per l’economia europea, e italiana. Delle implicazioni e dei costi di questa scelta ne abbiamo parlato con il Prof. Romano Prodi.
Professore, prima di parlare della decisione della Commissione e del Parlamento europeo, di bloccare la vendita di motori endotermici dal 2035, merita fare un cenno agli strumenti necessari per contrastare il cambiamento climatico. Cosa pensa in merito?
La custodia del pianeta è compito e dovere primario di tutta la società umana, così come unanime è la paura per le conseguenze del riscaldamento globale. Di fatto, i mezzi per combatterlo sono largamente condivisi, ma sui relativi modi di implementazione le divergenze sono state e continuano ad essere profonde. Infatti, le risorse finanziarie necessarie a combattere i cambiamenti climatici sono assai superiori a quelle che si pensava. Detto ciò, i risultati positivi possono essere raggiunti, come dimostrato dall’accordo siglato all’ultimo minuto durante l’ultima COP27 in Egitto. Occorre però una maggiore concretezza e capacità di sintesi diplomatica. Basterebbe osservare e confrontare la propensione dell’UE ad agire sul tema e confrontarla con quella di altri paesi come gli Stati Uniti e la Cina.
Decarbonizzazione e circolarità sono due termini da tempo integrati nell’operatività e negli obiettivi di Assorisorse che, già con il cambio di denominazione nel 2020, ha inteso sottolineare il ruolo centrale che le risorse naturali – energetiche e non – giocano nella progressiva transizione verso modelli economici e sociali sempre più sostenibili.
L'attuale contesto in cui operiamo ci chiede di guardare al sistema energetico nella sua complessità e di adottare soluzioni tecnologiche diversificate, al fine di garantire la sicurezza energetica, accelerando nel contempo la transizione energetica. L'idrogeno fa parte di queste soluzioni e può essere una tecnologia complementare, soprattutto per la decarbonizzazione dei settori hard-to-abate e della mobilità.
I leader di tutto il mondo sembrano aver colto l'importanza dell'idrogeno per la transizione energetica. Il cancelliere tedesco Olaf Sholtz si è recato di recente in Canada per firmare un accordo sull'idrogeno verde, nel tentativo di decarbonizzare il proprio sistema energetico, aumentando al contempo la sicurezza. Il presidente Joe Biden ha firmato l'Inflation Reduction Act del 2022, ormai diventato legge, che contiene incentivi fiscali sull'idrogeno. Il Temporary Crisis Framework della Commissione Europea, che è una risposta alla nuova realtà energetica della regione, prevede anch’esso misure specifiche per aumentare la produzione di idrogeno.
La crisi energetica che stiamo affrontando in questi mesi, con gli impatti economici che ne determina su famiglie ed imprese e con quelli, altrettanto rilevanti, in termini di aumento delle emissioni climalteranti (per effetto del ricorso a combustibili fossili più inquinanti come petrolio e carbone), ci impone di rivedere le nostre strategie di decarbonizzazione che evidentemente hanno mostrato tutte le loro fragilità.
Il piano REPowerEU, varato a maggio, è l’ultima, in ordine di tempo, delle grandi iniziative della Commissione Europea per accelerare la transizione energetica e nasce dall’urgenza di porre fine alla dipendenza dai combustibili fossili provenienti dalla Russia, in un contesto di grave crisi socio-politica. La sfida della decarbonizzazione è iniziata però ben prima e l’industria del riscaldamento è tecnologicamente pronta in virtù del fatto che opera in un comparto, quello dell’edilizia, che è strategico ai fini degli obiettivi ambientali perché è responsabile di circa il 36% del totale delle emissioni di gas a effetto serra e del 40% dell’energia complessivamente utilizzata in Europa.