Nonostante gli effetti devastanti del Covid-19 sull’economia, sia diretti (lockdown) che indiretti, il 2020 ha globalmente registrato un ulteriore record nella stipula di PPA. Secondo i dati resi noti da Bloomberg: 23,7 GW, con incremento del 17,9% sul 2019 (20,1 GW). Un risultato oltre tutto conseguito malgrado il robusto calo dell’apporto del continente americano: 13,6 GW contro i 16,3 GW dell’anno precedente, su cui ha soprattutto pesato la diminuzione dei PPA stipulati negli Stati Uniti (11,9 GW), che erano i tradizionali motori della loro crescita.
Il contributo della domanda di energia elettrica della Pubblica Amministrazione (PA) viene ritenuto molto utile per favorire la partenza e la diffusione dei Renewable PPA.
La domanda riferibile alle amministrazioni pubbliche, infatti, ammonta a 4,5 TWh, a cui si aggiungono 6 TWh di illuminazione pubblica.
I PPA sono contratti di medio e lungo termine tra i produttori e gli acquirenti di energia, che possono farlo ad un prezzo fisso o indicizzato. Esistono nel mercato da sempre, sono usati in altri ambiti e stipulati all’interno del settore delle commodities e quindi dell’Oil&Gas. Adesso sono diventati una norma anche per le rinnovabili. Perché?
Nel mese di novembre, alla vigilia della stagione invernale, i prezzi sulla borsa elettrica hanno aggiornato nuovamente il massimo storico: 226 €/MWh.
Si tratta del culmine, finora, di una fase di rialzi che prosegue da un anno e mezzo e dalla scorsa estate è divenuta un vero e proprio rally. Il record di novembre, infatti, è il quinto consecutivo dopo i 102,65 di luglio, i 112,4 di agosto, 158,6 di settembre e i 217,6 di ottobre.
Il clima di generale insoddisfazione nei confronti degli esiti della COP26 di Glasgow riflette la consapevolezza che l’attuale traiettoria seguita dal settore dell’energia, responsabile di quasi tre quarti delle emissioni climalteranti, sia molto lontana da quanto sarebbe necessario per stabilizzare l'aumento delle temperature globali a 1,5 °C e per raggiungere gli altri obiettivi di sviluppo sostenibile. Al contrario, in base alle stime dell’Agenzia internazionale dell'Energia (AIE), nel 2021 si registrerà il secondo maggiore incremento annuo di emissioni di CO2 della storia, in larga misura in ragione di un aumento nell’utilizzo dei combustibili fossili (carbone e petrolio) e nonostante la crescente diffusione delle fonti rinnovabili e della mobilità elettrica.
Sulla scia del crescente impegno nel settore idrogeno determinato dalle strategie Europee e nazionali, è sempre più diffuso l’interesse per le applicazioni degli impianti Power-to-Hydrogen (P2H), nei quali l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili viene impiegata per la produzione di idrogeno tramite elettrolisi. Gli elementi primari della tecnologia (v. Figura 1) sono l’impianto di generazione elettrica da fonte rinnovabile (es. eolico, solare, da biomasse, qui non rappresentato) e il sistema di elettrolisi per la produzione di idrogeno a partire da elettricità e acqua, a cui si aggiungono, a seconda delle applicazioni, eventuali unità di compressione e di accumulo.
Il 23 settembre scorso il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto-legge “taglia bollette” per calmierare gli aumenti attesi su luce e gas a partire dal prossimo primo ottobre. Il provvedimento è stato pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale. In vista della conversione in legge da parte delle Camere, è possibile fare il punto sulle posizioni dei partiti in materia basandosi sul dibattito di giovedì scorso alla Camera sulle mozioni di maggioranza e opposizione.
In queste settimane, molta attenzione si è concentrata sul rischio di un incremento significativo del prezzo delle bollette di luce e gas. Il Governo è giustamente intervenuto con misure urgenti per contenere l’impatto di questo aumento su famiglie e imprese. Si è intervenuti sull’IVA, portata per tutti al 5%, nonché sugli oneri di sistema, ovvero quei costi di gestione indipendenti dal consumo degli utenti, a beneficio di circa 29 milioni di clienti domestici e circa 6 milioni di piccole e piccolissime imprese.
L’Ocse stima per l’Italia una crescita del 5,9% nel 2021 e non è l’unica previsione che attesta il nostro Pil intorno al +6% a fine anno. Segno che cittadini e imprese possono guardare con maggiore fiducia ai prossimi mesi dopo i pesanti danni causati dal Coronavirus. La crescita globale porta però con sé anche il forte incremento dei prezzi delle materie prime e dell’energia. Le bollette di elettricità e gas avrebbero subito un aumento generalizzato, già dal mese di ottobre, che non potevamo consentire. Il Movimento 5 Stelle è la prima forza politica ad aver acceso i riflettori sulla necessità di un intervento immediato.
Nelle ultime settimane, l’opinione pubblica è stata sensibilizzata sul reale rischio dell’aumento considerevole delle bollette elettriche ascrivibile ai forti rincari delle materie prime. Il problema, purtroppo, era già noto agli “addetti ai lavori” ma, come spesso accade, era stato accantonato considerandolo non prioritario nel dibattito politico attuale. L’uomo talvolta, nel suo cammino, inciampa nella Verità ma si rialza immediatamente per continuare la propria strada…