Per raggiungere gli sfidanti obiettivi legati al processo di transizione energetica è necessario ed auspicabile un ricorso sempre più massivo a tecnologie che consentano di produrre energia senza emissioni climalteranti. È il caso dei pannelli fotovoltaici, delle centrali eoliche o degli accumuli elettrochimici, per i quali, nel giro di pochi anni, è prevedibile attendersi un consistente aumento della richiesta non solo in Italia, ma anche in Europa e nel resto del mondo.
In Italia acqua ed energia hanno da sempre avuto un legame molto stretto. A causa della carenza di risorse interne di carbone, la crescita della domanda di energia a cavallo tra la fine XIX Secolo e l’inizio del XX Secolo fu supportata dallo sviluppo della fonte idrica.
Come anche riportato da Giulio Boccaletti su Il Foglio, durante lo sviluppo industriale dei primi decenni del ‘900, furono i fiumi a definire la transizione energetica del Paese.
La siccità, che sta interessando in queste ultime settimane il bacino de Po e non solo, sta avendo un impatto notevole anche sulla produzione delle centrali elettriche che sorgono nei pressi dell’area.
Per quanto l’emergenza sembra essere esplosa solo da poco, in realtà, gli effetti sulla produzione di elettricità derivanti dalla crisi idrica risalgono già a inizio anno, quando le centinaia di centraline idroelettriche di piccole dimensioni installate sui canali di bonifica e sugli affluenti minori vedono la loro produzione ai minimi storici degli ultimi 20 anni.
È davanti a tutti noi, in questi giorni, la notizia frequente di interruzioni dell’alimentazione elettrica in molte delle nostre città. Tali interruzioni generano, nella migliore delle ipotesi, malumori tra i cittadini, ma spesso anche danni economici alle attività produttive. È quindi molto importante cercare di chiarire almeno quali siano le cause e se si possa in qualche misura mitigarne gli effetti negativi.
Nell’ultimo anno il prezzo del gas è cresciuto di quasi sei volte. Gli aumenti sono iniziati nella seconda metà del 2021 e la situazione si è ulteriormente aggravata con il drammatico attacco della Russia all’Ucraina. Ci troviamo di fronte a una volatilità mai sperimentata prima che richiede di essere gestita con interventi strutturali, dal momento che con buona probabilità potrebbe diventare una costante nei prossimi anni.
L’invasione russa dell’Ucraina, il caro energia e la dinamica inflattiva, che si aggiungono alla grave crisi climatica in atto, impongono di accelerare la transizione energetica per uscire dalla dipendenza da gas e fossili. Una dipendenza tossica, che nuoce gravemente anche alla democrazia e ai diritti umani. Per dare risposte strutturali a queste crisi che si intersecano non servono ricette del passato. Bisogna, invece, aumentare la velocità con cui installiamo nuova potenza rinnovabile e con cui investiamo su sistemi di accumulo, autoproduzione, ammodernamento delle reti, efficienza e risparmio energetici.
Negli ultimi mesi il tema energia è stato al centro del dibattito politico, anche grazie ad una incessante campagna mediatica sul tema dei rincari in bolletta e a forti dinamiche speculative, alimentate prima dall’aumento dei prezzi di acquisto del gas sui mercati internazionali da parte degli oligopoli delle fonti fossili, in seguito alla ripartenza dell’economia mondiale dopo le prime ondate del Covid-19, e poi dalle tensioni internazionali sfociate nella terribile guerra innescata dall’inqualificabile invasione russa in Ucraina.
“Per capire la mafia, seguite i soldi”, diceva, pressoché inascoltato se non palesemente osteggiato (fino al tragico epilogo) il magistrato Giovanni Falcone. Per capire la guerra, o per capire perché non si prendano posizioni internazionali che apparrebbero inevitabili, in maniera del tutto analoga, occorre seguire la geopolitica legata agli approvvigionamenti della principale fonte di nutrimento del nostro sistema economico e sociale, incredibilmente energivoro ed obsoleto: ossia quella composta da un fossilissimo mix di petrolio, carbone e, come la cronaca drammatica di questi giorni insegna, gas.
Questo è un periodo che decisamente riserva tante brutte sorprese. Il mese di aprile in Francia è cominciato male. Il gestore della rete elettrica RTE chiede esplicitamente ai francesi di...diminuire il consumo elettrico. Il comunicato di RTE è molto chiaro: “A causa di temperature più basse della media, il consumo di elettricità sarà elevato lunedì 4 aprile 2022 e potrebbe raggiungere 73.000 MW entro le 09:00.
Le emissioni di gas serra rilasciate dal gas naturale costituiscono ormai da tempo un forte incentivo a ridurne i consumi. Tuttavia, i forti aumenti dei prezzi registrati nel 2021 e l'invasione russa dell'Ucraina nel 2022 hanno reso il gas naturale una fonte costosa e insicura, incentivando ancora di più una sua sostituzione con fonti di energia più pulite, più economiche e più sicure. In questo quadro si inseriscono le proposte dei sostenitori dell'energia nucleare che ambiscono a una rapida espansione dell’atomo come risposta politica alla crisi attuale.