As G20 leaders head to the Delhi Summit this week, a recent study by the International Institute for Sustainable Development (IISD) and its partners showed that the bloc allocated a record USD 1.4 trillion of public funds to support fossil fuels in 2022. This figure—which includes fossil fuel subsidies (USD 1 trillion), investments by state-owned enterprises (USD 322 billion), and lending from public financial institutions (USD 50 billion)—is a stark reminder of the substantial sums of public money that G20 governments continue to channel into fossil fuels, despite their well-known dangers and the related destructive effects of climate change.
Mentre i leader del G20 si avviano al Summit di Delhi, uno studio recente dell’International Institute for Sustainable Development (IISD) insieme ad altri istituti di ricerca dimostra come il blocco delle principali economie mondiali abbia allocato una cifra record, pari a 1,4 bilioni di dollari, in fondi pubblici a supporto delle fonti fossili. Questa cifra, la quale include anche i sussidi agli idrocarburi (1 bilione di dollari), investimenti in compagnie di stato (322 miliardi di dollari) e prestiti da parte delle istituzioni finanziarie pubbliche (50 miliardi di dollari), rappresenta un chiaro promemoria della quantità di fondi pubblici che tuttora i governi del G20 continuano a canalizzare verso le fonti fossili, nonostante i riconosciuti pericoli derivanti da questa scelta e gli effetti distruttivi sul cambiamento climatico.
L’aumento dei prezzi dei carburanti, al di là delle forti polemiche che ha sollevato, costituisce un’importante occasione per riflettere su una questione rilevante per il paese. Si tratta però di un argomento complesso che esula dal contingente e che andrebbe trattato tenendo conto della strategicità e rilevanza del downstream petrolifero per la sicurezza energetica nazionale. Da qui muove la necessità di una riforma strutturale del sistema fiscale, accise comprese, che favorirebbe un maggiore sviluppo dei low carbon fuels e di una maggiore attenzione al comparto della raffinazione, che ci consente di non essere totalmente dipendenti dall’estero. Di questi aspetti ne abbiamo discusso approfonditamente con Claudio Spinaci, Presidente Unem.
Che con l’eliminazione degli sconti sulle accise i prezzi dei carburanti potessero subire un rialzo era prevedibile; quel che non ci si poteva aspettare era la conseguente onda mediatica. Accuse di speculazione mosse dal Governo, poi leggermente ridimensionate, appello dai parte dei gestori, approvazione in tempi record di un Decreto Trasparenza. Abbiamo cercato di ripercorrere i principali eventi di questi ultimi giorni con il Presidente di Assopetroli-Assoenergia Andrea Rossetti che ci ha esposto, con chiarezza e dettaglio, le sue ragioni e le sue perplessità sul nuovo Decreto.
Accise e prezzi: vicenda davvero paradossale. Innanzitutto, nata da una bufala, cioè che i prezzi fossero arrivati a 2,5 euro/litro misurati non si sa dove, dal momento che anche i dati di picco (isola di Vulcano, La Maddalena, autostrada) erano ancora lontani 10-20 centesimi da quel livello. I media ci si sono gettati sopra senza verificare alcunché sull’onda emozionale dell’aumento delle accise (nelle situazioni di picco i prezzi erano alti anche prima dell’aumento delle accise, il Ministero ha tutti i dati per confermarlo). A oggi i prezzi sono aumentati in tutta la rete di 0,180 euro/litro e di 0,157 sulla rete autostradale rispetto alla fine di dicembre, con le accise cresciute di 0,183; nel frattempo la quotazione dei raffinati è cresciuta di 0,052 per la benzina e di 0,015 per il gasolio. Questa è la verità e anche su questo il Ministero ha i dati.
Le recenti polemiche sulla speculazione dei prezzi dei carburanti, sfociate nel DL Trasparenza, evidenziano le molte criticità del sistema. Partiamo dalla speculazione che è stata denunciata anche da fonti autorevoli. I dati ufficiali diffusi dai Ministeri competenti e dall’Osservatorio prezzi dei carburanti, oltre che da Mister Prezzi, ci dicono che sui punti vendita carburanti non si è consumata alcuna speculazione. In occasione del taglio delle accise adottato nel mese di marzo scorso e in occasione del ripristino delle stesse nel mese di dicembre 2022 e di gennaio 2023, le gestioni hanno adottato puntualmente la variazione di accise, senza alcun intervento ulteriore sui prezzi.
Con il ritorno all’accisa piena dal primo gennaio si è alzato un polverone sui prezzi dei carburanti. I dati dicono che l’aumento dei prezzi rilevato è esattamente uguale all’aumento delle accise e che quindi non ci sono elementi per parlare di “speculazione”. Nonostante questo, il governo è intervenuto la scorsa settimana con un decreto-legge, introducendo tra l’altro nuove misure sulla comunicazione dei prezzi.
C'è voluto poco, meno di un mese da quando la Russia ha invaso l'Ucraina, perché il governo italiano introducesse uno sconto sulle accise dei carburanti. Quasi un anno dopo e dopo un cambio di esecutivo, questo sconto non esiste più e oggi i riflettori sono accesi su cosa succede ai prezzi alla pompa, mentre sullo sfondo si consuma lo scontro tra i benzinai e il nuovo governo.
In June 2022, the Spanish government (along with that of Portugal) introduced a cap on the price of gas that enters the generation of electricity. The measure was taken after a long period of negotiations with the European Commission, since it represented an exception vis-à-vis the internal market, thereby requiring prior agreement within the EU.
Germany’s so-called national “price brakes” on gas and electricity agreed at the end of 2022 are the single largest financial support measure the country has taken so far to shield energy customers from skyrocketing prices in the wake of Russia’s war on Ukraine. Contrary to the EU-wide gas price cap, the German subsidy does not set a ceiling for purchases on international markets but rather ensures that customers can cover most of their demand at a fixed rate if market prices exceed a certain threshold.