Ad aprile la crisi generata dalla diffusione del coronavirus ha sottoposto i sistemi elettrici di tutti i paesi europei a uno stress test non preventivato, fornendo interessante materiale di approfondimento per gli analisti. Il caso della Germania, in particolare, ha destato interesse per via della sua peculiarità. Se da un lato, infatti, il blocco di gran parte delle attività produttive ha determinato un calo della domanda di energia elettrica, e con essa un significativo calo delle emissioni di CO2, dall’altro, nello stesso arco di tempo l’avvicendarsi di giornate soleggiate e ventose ha determinato una marcata produzione di energia rinnovabile.
Durante il lockdown imposto per contenere la diffusione della pandemia, il sistema elettrico britannico è stato interessato da una drastica riduzione dei consumi e da un maggiore ricorso alle fonti rinnovabili che ha determinato prezzi negativi e posto l’accento sull’importanza di tariffe flessibili. Lato domanda, il fatto che una grossa porzione della popolazione sia dovuta rimanere a casa senza recarsi al lavoro ha determinato un aumento dei consumi domestici, anche se quest’ultimo è stato più che compensato dalla riduzione della domanda da parte di industria e servizi.
L'epidemia da coronavirus e le conseguenti misure di contenimento hanno avuto un impatto significativo su tutti i sistemi elettrici europei, con un calo dei consumi e un crollo dei prezzi sul mercato all'ingrosso nel breve termine e tante incognite future. In Francia, alla riduzione dei ricavi per i produttori di elettricità si è aggiunto un nuovo braccio di ferro tra EDF e i suoi competitor. Sebbene gli arbitrati non siano ancora conclusi sembra ormai palese che la crisi assesterà un duro colpo al processo di liberalizzazione del settore elettrico attualmente allo studio che prevede la riforma dello statuto di EDF e l’accesso a prezzi regolamentati all’elettricità generata dalle centrali nucleari.
L’indagine 2020 sulle famiglie e la casa condotta da Nomisma da oltre dieci anni su un campione rappresentativo di famiglie italiane intende restituire, anche in questa edizione più difficile, alcune chiavi con cui interpretare la complessità del tempo-Covid, gli “apprendimenti” durante-Covid e gli “anticipi di futuro” di una domanda di mercato per molti versi ancora ignota, per altri inedita.
Il mantra del “nulla sarà più come prima” associato al “ne usciremo migliori” arma la peggiore delle trappole: pensare al “futuro automatico”.
A partire dall’emanazione della Direttiva europea 2010/31/UE sulla prestazione energetica nell’edilizia, per tutti gli edifici di nuova costruzione è previsto l’obbligo di essere a energia quasi zero (Nearly Zero Energy Building, NZEB) ossia immobili che consumano pochissima energia per riscaldamento, raffrescamento, produzione di acqua calda sanitaria, ventilazione, illuminazione. Tale obbligo è vigente a partire dal 31 dicembre 2018 per gli edifici di nuova costruzione occupati da enti pubblici e di proprietà di questi ultimi, mentre a partire dal 1° gennaio 2021 è esteso a tutti gli altri nuovi edifici.
Nel 2019 si è registrato un miglioramento sia per quanto riguarda gli investimenti nel “mattone”, sia sotto il profilo della qualità energetica del patrimonio immobiliare compravenduto. È quello che risulta da uno studio FIAIP (Federazione Italiana Agenti Immobiliari Professionali) in collaborazione con ENEA e I-COM (Istituto per la Competitività). Inoltre, l’approfondimento sull’efficienza energetica, giunto quest’anno alla sua settima edizione, ha sottolineato come questo aspetto si stia lentamente facendo strada tra i vari fattori che gli acquirenti tengono in considerazione al momento della compravendita o nella successiva ristrutturazione dell’immobile.
In Italia, molteplici sono gli strumenti di promozione dell’efficienza energetica in edilizia che prevedono la concessione di incentivi. Quasi tutti sono destinati alla riqualificazione del patrimonio immobiliare esistente e rappresentano un valido supporto per cittadini, imprese e Amministrazioni Pubbliche che intendono abbassare il consumo energetico degli edifici. Tra le misure di sostegno rientra il Superbonus con detrazioni del 110% per efficienza energetica e interventi antisismici introdotto dal cosiddetto decreto “Rilancio” (Dl 19 maggio 2020, n. 34).
L’emergenza epidemiologica da COVID-19 attualmente in corso avrà un impatto sul sistema economico italiano diretto e indiretto per la sua connessione alle economie di altri paesi, di dimensioni ragguardevoli e, ad oggi, non misurabili. La stima indicata nel recente DEF di una riduzione del PIL nel 2020 dell’8% viene da molti ritenuta ampiamente sottostimata: un valore, considerate la predominanza di scenari avversi e la probabile debolezza anche della domanda estera, del 15% potrebbe, per quanto severo, essere più realistico.
La crisi generata dal COVID-19 può avere un impatto significativo sui venditori di energia elettrica o gas, sia dal punto di vista economico che finanziario. Dal punto di vista economico, ad esempio, il crollo dei consumi dei clienti riforniti, combinato con quello dei prezzi all’ingrosso, danneggia i venditori che hanno stabilizzato, con acquisti a termine, il costo di approvvigionamento di volumi che si rivelano di gran lunga superiori a quelli effettivamente forniti ai propri clienti.
“Ci sono troppi venditori al dettaglio di gas e luce”. Quante volte ce lo siamo sentiti dire? Anche, purtroppo, da associazioni di consumatori che dovrebbero invece nutrire lo stesso mio interesse verso una concorrenza più vasta possibile. Chiedersi come mai i venditori siano così tanti in un settore con margini bassi e rischi alti ha certamente un senso intellettuale, così come lo ha chiedersi perché alcuni facciano prezzi apparentemente da margini negativi o quasi.