L’ennesimo evento calamitoso ha colpito l’Emilia Romagna: fiumi esondanti, città sott’acqua, morti e danni ingenti al tessuto produttivo ed economico. E ancora una volta il disastro ambientale è stata l’occasione per dibattere dell’accaduto, della cause e delle possibili soluzioni di policy.
Stessi luoghi, stesse aziende, medesimi disastri: questo ha provocato, e continua a farlo, l’intensità delle piogge cadute nelle ultime settimane sull’Emilia-Romagna, 350 mm solo il 18 e 19 settembre scorso, sovrapponendosi alla drammatica situazione post alluvione del 2023 che ha già procurato danni per oltre 900 milioni di euro.
In Europa si è ufficialmente aperta la stagione dei cicloni. Sulla scia della crisi climatica in corso, che rende gli eventi meteo estremi, come le alluvioni, più intensi e più probabili, il ciclone Boris a metà settembre ha devastato l’Europa centro-orientale – colpendo Polonia, Romania, Slovacchia, Austria, Repubblica Ceca e Germania – prima di sommergere con nuovi nubifragi anche l’Italia, a partire dall’Emilia Romagna.
Il processo di transizione energetica in atto è caratterizzato dalla forte diffusione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e dalla progressiva elettrificazione dei consumi finali.
La transizione da consumatore a produttore è una tra le dinamiche più significative della società attuale, resa possibile dalla diffusione di tecnologie digitali e nuovi modelli economici. Anche se qui ci si occuperà fondamentalmente del contesto energetico, vale la pena osservare che tale transizione è in atto da qualche anno anche in altri contesti
L’impianto del PNIEC ricalca per molti versi le versioni precedenti con la vistosa eccezione di riproporre il ritorno al nucleare come fonte di energia. Questo senza che ci sia mai stato alcun dibattito di merito, in un Paese che ha già bocciato il nucleare con due referendum. Ricordiamo che l’ultimo del 2011 era stato indetto dopo il Memorandum of Understanding siglato nel 2009 da Berlusconi e Sarkozy per installare in Italia quattro reattori EPR.
Il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) dell’Italia, presentato dal governo Meloni alla Commissione Europea il 1° luglio 2024, è un documento esaustivo che definisce gli obiettivi energetici e ambientali del Paese fino al 2030. Il piano, aggiornato rispetto alla versione del 2019, si adegua alle nuove normative comunitarie.
A fine giugno 2024 i Ministeri dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) e delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) hanno inviato alla Commissione europea il testo definitivo del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC)
Il PNIEC avrebbe – in quanto documento programmatico al 2030/2040 – la possibilità di esercitare senza conseguenze immediate la virtù rara della chiarezza, almeno su obiettivi e processi già ampiamente in cantiere come la revisione del mercato elettrico e il phase out progressivo dei fossili. Eppure, come tutte le linee normative a tema FER che si sono sviluppate nell’ultimo periodo
Il limitato contributo previsto per gran parte delle misure di decarbonizzazione più efficaci è Il filo rosso che lega la versione aggiornata del Pniec. Nel 2030 sono, infatti, superiori ai target europei sia i consumi di energia primaria (123 vs. 111 Mtep), sia quelli di energia finale (102 vs. 93 Mtep).