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GNL: sempre più incerta la rotta del Mar Rosso

La rotta del Mar Rosso dedicata al transito delle metaniere sta diventando sempre più incerta, dopo che il Qatar, confermatosi l’anno scorso il principale utilizzatore di questa rotta per i carichi di GNL, ha sospeso l’invio delle sue navi. Nel fine settimana del 13 e 14 gennaio, il produttore mediorientale ha fermato le navi che attraversavano il Mar Rosso attraverso lo stretto di Bab al-Mandab, in mezzo al mare.

Il reale impatto sul commercio della rischiosità nel Mar Rosso

Nel sentito comune esiste un inossidabile sillogismo: se il Medio Oriente va in ebollizione, le quotazioni dell’oro nero e dei noli esplodono. Invece, da oltre 100 giorni la Striscia di Gaza è un fuoco scoppiettante, ma il Brent nel corso dell’autunno è andato in discesa e dopo l’attacco di Gran Bretagna e Stati Uniti agli Houthi ha registrato solo un leggero, inevitabile, recupero.

Will the oil market play a new tune in 2024...or hit “replay”?

2023 was going to be the year in which OPEC+ producers’ persistence paid off.  The group had implemented large production cuts for all of 2023, which would significantly tighten the market (as long as the global economy avoided a recession and oil demand growth remained solid).

2024:una nuova melodia per il mercato petrolifero o un“replay”?

Il 2023 avrebbe dovuto essere l’anno in cui la determinazione dei produttori petroliferi appartenenti all’Alleanza OPEC+ avrebbe dovuto ripagare gli stessi. Il gruppo ha, infatti, deciso di imporre ampi tagli alla produzione per tutto l’anno, il che  avrebbero dovuto rendere tirato il mercato sulla base di uno scenario in cui l’economia globale avrebbe evitato la recessione e la domanda petrolifera avrebbe dato segnali di stabilità.

Il fallimento della diplomazia del gas

Il conflitto in corso in Medio Oriente ha già avuto le prime ripercussioni sui mercati globali del petrolio e del gas e la stessa sicurezza delle infrastrutture regionali é mesa seriamente in discussione. L'aumento giorni del 5% nei prezzi del Brent è un primo chiaro segnale della preoccupazione dei mercati riguardo all'instabilità nella regione.

La guerra tra Israele-Hamas: diplomazia regionale ed energia in bilico

La minaccia di un’escalation di violenze tra Israele e Hamas ha fomentato nuove fibrillazioni nel già fragile ordine internazionale. Le cancellerie in tutto il mondo rivalutano attentamente i propri allineamenti diplomatici e strategici alla luce del mutato quadro mediorientale, distogliendo l’attenzione di policymakers e analisti da altri scenari di rilevanza globale come l’invasione russa dell’Ucraina.

La nuova crisi in Medio Oriente e le implicazioni sui mercati energetici

A 50 anni dallo scoppio della prima grande crisi energetica, nata sullo sfondo dell’attacco  a sorpresa degli eserciti di Egitto e Siria contro Israele, il Medio Oriente  è tornato alla ribalta con una iniziativa assunta non già da uno o più stati arabi, ma dal gruppo islamico Hamas, che ha la sua base principale nella striscia di Gaza. 

L’attacco al cuore di Israele ingarbuglia la matassa dell’energia

Cinquant’anni passati invano? Nell’illusione di poter allontanare i rischi di nuove guerre e di invertire il clima di odio che dominava e domina purtroppo ancora oggi vaste aree del mondo? Sono due delle domande che suscitano le analisi e i commenti che si rincorrono ogni giorno sulla stampa, alla radio e alla televisione.

Net zero Roadmap: le cose non dette dall’AIE

Mentre i prezzi del petrolio parevano ormai tendere ai 100 dollari al barile, per poi ripiegare verso gli 85, per i timori di recessione con conseguente caduta della sua domanda, con le cancellerie che si interrogavano sull’impatto che ne sarebbe potuto derivare sull’inflazione e di qui sui tassi di interesse e sulla crescita delle economie, l’Agenzia di Parigi (AIE) ha rassicurato che non vi sarebbe stato comunque nulla di cui preoccuparsi. Perché, a suo dire, siamo infatti semplicemente di fronte all’agognato ‘Canto del Cigno’ del petrolio, fonte oggi dominante nella mappa energetica mondiale, ma destinata nell’arco di breve tempo ad uscirne.

Turchia, Iraq e l’oleodotto della discordia

Sono molti gli interessi in gioco e, allo stesso tempo, i nodi della relazione tra Iraq e Turchia, che si giocano sul piano economico-commerciale, securitario, infrastrutturale, energetico e idrico. Oltre ai due storici fiumi Tigri ed Eufrate, la cui gestione da parte turca (e non solo) sta causando a Baghdad numerosi problemi di scarsità idrica, Iraq e Turchia condividono un confine di più di 350 km. Si tratta di una frontiera dal valore strategico per l’Iraq in quanto rappresenta l’unico vero sbocco per il Paese – e per le sue risorse – verso il continente europeo.

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