::

ARCHIVIO | 150 ARTICOLI

La mobilità del Green Deal sarà immobile

Se non fosse per il COVID-19 saremmo tutti a parlare del Green Deal dell’Unione Europea. Non avendo più voce in capitolo sulle grandi questioni internazionali, l’UE ha trovato una nuova ragione per esistere: decidere come fra 30 anni dovrà essere il mondo. 30 anni fa il petrolio costava 24 doll/bbl ed era proibito costruire centrali elettriche funzionanti a metano perché si temeva che non ci fosse abbastanza gas naturale. L’UE voleva allora che il “70-75%” dell’elettricità fosse prodotta da nucleare e carbone! Non esisteva neanche la Convenzione delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico. Questi riferimenti storici dovrebbero indurci ad essere modesti nel pretendere di definire il mondo di domani. Il mondo evolve non come lo decreta l’UE ma come lo creano la scienza e la tecnologia.

Coronavirus: mercati positivi al contagio

I numeri crescenti nel contagio del coronavirus hanno spinto le istituzioni a dichiarare nei fatti priorità alla salute pubblica e all’emergenza sanitaria. Contemporaneamente ci sono altri numeri e virus in corso di incubazione che, ragionevolmente, potrebbero creare una emergenza economica. Stimare gli effetti del Covid-19 sull’economia mondiale è sicuramente prematuro perché le variabili decisive sono la portata e l’estensione del contagio a livello internazionale.

Il Corona Virus sconvolge i mercati energetici all’inizio di un anno difficile.

Il 2020 era iniziato con il riaffacciarsi della speranza di un rientro della controversia tra Usa e Cina e con la fine dell’incertezza sull’uscita dalla UE della Gran Bretagna. Il mercato del petrolio si era andato rafforzando anche sullo sfondo di un contesto geopolitico sempre più complesso e dell’atteggiamento dell’“OPEC Plus” che dava segnali di voler controllare la produzione per ridurre l’eccesso di offerta.

La guerra che Iran e Usa non vogliono combattere

Le ragioni della crisi. Le tensioni tra Stati Uniti e Iran hanno radici profonde, che affondano nel tempo sino al 1979, quando la monarchia di Mohammad Reza Pahlavi – all’epoca il principale alleato di Washington nella regione – cadde sotto i colpi di una rivoluzione popolare. La componente religiosa del movimento rivoluzionario ebbe ben presto la meglio sulle molte altre anime dell’eterogeneo fronte anti-monarchico, dando vita ad una Repubblica Islamica fortemente permeata da sentimenti anti-americani, che ben presto sfociarono nell’occupazione dell’ambasciata USA a Tehran, nella successiva chiusura delle relazioni diplomatiche e nell’avvio di quel lungo periodo di crisi che ha caratterizzato sino ad oggi le relazioni tra i due paesi.

L’instabilità in Libia al servizio degli interessi energetici della Turchia

Il Grande Medio Oriente, area politica che dal Marocco arriva sino all'Afghanistan, come definito dall'Amministrazione Bush nel 2004, continua ad essere, nonostante i vari tentativi di disimpegno sia militare che economico la principale arena per la competizione tra potenze mondiali. In queste ultime settimane, a seguito della potenziale escalation vissuta tra Stati Uniti e Iran, la regione è tornata ad essere al centro dell'attenzione dei media e delle cancellerie internazionali. Complice anche la ripresa della crisi libica dallo scorso aprile.

Crisi in Libia e nel Golfo Persico: una partita dai mille rivoli geopolitici

L’uccisione da parte degli Stati Uniti del generale iraniano Qassem Suleimani e l’acuirsi della crisi in Libia dopo l'intervento militare della Turchia hanno visto il 2020 aprirsi con una fase di acute tensioni internazionali che potrebbe riverberarsi sulla stabilità dei mercati energetici internazionali. Quali saranno le conseguenze di un’escalation nel Medio Oriente e Nord Africa sul mercato del gas?

Libia e Iran. Ovvero dell’essere strategici ed altre leggende

L’Iran è sotto embargo e quasi in guerra. In Libia è guerra civile. E siccome entrambi ci vengono tramandati come grandi produttori di petrolio, la nostra sicurezza (energetica) vacilla. O almeno questa è la narrazione corrente. Lasciamola ai media, che la realtà è un poco più articolata.

Preconsuntivo petrolifero 2019: tempo di bilanci, anche per il petrolio

La fine di un anno è sempre occasione di bilanci e questo vale anche per il petrolio. È ciò che abbiamo fatto con l’appena diffuso “Preconsuntivo petrolifero 2019, che prova a mettere alcuni punti fermi. Nell’anno che si sta per concludere, il petrolio è stato ancora una volta la prima fonte di energia a livello mondiale con una quota del 31%, seguito dal carbone con il 27% e quindi dal gas con il 23%. Le fonti fossili, in pratica, hanno soddisfatto l’81% della domanda totale di energia, che è più meno la stessa percentuale di venti anni fa anche se con una composizione leggermente diversa.

La crisi del downstream e chi fa finta di non vederla

Esiste ormai una sorta di unanimismo crescente intorno ad una visione acritica e superficiale di ambientalismo “nostrano”, che ritiene che una spruzzata di vernice dalle cento sfumature di verde sia la soluzione dei giganteschi problemi ambientali a livello mondiale. È il risultato della trasformazione dei movimenti ambientalisti in forme elitarie e spesso lobbistiche, che ha finito per staccarlo dal legame con gli obiettivi realistici del miglioramento dei processi produttivi sostenibili, per relegarlo in una sfera di aspirazioni autoreferenziali ed ideologiche, a volte, facilmente strumentalizzabili da forze economiche e politiche di parte.

Idrocarburi: i dilemmi del WEO 2019

La pubblicazione della nuova edizione del World Energy Outlook (WEO) dell’Agenzia Internazionale dell’Energia di Parigi (AIE), avviene in un momento storico particolare caratterizzato da un lato, da una vera e propria esplosione di fenomeni meteorologici estremi in tutte le regioni della terra, e dall’altro da una fase di rallentamento del processo di sviluppo economico e di forti tensioni politiche e sociali.

Page 12 of 15 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 »
Execution time: 341 ms - Your address is 44.192.49.72